Microinfusore Tandem t:slim X2 con Control-IQ (video)

Conosciamo meglio il dispositivo di casa Tandem con Paolo Toni – primo utilizzatore in Italia -, che ci racconta la sua esperienza positiva, gli aspetti da non tralasciare e “i trucchi e le dritte” utili per un utilizzo corretto e performante di questa pompa d’insulina così innovativa, abbinata al sensore glicemico Dexcom G6.

Qui trovate il manuale completo in italiano.

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

Da Padre a padre, dico grazie all'autore per aver fatto sorridere la mia bambina. Ci ha relagato uno sprazzo di magia

Ho pianto nel vedere la mia bimba felice  di leggere di una bimba come lei
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Vuoi parlare con le migliaia di amici che hanno già sperimentato le soluzioni proposte su DeeBee.it? Vuoi fare qualche domanda su un argomento specifico per conoscere le opinioni ed i suggerimenti di chi ci è già passato? Vuoi suggerire tu qualcosa dicendo la tua?
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Open source e diabete. «Il mio voto? Cinque…», dott. Giulio Maltoni

Continuiamo a parlare di sistemi open, con un occhio di riguardo ai software di Pancreas Artificiale non autorizzati ufficialmente dalla comunità scientifica. A seguito della bocciatura sonora dei sistemi open source da parte della prof.ssa Ivana Rabbone, vicepresidente SIEDP, e dell’acclamazione a pieni polmoni (e voti) di chi lo usa quotidianamente su se stessa, oggi vi proponiamo l’intervista al Dott. Giulio Maltoni, pediatra diabetologo del Policlinico Sant’Orsola di Bologna.

Le soluzioni proposte dalla community del diabete, quindi arrivate “dal basso” e non ufficiali (chiamiamole soluzioni fai-da-te) tentano di risolvere spesso problemi laddove le soluzioni offerte dai canali ufficiali sono invece lacunose. Basti pensare alla visione a distanza della glicemia: nata nel 2014 con il sistema Nightscout, è stata lanciata ufficialmente da Dexcom, con il sensore G5, ben 3 anni dopo. Diventando parte integrante, spesso irrinunciabile della gestione anche da parte dei medici.

Pur tuttavia, è di poco tempo fa il comunicato FDA (l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti farmaceutici) che mette in guardia i pazienti dall’utilizzo di soluzioni non ufficiali di qualsiasi genere.

Lei si ricorda come ha accolto e cosa ha pensato inizialmente di Nightscout? L’ha consigliato o sconsigliato ai genitori del suo centro? All’inizio, come Lei ben saprà, queste soluzioni, anche le migliori, hanno avuto vita dura e molte difficoltà di diffusione…

Quando è uscita la notizia sul sistema Nightscout (monitoraggio della glicemia da remoto), ho sinceramente pensato che fosse una gran bella idea e mi sono sentito di parlarne (avendo comunque un costo aggiuntivo per la famiglia, abbiamo semplicemente reso consapevoli di questa possibilità, senza spingere all’acquisto) soprattutto con le famiglie per cui sembrava essere più adatto, quindi per bambini piccoli, con marcata variabilità glicemica, che passavano molto tempo fuori casa (asilo, scuola), ecc…

Dopo la visione a distanza delle glicemie, la community non si è fermata. Forse perché ha libertà di movimento e persone molto motivate (una mamma T3 esperta di informatica o elettronica, ovviamente ha una spinta maggiore di un qualsiasi ingegnere di una qualsiasi casa farmaceutica)…

Aggiungo però che per un qualsiasi ingegnere di una qualsiasi casa farmaceutica, la messa in commercio di un dispositivo medico passa sotto mille passaggi (burocratici e non) e procedure che vogliono saggiarne l’efficacia e la sicurezza. Ad esempio, gli studi sul pancreas artificiale del gruppo di Cambridge (Dott. R. Hovorka), sponsorizzati da JDRF, sottoposti ogni volta al comitato etico locale con tempi tecnici non da sottovalutare, sono partiti con la valutazione di una notte, poi di più notti, poi di notti dopo esercizio fisico, con pasti a diverso apporto e qualità di CHO, studi che hanno simulato una cattiva gestione (senza inserire i carboidrati o inserendo un valore non corretto), studi fuori dal setting ospedaliero, ecc…

Tra i sistemi non ufficiali, ve ne sono alcuni ancora oggi definibili pionieristici. Ci sono quelli che permettono la sostituzione del telecomando con lo smartphone, quelli che somministrano l’insulina a distanza, per arrivare al “Closed Loop” open source (o “Pancreas Artificiale”).

Andiamo per gradi e facciamo un primo esempio: alcune app consentono di usare lo smartphone per pilotare microinfusori, come Accu-Chek, Dana, Omnipod, ecc. in modo più fluido e veloce, sostituendo di fatto il telecomando in dotazione. Che ne pensa?

Ogni volta che viene presentato un nuovo microinfusore, anche noi operatori chiediamo se potrà essere gestito dal cellulare (sembra l’evoluzione naturale, avendo già la possibilità di visualizzare le glicemie e di ricevere gli allarmi ipo ed iper…).
Ci viene spiegato che il limite a questo è, almeno per l’Europa, una legge che non consente di poter utilizzare un dispositivo usato come smartphone anche come telecomando per un dispositivo medico.

L’app AndroidAPS permette di comandare il microinfusore anche da lontano: somministrazione del bolo e modifica della basale si possono comandare via SMS e vanno a sostituire di fatto “la telefonata e la mano” dell’insegnante a scuola o dei nonni. Come ritiene questa pratica?

Pensando alla gestione del bambino con diabete a scuola, che richiede di fatto l’impegno e la collaborazione di un gruppo numeroso di persone, la possibilità che sia il genitore, con comodo, che possa gestire da casa il bolo, sembra risolvere gran parte dei problemi. La vedo come opzione valida soprattutto per i bambini piccoli, che frequentano l’asilo.
Qualche perplessità: servirebbe comunque una telefonata di conferma dell’arrivo e orario del pasto; la maestra/infermiere che somministrano l’insulina a scuola conoscono il bambino e le sue abitudini; la gestione del pasto a scuola è un momento importante del percorso verso l’autonomia del bambino ed in alcuni casi anche per la condivisione con i compagni, Inoltre, alcuni genitori ci riportano che il momento in cui il bambino è a scuola e loro al lavoro è forse l’unica parte della giornata in cui pensano meno alla gestione del diabete e, se c’è una buona collaborazione con le insegnati ed un clima di fiducia reciproca, riescono a “delegare” questa responsabilità per qualche ora.

Visto l’argomento, è inevitabile non passare a un gradino più alto: ai sistemi definiti “Closed Loop” open source (o, per gli amici, “Pancreas Artificiali”) che promettono di gestire autonomamente la glicemia del paziente diabetico. Loop e AndroidAPS, nello specifico, modulano il rilascio di insulina sulla base di andamento glicemico, IOB, attività fisica e carboidrati ingeriti. Tutto non ufficiale, quindi a rischio e pericolo del paziente. Ma è una realtà, sempre più allargata e numerosa, e la controparte “ufficiale” (diabetologi, case farmaceutiche ecc ecc) non possono far finta che non ci sia. Perché in Italia non se ne parla, certamente con tutte le precauzioni e le attenzioni del caso?

Iniziamo dicendo che non mi piace molto la contrapposizione pazienti e diabetologi/case farmaceutiche. Il medico diabetologo deve agire con cautela e quello che fa viene fatto nell’interesse dei pazienti.
E’ un po’ come prescrivere un farmaco che non ha superato i numerosi passaggi per la messa in commercio. Chi assumerebbe o somministrerebbe ai propri figli un farmaco che non ha superato tutti i controlli di sicurezza ed efficacia? Il rischio maggiore è per i pazienti stessi. Nessun diabetologo teme di perdere il proprio lavoro (ci saranno comunque nuovi esordi) e in fin dei conti chi può vedere male un qualcosa che alleggerisca il proprio lavoro ed aumenti la salute e la soddisfazione dei propri pazienti?

Detto ciò, non si possono infatti negare i risultati ottenuti da quanti utilizzano i dispositivi Open Aps, e mi sembra che anche la comunità scientifica si sia aperta a questo. Non è così raro vedere in congressi nazionali ed internazionali comunicazioni riguardanti l’utilizzo di questi dispositivi.

Secondo lei è prematuro in generale, o soltanto pericoloso a livello medico (basti pensare all’allarme hacker lanciato tempo fa)?

Le perplessità che tutti sollevano nascono proprio dal fatto che i sistemi “fai da te” sono una forma di hackeraggio di dispositivi medici rilasciati in commercio per essere utilizzati in maniera diversa. Di questo bisogna essere consapevoli.

Perché in Italia non si parla del Pancreas Artificiale fai-da-te, certamente con tutte le precauzioni e le attenzioni del caso?

Forse perché proprio all’estero sono nati e hanno avuto una più rapida diffusione.
In Italia, la diabetologia pediatrica rappresenta un buon modello di cura e nei vari studi internazionali pubblicati, i nostri dati, in termini di glicata (seppur con i limiti di questo parametro) e di complicanze, sono sempre tra i migliori.

Abbiamo cercato testimonianze di chi usa felicemente e con grandi soddisfazioni il Closed Loop open, che riportiamo qui, e abbiamo visto curve glicemiche da fare invidia. Lei cosa ne pensa, dopo aver letto le parole di genitori e pazienti?

Rispetto ai sistemi Closed Loop Fai-Da-Te penso che, dal punto di vista di efficacia, tali sistemi sembrano migliorare i principali parametri considerati indicativi di compenso glicemico, come il time in range. Tuttavia, ricordiamoci che le testimonianze di chi utilizza tali sistemi non sono assolutamente rappresentative, ma riflettono le esperienze dei pochi che sono riusciti a configurare ed utilizzare correttamente il sistema senza troppi problemi. L’utente medio, che noi conosciamo bene, ha spesso grosse difficoltà nel gestire anche le cose più semplici. Se genitori come lei sono capaci di creare app per analizzare i dati e spedirli a terzi, le posso assicurare che ce ne sono altrettanti che hanno difficoltà ad eseguire banali calcoli aritmetici.

In relazione ai sistemi Closed Loop fai-da-te che, ricordiamolo, comandano il microinfusore e infondono insulina automaticamente, secondo lei, questi possono essere usati:
A) Da chiunque
B) Con cautela, solo da pazienti adulti e illuminati
C) Con cautela, anche su minorenni, da genitori illuminati
D) Non dovrebbero essere mai usati, da nessuno
E) Altro (specificare)

Troppo pochi ancora i dati per poter capire il target migliore e la sicurezza dei dispositivi. La caratteristica di essere “fai da te” rende molto variabile la casistica dei “Pancreas Artificiali” e dall’altra parte taglia fuori una parte di pazienti/famiglie che non ha (o non sente di avere) le competenze tecnologiche per questi dispositivi.
Va inoltre considerato che viene meno tutta la parte di supporto e assistenza tecnica forniti dalle ditte (sostituzioni in garanza, ecc…).

Da zero (bocciate, assolutamente contrario) a dieci (promosse a pieni voti, assolutamente pro), quanto considera papabili tutte queste soluzioni open source applicate al diabete?

Direi 5, poiché a mancanza di dati su safety ed efficacia, seppur con testimonianze dirette di alcuni fruitori, non permette la piena promozione.

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

Da Padre a padre, dico grazie all'autore per aver fatto sorridere la mia bambina. Ci ha relagato uno sprazzo di magia

Ho pianto nel vedere la mia bimba felice  di leggere di una bimba come lei
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Vuoi parlare con le migliaia di amici che hanno già sperimentato le soluzioni proposte su DeeBee.it? Vuoi fare qualche domanda su un argomento specifico per conoscere le opinioni ed i suggerimenti di chi ci è già passato? Vuoi suggerire tu qualcosa dicendo la tua?
Non devi fare altro che iscriverti nel gruppo Nightscout Italia ed otterrai risposta ad ogni tua domanda! Nel nostro gruppo affrontiamo ogni tematica inerente il diabete (non solo tecnologia ma anche leggi, sport, alimentazione, accettazione, gestione quotidiana, L104, ecc., sia per adulti che per bambini).
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La campagna della discordia. “FDG non può arrogarsi il diritto di parlare per tutti”

Antonella Ielasi: Lo rifarei tale e quale. Ringrazio FDG, per merito loro ho sentito l’amore e l’approvazione di numerosissime persone

Come ogni anni, con l’avvicinarsi della Giornata Mondiale del Diabete si sono moltiplicate le iniziative e le campagne di sensibilizzazione. Abbiamo intervistato Antonella Ielasi, artefice e “modella” per la campagna dell’ADVA – Associazione Diabetici della Valle d’Aosta, una campagna che ha fatto parlare di sé.

Intanto complimenti per essersi prestata a una campagna efficace e incisiva. Ci dice qualcosa di lei?

Ho 32 anni, vivo ad Aosta e nella vita sono un assistente odontoiatrica. Sono diabetica da nove mesi. L’ho scoperto il 14 febbraio, ahimè il giorno di San Valentino! L’ho scoperto perché avevo tanta sete e ho subito pensato che potesse essere il riscaldamento troppo alto in casa. Successivamente ho addirittura pensato che potesse essere il nuovo dentifricio. Visto il mio lavoro mi capita di cambiarli sovente. Ho una famiglia, che mi sta molto vicina e mi aiuta in tutto, composta da: mio papà Antonio e le mie sorelle Lucia e Ilaria. Proprio loro mi hanno dedicato una canzone di Max Gazzè dove mi descrivono: la quintessenza dell’avversione. Questo perché sono una persona tenace, testona, che quando decide una cosa nel bene nel male va dritta come un treno.

L’associazione che ha organizzato la campagna è nuova a questo tipo di comunicazione?

L’associazione diabetici Valle d’Aosta in effetti è nuova a questo tipo di comunicazione. E’ un’associazione nata tanti anni fa e che per altrettanti anni si è un po’ limitata ad una “conduzione familiare” cercando di stare vicino ai diabetici ma senza esporsi più troppo.

Di chi è stata l’idea della campagna dia[BE]logue? E la realizzazione?

Un pomeriggio presa da un’idea ho contattato Piero Scrufari, il presidente dell’associazione (dove io sono entrata un po’ a gamba tesa perché dopo pochi giorni aver conosciuto il presidente ho deciso di fare qualcosa e l’ho fatto) e gli ho detto che volevo sviluppare un progetto di sensibilizzazione per cercare di puntare un faro sulle mancanze della Valle d’Aosta e perché pensavo di soddisfare la curiosità (il 90% delle volte positiva) delle persone non diabetiche… e quindi di sensibilizzare. Così, con l’aiuto di Piero e della mia amica Alessandra Bartolucci (anche lei diabetica di tipo 1 che io definisco la mia partner in crime), abbiamo buttato giù le idee per sviluppare dia[BE]logue. E da lì Piero mi ha detto: “Parti Antonella!”

La campagna ha come scopo la sensibilizzazione in generale sulla patologia oppure vorrebbe attirare l’attenzione sulla situazione delle persone affette da diabete in Valle d’Aosta? A proposito, com’è la situazione attuale?

Come dicevo, il progetto nasce soprattutto per sensibilizzare ma anche per attirare l’attenzione sulla nostra regione. In Valle d’Aosta purtroppo il materiale dato a nostra disposizione è scadente e limitato. Non abbiamo diritto di scelta sui presidi (abbiamo un tipo di pungidito, un tipo di ago da insulina, un tipo di lancetta, e un glucometro). Non abbiamo a nostra disposizione i sensori per la misurazione glicemica. I microinfusori vengono dati con il contagocce ce l’hanno circa 35 persone su 600. A questi presidi invece (direi anche giustamente) hanno accesso i minori di diciott’anni.

Auspicate un dialogo già nel nome della campagna, invece, incomprensibilmente, la campagna è stata attaccata duramente dalla Federazione Diabete Giovanile che la definisce “offensiva e irrispettosa”. Ha idea del motivo? Vi siete chiariti?

Per quanto riguarda la Federazione Diabete Giovanile penso che si siano arrogati il diritto di parlare per tutti i diabetici e non solo per i loro iscritti. Io sono disposta ad un confronto a 360° con chiunque lo richieda. Sono disponibile a mettermi in gioco e a metterci la faccia come fatto fino adesso e non solo metaforicamente parlando. Forse avrei preferito che la Federazione Diabete Giovanile prima di interpellare l’assessorato alla sanità e la presidenza del consiglio della Valle d’Aosta (quest’ultima ha anche patrocinato il progetto di dia[BE]logue, appoggiandosi e non tirandosi mai indietro nemmeno davanti alle critiche bensì proteggendo il progetto da loro approvato all’unanimità) avesse prima cercato un dialogo con l’associazione e con me. Qualora volessero un chiarimento ne sarei felice e me lo auspico perché per fronteggiare questa malattia dobbiamo essere uniti e non ci devono essere distinzioni tra associazioni, federazioni, ecc. ecc.: dovremmo collaborare ed avere un dialogo.

La foto che la ritrae trafitta da decine di siringhe ricorda un po’ quella del bambino, quella blu. Solo che lei qui ha uno sguardo diverso, un misto di serenità e fierezza, in un corpo che tutto sembra meno che malato. Aveva qualche timore sulla riuscita della campagna?

La foto dove sono trafitta dalle siringhe prende esattamente spunto da quella del bambino in blu. Quando l’ho vista la prima volta ho pensato: questo è il messaggio che voglio dare, questa è esattamente il tipo di comunicazione che cerco. Ci ho creduto fortemente e così ho deciso di rifarla più attuale ma meno “drammatica”. L’ho fatto avendo uno sguardo fiero… perché secondo me tutti quelli che affrontano la malattia e tutti quelli che la vivono insieme ad essi sono dei guerrieri. Dei guerrieri che ogni giorno prendono piccole ma grandi decisioni per la loro vita. Sinceramente, come dicevo all’inizio, quando decido una cosa vado dritta come un treno e nemmeno per un minuto ho avuto il timore che questa campagna potesse fallire, perché io mi ci riconoscevo al 100% e perché non stavo raccontando bugie… ma solo la verità. Secondo me… anzi secondo me, Piero ed Alessandra questa era la comunicazione giusta, era la comunicazione accessibile a tutti diabetici e non… E abbiamo pensato che era il messaggio giusto da dare.

Alcuni genitori con bimbi piccoli affetti da diabete, hanno preferito non far vedere la sua foto ai bimbi. Una specie di difesa a oltranza… Lei come si sarebbe comportata?

Sono molto dispiaciuta di aver urtato la sensibilità dei più piccoli e dei genitori, ma penso che quest’immagine se interpretata nel modo giusto potrebbe essere un’aiuto e non un’immagine da nascondere. Io con questa posizione e con quest’espressione volevo dire: ho il diabete e lo affronto, ho il diabete e non mi ferma e non mi fermerà. Sicuramente alcuni genitori per compensazione e protezione hanno deciso di non far vedere al proprio figlio quella che realmente è la loro vita è sarà la loro vita. So che questa è un’immagine dolorosa, io per prima l’ho testata sulla mia famiglia e sulle persone che mi circondano e ho visto le loro reazioni. Difficile dire come si comporterebbe un genitore… Io non lo sono e mi ci posso solo immedesimare… Sicuramente per un genitore è difficile prendere decisioni così forti, così “al limite” e così dolorose per il proprio figlio… ogni giorno, ogni minuto, mentre dormono e mentre sono svegli… Io probabilmente nel momento giusto, nell’età giusta racconterei a mio figlio quello che realmente è il diabete di tipo 1 per dargli le possibilità e e la forza giusta per affrontarlo un domani… indipendentemente. Perché il diabete alla fine è una malattia con il quale bisogna conviverci da soli perché chi non la affronta non la capisce davvero… non per cattiveria… ma è così. Sono contemporaneamente felice invece che molti genitori da tutta Italia di bambini piccolissimi e di bambini di tutte le età mi hanno contattato per ringraziarmi e dirmi: “Grazie voglio che tutti sappiano cosa affronta mio figlio!”

Immagino che a questo punto lei sarà diventata un po’ un punto di riferimento. Continuerà il suo impegno?

Sicuramente continuerò il mio impegno… Da quando è uscito il progetto di dia[BE]logue avevamo già delle idee per continuare a svilupparlo, ma da quando sono usciti i manifesti si sono innescate delle reazioni positive di altri diabetici che ci hanno contattati dicendoci: “Ma perché non facciamo anche questo? Perché non realizziamo anche questo?” È così ho conosciuto persone meravigliose con molta voglia di fare e un milione di idee fantastiche che sicuramente realizzeremo.

Rifarebbe tutto?

Sì. Rifarei tutto e lo rifarei esattamente come l’ho fatto. Ringrazio anche la Federazione Diabete Giovanile che esponendosi così fortemente contro la mia immagine ha fatto “gioco/forza” e ha spinto dia[BE]logue ben oltre i confini valdostani facendomi sentire l’amore e l’approvazione di numerosissime persone.

E come dico sempre quando parlo di dia[BE]logue: RIMANETE SINTONIZZATI!

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Da Padre a padre, dico grazie all'autore per aver fatto sorridere la mia bambina. Ci ha relagato uno sprazzo di magia

Ho pianto nel vedere la mia bimba felice  di leggere di una bimba come lei
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Open source e diabete. «Da medico e papà T3? Cinque»

Continuiamo a parlare di sistemi open, con un occhio di riguardo ai software di Pancreas Artificiale non autorizzati ufficialmente dalla comunità scientifica. A seguito della bocciatura sonora dei sistemi open source da parte della prof.ssa Ivana Rabbone, vicepresidente SIEDP, e dell’acclamazione a pieni polmoni (e voti) di chi lo usa quotidianamente su se stessa, oggi vi proponiamo un punto di vista a metà strada: quello del dott. Alessandro Rapellino, medico normoglicemico e papà di un bimbo effetto da diabete (che in gergo possiamo definire papà T3).

Le soluzioni proposte dalla community del diabete, quindi arrivate “dal basso” e non ufficiali (chiamiamole soluzioni fai-da-te) tentano di risolvere spesso problemi laddove le soluzioni offerte dai canali ufficiali sono invece lacunose. Basti pensare alla visione a distanza della glicemia: nata nel 2014 con il sistema Nightscout, è stata lanciata ufficialmente da Dexcom, con il sensore G5, ben 3 anni dopo. Diventando parte integrante, spesso irrinunciabile, della gestione anche da parte dei medici.

D’altro canto, è di poche settimane fa il comunicato FDA (l’ente governativo statunitense per la regolamentazione dei prodotti farmaceutici) che mette in guardia i pazienti dall’utilizzo di soluzioni non ufficiali di qualsiasi genere.

Dopo la visione a distanza delle glicemie, la community non si è fermata. Forse perché ha libertà di movimento e persone molto motivate (una mamma T3 esperta di informatica o elettronica, ovviamente ha una spinta maggiore di un qualsiasi ingegnere di una qualsiasi casa farmaceutica). Tra i sistemi non ufficiali, ve ne sono alcuni ancora oggi definibili pionieristici. Ci sono quelli che permettono la sostituzione del telecomando con lo smartphone, quelli che somministrano l’insulina a distanza, per arrivare al “Closed Loop” open source (o “Pancreas Artificiale”).

Andiamo per gradi e le faccio un primo esempio: alcune app (come AndroidAPS, o la – ormai deprecata – SightRemote per Roche Insight) consentono di usare lo smartphone per pilotare il microinfusore in modo più fluido e veloce, sostituendo di fatto il telecomando bluetooth in dotazione. Che ne pensa?

Non conosco precisamente il microinfusore in questione ma ho sentito parlare di diverse difficoltà incontrate dagli utenti con il telecomando bluetooth in dotazione. Immagino che con questa app si riescano ad evitare varie problematiche e quindi ritengo che se utilizzata in maniera corretta possa essere un’ottima soluzione per le persone che posseggono questo microinfusore o i loro caregiver se parliamo di bambini.

Parliamo di somministrazione dell’insulina a distanza, il cosiddetto “bolo remoto”. L’app AndroidAPS permette di comandare il microinfusore da lontano: somministrazione del bolo e modifica della basale si possono comandare via SMS e vanno a sostituire di fatto “la telefonata e la mano” dell’insegnante a scuola o dei nonni. Come ritiene questa pratica? Secondo lei è prematuro in generale, o soltanto pericoloso a livello medico (basti pensare all’allarme hacker lanciato tempo fa)?

Sinceramente ritengo questa pratica rischiosa per una semplice motivazione, tralasciando le possibili problematiche derivanti dall’uso improprio di sms remoti per eseguire boli o modificare le basali: anche se i genitori di un bambino che hanno questa possibilità sono coloro che conoscono perfettamente le dosi di insulina da somministrare, ritengo che il non avere il bambino presente possa essere un problema perché non si possono rendere conto di svariate situazioni quotidiane, come per esempio l’attività fisica svolta o che si svolgerà, lo scarso appetito prima di un pasto o nei bambini molto piccoli uno stato d’umore alterato. Questi fattori potrebbero portare ad un’errata valutazione della dose di insulina da somministrare con le conseguenze che tutti conosciamo.

Boli via SMS: la mamma comanda
il microinfusore con un SMS

Visto l’argomento, è inevitabile non passare a un gradino più alto: ai sistemi definiti “Closed Loop” open source (o, per gli amici, “Pancreas Artificiali”) che promettono di gestire autonomamente la glicemia del paziente diabetico. Loop e AndroidAPS, nello specifico, modulano il rilascio di insulina sulla base di andamento glicemico, IOB, attività fisica e carboidrati ingeriti. Tutto non ufficiale, quindi a rischio e pericolo del paziente. Ma è una realtà, sempre più allargata e numerosa, e la controparte “ufficiale” (diabetologi, case farmaceutiche, ecc. ecc.) non possono far finta che non ci sia.

Perché in Italia non si parla del Pancreas Artificiale fai-da-te, certamente con tutte le precauzioni e le attenzioni del caso?

Credo che la questione principale sia dovuta alla scarsa diffusione dei microinfusori sul suolo italico.
La maggior parte della popolazione che usa questo genere di device sono pazienti pediatrici e quindi maggiormente a rischio di problematiche relative alla safety con l’utilizzo di queste pratiche.
Inoltre i microinfusori che sono compatibili con questo genere di applicazione homebrew [fatte in casa, ndr.] sono vecchi microinfusori Medtronic che hanno una scarsa diffusione nel nostro Paese. Diverso il discorso di AndroidAPS che sfrutta Device DANA o, recentemente, anche Roche. Quest’ultima applicazione closed-loop, a quanto mi risulta, conta diversi utilizzatori nel nostro paese.

Abbiamo cercato testimonianze di chi usa felicemente e con grandi soddisfazioni il Closed Loop open, che riportiamo qui, e abbiamo visto curve glicemiche da fare invidia. Lei cosa ne pensa, dopo aver letto le parole di genitori e pazienti?

È proprio grazie a questa possibilità di hacking dei microinfusori se questo fenomeno si è sviluppato. Il primo pancreas artificiale Closed loop home made è nato proprio grazie alla decodifica del sistema di trasmissione di microinfusori Medtronic. Successivamente lo sviluppo della tecnologia bluetooth ha reso questo ancora più facile. I microinfusori Roche e Dana sfruttando tale protocollo non necessitano di hardware particolare per tale decodifica ed è una questione di conoscere i comandi e replicarli via software fatti in casa.

Lo smartwatch visualizza i carboidrati che occorre ingerire
oppure l’insulina da somministrare (ed effettua anche il bolo!)

Va anche sottolineato come alcune aziende (come appunto DANA) stiano spontaneamente aderendo a questo movimento per lo sviluppo di sistemi Closed Loop fornendo i comandi a distanza del microinfusore agli sviluppatori di tali software.
Tornando in tema sicurezza ritengo che attualmente, in considerazione della scarsa diffusione di questi sistemi non vi siano particolari problematiche, a meno che non si incontri qualche malintenzionato, ma lo ritengo in questo momento scarsamente probabile.

Lei cosa pensa di questi sistemi open, dopo aver letto le parole di genitori e pazienti entusiasti e dopo – soprattutto – la sua esperienza diretta?

Personalmente ritengo questi sistemi da un lato eccezionali per i risultati che permettono di ottenere. Il compenso glicemico diventa pressoché perfetto e l’attenzione alla patologia in determinati situazioni critiche (per esempio l’assunzione di determinati cibi difficili da gestire) si riduce di molto.

L’app AndroidAPS (a destra) comanda
in autonomia un microinfusore (a sinistra)

Dall’altra parte è assolutamente indispensabile partire da una base molto solida, con un compenso già ottimale. Alcuni di questi strumenti non possono essere utilizzati se non si ha già la situazione in mano altrimenti diventano delle vere e proprie armi. Ulteriormente necessitano di sensori perfettamente funzionanti e perfettamente calibrati. E infine quando si iniziano ad utilizzare questi strumenti si passano dei momenti di grande frustrazione perché purtroppo non basta premere il pulsante magico “closed-loop” perché tutto vada a posto, ma servono anche mesi di prove e tentativi.

In relazione ai sistemi Closed Loop fai-da-te che, ricordiamolo, comandano il microinfusore e infondono insulina automaticamente, secondo lei, questi possono essere usati:
A) Da chiunque
B) Con cautela, solo da pazienti adulti e illuminati
C) Con cautela, anche su minorenni, da genitori illuminati
D) Non dovrebbero essere mai usati, da nessuno
E) Altro (specificare)

Va detto che attualmente le aziende stanno facendo passi da gigante in questa direzione e stanno iniziando a proporre soluzioni analoghe commerciali che sono testate, sicure e altrettanto efficaci. Quindi credo che la risposta attualmente sia la D (i sistemi Closed Loop fai-da-te non dovrebbero essere mai usati da nessuno), mentre se mi fosse stato chiesto un paio di anni fa avrei detto C. Ad ogni modo ritengo che nel giro di 12-18 mesi tutti i Pazienti potranno utilizzare soluzioni di questo genere in piena sicurezza, tanto vale aspettare ancora questo tempo senza rischiare nulla.

Da zero (bocciate, assolutamente contrario) a dieci (promosse a pieni voti, assolutamente pro), quanto considera papabili tutte queste soluzioni open source applicate al diabete?

Come ho detto poco fa avrei detto 10 qualche tempo fa, adesso come adesso non impazzirei per invischiarmi in questo genere di soluzioni, quando a breve arriverà qualcosa di pronto, finito, scientifico e pienamente legale. Quindi mi fermo a metà scala: cinque!

Se vuoi confrontarti e parlare con chi già sperimenta il Pancreas Artificiale AndroidAPS, allora il gruppo AndroidAPS Italia fa per te. Ti aspettiamo!

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

Da Padre a padre, dico grazie all'autore per aver fatto sorridere la mia bambina. Ci ha relagato uno sprazzo di magia

Ho pianto nel vedere la mia bimba felice  di leggere di una bimba come lei
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Vuoi parlare con le migliaia di amici che hanno già sperimentato le soluzioni proposte su DeeBee.it? Vuoi fare qualche domanda su un argomento specifico per conoscere le opinioni ed i suggerimenti di chi ci è già passato? Vuoi suggerire tu qualcosa dicendo la tua?
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Enjoy!

Open source e diabete. «Il mio voto? Semmai doveste chiedermelo di nuovo, darò 11…»

In casa DeeBee cerchiamo sempre di riportare le notizie relative ai nuovi progetti senza campanilismi, nel rispetto dei ruoli e offrendo spunti da varie prospettive. In quest’ottica, a seguito della bocciatura sonora dei sistemi open source da parte della prof.ssa Ivana Rabbone, vicepresidente SIEDP, nel secondo atto ospitiamo le opinioni di Elena Romito, un’utente italiana che, lo scopriremo insieme in questo articolo, utilizza un Pancreas Artificiale fai-da-te – quindi open source – con grande soddisfazione.

Elena Romito, classe 1991, T1 dal 1997. Laureata in scienze economiche. Al momento svolge attività di ricerca, come dottoranda, presso la scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Il suo attuale lavoro consiste, principalmente, nell’identificazione del rapporto che intercorre tra innovazione medica e proprietà intellettuale. Conduce la sua indagine per mezzo di analisi empiriche, basate su diverse tecniche econometriche. È un’entusiasta utilizzatrice di AAPS.

Lei si ricorda come ha accolto e cosa ha pensato inizialmente di Nightscout? L’ha consigliato o sconsigliato ai genitori del suo centro? All’inizio, come Lei ben saprà, queste soluzioni, anche le migliori, hanno avuto vita dura e molte difficoltà di diffusione…

Non essendo un medico, faccio un po’ di fatica a rispondere a questa domanda. In generale, penso che Nightscout rappresenti una vera e propria rivoluzione nell’ambito del trattamento del diabete. Personalmente ho scoperto dell’esistenza di Nightscout non più di anno fa, alla veneranda età di 26 anni, e ricordo di aver pensato a mia mamma, agli stick nella stanzetta di servizio della mia scuola elementare e alle tantissime notti passate con lei nel “lettone” matrimoniale. E poi ho sorriso.

Parliamo di somministrazione dell’insulina a distanza, il cosiddetto “bolo remoto”. L’app AndroidAPS permette di comandare il microinfusore da lontano: somministrazione del bolo e modifica della basale si possono comandare via SMS e vanno a sostituire di fatto “la telefonata e la mano” dell’insegnante a scuola o dei nonni. Come ritiene questa pratica?

Ecco, l’app AndroidAPS (da ora in poi AAPS) la conosco bene invece. Ho studiato come è nata e come funziona, ho ascoltato i pareri di chi la utilizza da un po’, ho letto vari studi che sono stati condotti in merito e, visti gli esiti inequivocabilmente positivi, ho deciso di iniziare ad usarla.
In questa domanda mi si chiede di esprimere un parere su una specifica funzione incorporata in AAPS, cioè il controllo da remoto del microinfusore. Ok, la mia risposta conclusiva è che questa funzionalità è davvero in grado di migliorare la vita di tanti, tantissimi, T1 e T3. Però arriviamoci per gradi e proviamo a rispondere a qualche perplessità che potrebbe sorgere nei pensieri di chi, ancora una volta, questa app non l’ha studiata e non la conosce.
Innanzitutto: “Come funziona il controllo remoto?” Beh, più o meno le cose stanno così: il bambino deve avere con sé uno smartphone, che comunica sia con il sensore che con il microinfusore. A questo punto, il genitore, dopo aver osservato i valori glicemici può decidere di intervenire da casa, dal supermercato o dal posto lavorativo inviando un SMS che, per esempio, può interrompere la basale se si vede che i valori sono in discesa. Ora, le domande che uno che non conosce la funzione pump control di AAPS potrebbe fare sono sostanzialmente due:

  1. Cosa succederebbe se una persona qualunque decidesse di fare uno scherzo a mio figlio\a e, mandando un messaggio, per esempio, “sparasse” un bolo?
  2. Cosa succederebbe se il genitore o il nonno, magari anche per distrazione, sbagliasse a mandare il comando?

Ok, rispondiamo:

  1. A parte che se una persona, per scherzo, decidesse di iniettare insulina ad un bambino, non sarebbe una persona qualunque, ma un criminale malato di mente; a parte questo, dicevo, la prudenza non è mai troppa e, infatti, non sarebbe in alcun modo possibile che una persona non autorizzata controlli da remoto il microinfusore in questione. Infatti, il cellulare del bambino può essere accoppiato solo ad una serie molto limitata di contatti autorizzati a procedere con l’operazione.
  2. Per il genitore o per il nonno sarebbe estremamente difficile sbagliare e, se pure accadesse, sarebbe possibile correre immediatamente ai ripari dell’errore commesso: vi spiego perché. Affinché il sistema funzioni, il numero autorizzato deve mandare un messaggio codificato (e.g. per inviare il un bolo si scrive “Bolus 1”) e se lo si scrive anche solo leggermente diverso, il sistema non funziona (quindi se per esempio si scrive “bolus” utilizzando la minuscola, niente di fatto). E va bene, ammettiamo pure che il nonno, per sbaglio scriva il messaggio perfettamente codificato e faccia partire il comando. A questo punto il sistema chiede una conferma ulteriore per essere proprio sicuro sicuro sicuro che quello che farà è quello che il nonno vuole fare veramente e, quindi, invia automaticamente un SMS di risposta che ti dice che, se davvero vuoi fare un bolo, devi rispondere a quel messaggio con il codice (diverso di volta in volta) scritto nell’SMS. Ora, i codici sono del tipo “gtr” “tjk” “nzt” e devi scriverli esattamente come il sistema ti dice di scriverli. Non so a voi, ma a me sembra estremamente più probabile che il povero nonno commetta un errore nel dosare l’insulina quando utilizza una penna o quando imposta un bolo direttamente sul microinfusore, rispetto al caso in cui questo benedetto bolo è fatto da remoto.

Quindi, funzione control pump di AAPS per me è approvata a pieni voti!

Visto l’argomento, è inevitabile non passare a un gradino più alto: ai sistemi definiti “Closed Loop” open source (o, per gli amici, “Pancreas Artificiali”) che promettono di gestire autonomamente la glicemia del paziente diabetico. Loop e AndroidAPS, nello specifico, modulano il rilascio di insulina sulla base di andamento glicemico, IOB, attività fisica e carboidrati ingeriti. Tutto non ufficiale, quindi a rischio e pericolo del paziente. Ma è una realtà, sempre più allargata e numerosa, e la controparte “ufficiale” (diabetologi, case farmaceutiche, ecc. ecc.) non possono far finta che non ci sia.

Perché in Italia non si parla del Pancreas Artificiale fai-da-te, certamente con tutte le precauzioni e le attenzioni del caso?

Oh, finalmente siamo arrivati al punto più bello della storia! Io qui spenderei più di qualche riga per spiegare come funziona un sistema “closed loop” (tipo AAPS), ma rischierei davvero di diventare troppo prolissa e, forse, di andare fuori tema. Quindi, sorvolo sulle questioni tecniche (che però potete trovare qui) e passo a raccontarvi un po’ come la vedo io.

Partiamo dall’inizio: questi sistemi nascono da progetti Open Source che spesso vengono definiti come fai-da-te (Do It Yourself, in inglese). Bene, io credo che definirli sistemi fai-da-te sia necessario, ma parecchio riduttivo. Necessario perché essendo sistemi non ufficiali (i.e. non approvati dalla FDA) si deve far passare il concetto che se li utilizzi, è perché li hai creati tu, autonomamente, e dunque sei tu l’unico responsabile in caso di malfunzionamento. Riduttivo perché, non so a voi, ma a me il “fai-da-te” fa pensare per lo più a cose tipo il bricolage o, se applicato in ambito “medico”, a cose tipo la tisana della nonna per curare il raffreddore o il dentifricio per far sparire i brufoli (che tra l’altro funziona benissimo). Ecco, quando si parla di sistemi “closed loop” open source, la storia è totalmente diversa per una serie interminabile di motivi. Innanzitutto, l’algoritmo -che, per dirla in due parole, controlla l’erogazione della basale adattandola continuamente alle esigenze del paziente e facendo sì che i valori glicemici restino sempre intorno ad un target prestabilito- è stato sviluppato collettivamente da programmatori, ingegneri ed informatici molto informati sul diabete in quanto direttamente coinvolti. Ora, io voglio un sacco di bene a mia nonna, ma sono abbastanza certa che la sua tisana non sia il frutto di anni di lunga e faticosa ricerca. Poi, queste persone, questi esperti, hanno deciso di rendere il progetto open source e di continuare a migliorarlo negli anni, mese dopo mese, giorno dopo giorno dopo giorno. Sì, perché la regola aurea di questo processo innovativo (perché è di un processo innovativo che si tratta) è che ogni miglioramento completo viene condiviso e ogni miglioramento potenziale viene proposto, valutato, testato ed eventualmente condiviso. E così facendo, giusto per fare un esempio, si è arrivati al punto in cui, ad oggi, con la funzione SMB (Super micro Bolus) prevista da AAPS è possibile fare una stima solo approssimativa, non precisa, dei carboidrati che si assumono, comunicarla al sistema e lasciare che l’algoritmo, tramite una serie di micro boli, appunto, gestisca il tutto.

E sufficiente comunicare all’applicazione AndroidAPS una stima approssimativa dei carboidrati che si assumono e lasciare che l’algoritmo, tramite una serie di micro boli, gestisca il tutto.

È chiaro, a questo punto, che un sistema così fluido e dinamico, difficilmente può rientrare in uno schema rigido e strutturato come quello previsto dalle autorità di regolamentazione, la FDA, prima tra tutte. Quindi, va bene, il sistema non è ufficiale. A tal proposito, però, io mi sentirei di fare una precisazione: per ottenere l’autorizzazione si devono presentare i risultati di una serie di test statistici, detti randomizzati e controllati, alla FDA che poi deciderà se approvare o meno il nuovo prodotto, o la nuova tecnologia.
Ma cos’è, di fatto, un test randomizzato e controllato? Un test si dice controllato quando è condotto su un gruppo di soggetti molto simili tra di loro, in termini di caratteristiche osservabili e non. Poi, un test si dice randomizzato se all’interno di questo gruppo di persone si scelgono a caso (randomicamente, appunto) i soggetti a cui somministrare la nuova tecnologia. Quindi, coloro che sperimentano la tecnologia vengono detti trattati, gli altri costituiscono il gruppo di controllo. Alla fine del periodo del test si confrontano i risultati ottenuti dai due gruppi e si stabilisce l’eventuale efficacia dell’innovazione. La FDA, dunque, acconsentirà o rifiuterà l’approvazione sulla base di una evidenza “meramente” statistica. Questo è importante per proseguire con il discorso, perché, è bene chiarirlo subito, AAPS, non ha l’approvazione della FDA (perché, ripeto, la sua natura fluida non collima con la struttura rigida dell’autorità di regolamentazione), ma è inattaccabile dal punto di vista strettamente statistico, che poi è lo stesso criterio che usa la FDA per approvare. Infatti, se da un lato è vero che non sono stati fatti test randomizzati e controllati per valutare l’efficacia di AAPS, dall’altro esiste un’evidenza empirica robusta, supportata da dati ad alta frequenza e osservabili nel tempo, che ci fornisce una inequivocabile prova statistica dell’efficacia della tecnologia stessa. Ed esistono tanti studi scientifici che fanno esattamente questo: provare statisticamente che il sistema produce risultati significativi e positivi. Le tecniche utilizzate non sono quelle dei randomized control trial, ma, parola di econometrica, almeno altrettanto valide. Quindi, per concludere, ufficiale implica (o dovrebbe implicare, ma vabbè, lasciamo perdere che qui il discorso si farebbe troppo lungo) “statisticamente valido”, ma non ufficiale non implica “statisticamente non valido”. E per fortuna, nel caso di AAPS (a differenza del mio adorato dentifricio), abbiamo abbastanza evidenza scientifica per affermare il contrario!

Ok, mi sono persa in chiacchiere e nonostante le mie dichiarate buone intenzioni, mi sa che sono uscita un po’ fuori tema. Ora, rileggendo la domanda, mi accorgo che dopo cotanta prolissità non ho neanche risposto. Mi chiedevate, in sostanza, perché in Italia non si parla ancora di queste cose. Eh, bella domanda, ma io una risposta chiara in mente non ce l’ho e, credetemi, io me lo chiedo spesso quale sia il motivo per cui io sia costretta ad usare AAPS quasi clandestinamente, sperando che i rappresentati commerciali del mio microinfusore non se ne accorgano, mentre all’estero (non ovunque, eh) lo stesso microinfusore è espressamente dichiarato essere sottoposto a garanzia anche se utilizzato in loop. Io non lo so il perché questo accade, diciamo così.

Secondo lei è prematuro in generale, o soltanto pericoloso a livello medico (basti pensare all’allarme hacker lanciato tempo fa)?

E dai però, così non vale! Io ho cercato di evitare in tutti modi – perfino arrivando a parlare di noiosissimi modelli statistici – di lasciare intendere che, secondo me, uno dei motivi per cui in Italia non se ne parla è di natura economica. Ho fatto questo sforzo immane per non correre neanche il minimo rischio di essere additata come una complottista che vede nelle multinazionali Biotech il male assoluto (non è assolutamente questo quello che penso!!) e voi che fate? Mi chiedete di commentare l’atteggiamento di chi sconsiglia sistemi tipo AAPS perché potenzialmente soggetti a rischi di hackeraggio? Ok, la mia risposta è che la trovo un’argomentazione abbastanza fantasiosa e (questa sì) al limite del complottismo. E per capirlo basterebbe vedere come effettivamente avviene la condivisione del codice che permette di creare l’app. Allora, il codice è online ed è accessibile a tutti. In particolare, è su un repository di GitHub dove gli sviluppatori rilasciano le varie versioni (testate e controllate). Queste versioni non sono in alcun modo modificabili online se non dagli sviluppatori stessi. Diventano potenzialmente modificabili solo dopo essere state clonate su un computer e quindi eventuali modifiche sarebbero solo a titolo personale, senza interferire minimamente con la versione disponibile online. Ora, la cosa che, tecnicamente, potrebbe succedere è che qualcuno molto molto male intenzionato, decida di hackerare il telefono dove io ho salvato la mia personale versione di AAPS oppure il mio microinfusore (cosa che, tra l’altro non avrebbe nulla a che vedere con AAPS), ma il rischio di un attacco terroristico sui diabetici, onestamente, continuo a percepirlo come un rischio di gran lunga inferiore a quello molto più alto di ipoglicemia grave, che sarebbe esponenzialmente più elevato in assenza del sistema open source.

Abbiamo cercato testimonianze di chi usa felicemente e con grandi soddisfazioni il Closed Loop open, che riportiamo qui, e abbiamo visto curve glicemiche da fare invidia. Lei cosa ne pensa, dopo aver letto le parole di genitori e pazienti?

Beh, che posso dire: io è da circa due mesi che utilizzo AAPS in closed loop e non posso fare altro che aggiungermi al coro di chi grida a gran voce che è una cosa pazzesca. Ho letto le testimonianze che avete riportato e, vi giuro, se le avessi lette qualche mese fa, avrei pensato che fossero cariche di un’enfasi farlocca. Che sì, magari un sistema tipo AAPS poteva migliorare un po’ le cose, ma che ti permettesse di dormire tutta la notte? Che costituisse un cambiamento radicale nella gestione del diabete? No, a quello non ci avrei creduto. Poi l’ho provato e mi sono dovuta ricredere. Allora facciamo che ci provo anche io a dare una testimonianza, breve e concisa, che in poche parole possa far capire di che entità è stato per me il cambiamento legato all’introduzione di AAPS.

In che modo AAPS mi ha cambiato la vita

Ho il diabete da 22 dei miei 27 anni e, da sempre, correggo le ipoglicemie con la Coca-Cola. Ne ho sempre una bottiglia sul comodino, senza non riesco proprio a dormire. Beh, l’altro giorno il mio ragazzo prende la bottiglia (che era già aperta), si assicura che c’è abbastanza coca-cola dentro da poterne bere un sorso senza che io rimanga “scoperta”, fa un sorso e… e niente, corre a sputarla. Quando torna in camera mi chiede se avessi intenzione di ucciderlo e io, un po’ divertita e un po’ emozionata, gli dico che no, non stavo tramando nessun piano malefico, è solo che quella Coca-Cola mi sa che era andata a male. Era lì, aperta sul mio comodino da più di trenta giorni, non mi era mai servita e lei, giustamente, era scaduta. Non mi era mai successo di far scadere una Coca-Cola prima d’ora. Dopo l’incidente casalingo, ho comprato una nuova bottiglia ed ora è lì, sul comodino, ancora chiusa.

Secondo lei perché questi sistemi fai-da-te fioriscono soprattutto all’estero?

La risposta più intuitiva è che Dana Lewis (prima ideatrice di openAPS) e molti altri sviluppatori risiedono all’estero, però non è solo quello. Partiamo proprio da Dana Lewis, lei dichiara che tutto il suo progetto è nato dal bisogno di rendere il volume degli allarmi del Dexcom più alto perché, a quanto pare, dorme sonni molto profondi. Racconta di aver chiamato svariate volte il servizio clienti per provare a risolvere il problema, ma senza mai ottenere un esito positivo. A questo punto, ha semplicemente deciso di provare, lei stessa, ad apportare delle modifiche che le permettessero di alzare il volume. Nel giro di poco, poi, ha modificato anche il suo microinfusore (un vecchio Medtronic) fino ad arrivare al punto in cui è tornata a non sentire più gli allarmi di notte, solo che ora il problema non è più il volume, è che quegli allarmi non hanno più motivo di suonare! Ora, secondo me questa storia è abbastanza esplicativa e se, in parte, è sicuramente riconducibile alle innegabili capacità di Dana, d’altro canto, credo che anche il sistema sanitario di riferimento giochi un ruolo fondamentale. Noi, nonostante le storture del nostro SSN, siamo fortunati; basti pensare che in America c’è chi muore perché non può permettersi di comprare l’insulina e chi non ha mai messo piede in un reparto di diabetologia perché non ha abbastanza risorse da poter pagare una visita. Nel caso italiano, per fortuna, questo non succede. Il rovescio della medaglia è che diventiamo inevitabilmente meno flessibili. Sia ben chiaro: io non penso che, in termini assoluti, questo sia un male. Resto fermamente convinta che il parere, e in certi casi anche l’imposizione, di un medico competente sia fondamentale nella gestione del diabete così come di tante altre patologie. Quello che sto cercando di dire è che se si vive in un paese dove il sistema sanitario funziona così bene da rendere semplicemente inconcepibile che una persona possa spendere 5000 euro per autofinanziarsi un microinfusore, è inevitabile che la sola idea di modificare quel prodotto a rischio di romperlo diventa inaccettabile. Se, invece, vivi in un paese che ti costringe a comprare tutto, quel tutto lo percepisci come una cosa che puoi trattare come vuoi perché l’unica ricaduta in caso di malfunzionamento sarebbe sul tuo portafoglio. Quindi, in quest’ottica, il fatto che spesso questo genere di tecnologie nascano oltreconfine, non è per forza da ritenersi un male. Credo anche, però, che l’avere un sistema sanitario più dignitoso di quello che si ha in molte altre parti del mondo, non possa costituire un alibi per restare immobili. E questo, purtroppo, è quello che mi sembra stia avvenendo. In altre parole, noi oggi abbiamo un problema di accettazione e diffusione di un qualcosa che si è sviluppato secondo delle logiche che si rifiutano a priori, senza provare a comprenderle veramente.

In relazione ai sistemi Closed Loop fai-da-te che, ricordiamolo, comandano il microinfusore e infondono insulina automaticamente, secondo lei, questi possono essere usati:
A) Da chiunque
B) Con cautela, solo da pazienti adulti e illuminati
C) Con cautela, anche su minorenni, da genitori illuminati
D) Non dovrebbero essere mai usati, da nessuno
E) Altro (specificare)

La risposta istintiva che, a prima vista, pensavo di dare a questa domanda è “Con cautela, anche su minorenni, da genitori illuminati”. Poi, però, mi sono presa un attimo per rifletterci su e ho cambiato idea: ora la mia risposta è “Altro”. Allo status quo, ciò che rende queste tecnologie veramente criptiche è la parte della “procedura informatica” necessaria per creare l’apk dell’app che poi dovrà gestire il loop. In quest’ottica, dunque, sarebbe senza dubbio opportuno che il genitore o il paziente fossero almeno un po’ “tecnologicamente illuminati”. Una volta superato questo limite tecnico (e questo può avvenire, ad esempio, tramite l’aiuto di un amico un po’ più esperto) e, dunque, una volta creato l’apk dell’app, io credo che quest’ultima possa essere utilizzate da chiunque abbia la voglia e la pazienza di imparare a gestirla. So che potrebbe sembrare un’affermazione esagerata, ma pensate ad esempio al Medtronic 670G: è quello un prodotto che può essere utilizzato da tutti o no? Beh, in teoria la FDA lo approva per il trattamento del diabete, senza scendere nel dettaglio di quelle che dovrebbero essere le caratteristiche del singolo utilizzatore. Questo, però, non vuol dire che imparare a gestire un 670G è una cosa banale: bisogna dotarsi di una buona dose di pazienza per individuare i propri parametri (sensibilità insulinica, tempo di assorbimento dei carboidrati, ecc.), per stabilire un profilo basale giornaliero il più accurato possibile, per capire quali sono le circostanze che mandano in tilt il sistema e così via. Insomma, Medtronic 670G è un prodotto che deve essere studiato accuratamente affinché funzioni bene e, secondo me, lo stesso vale per i sistemi closed loop open source.

Da zero (bocciate, assolutamente contrario) a dieci (promosse a pieni voti, assolutamente pro), quanto considera papabili tutte queste soluzioni open source applicate al diabete?

Il mio voto è 10, ma senza lode. Sì, senza lode perché sono certa che nell’arco di poco tempo questi sistemi saranno ancora più efficaci e funzionali e, se io ora dessi anche la lode, poi come farei a rispondere alla stessa domanda tra qualche mese? Va beh, diciamo pure che le probabilità che mi farete la stessa domanda tra qualche mese sono molto basse, quasi nulle. E allora do anche la lode, e pure l’encomio. E poi vorrà dire che semmai doveste chiedermelo di nuovo, darò 11.

Nota di DeeBee. Abbiamo riportato le impressioni (non mediche) di chi utilizza un Pancreas Artificiale fai-da-te tutti i giorni 24 ore su 24. Sappiamo che la comunità scientifica ha pareri sovente di altro avviso e siamo aperti a ogni parere: aspettiamo in redazione la voce di altri medici o utilizzatori illuminati, presso il nostro indirizzo email info@deebee.it

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

Da Padre a padre, dico grazie all'autore per aver fatto sorridere la mia bambina. Ci ha relagato uno sprazzo di magia

Ho pianto nel vedere la mia bimba felice  di leggere di una bimba come lei
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Open source e diabete. «Il mio voto? Zero più…», prof.ssa Ivana Rabbone

Con questo articolo, oggi apriamo un filone che proverà a toccare il mondo dell’open source dedicato al diabete, raccontandovi i svariati punti di vista delle parti in causa: dalla visione di medici autorevoli, a quella dei pazienti, ivi compresi figure “miste”, come un medico che è anche papà di un bimbo diabetico, oppure il creatore di uno di questi sistemi che è anche diabetico a sua volta.

Le soluzioni proposte dalla community del diabete, quindi arrivate “dal basso” e non ufficiali (chiamiamole soluzioni fai-da-te) tentano di risolvere spesso problemi laddove le soluzioni offerte dai canali ufficiali sono invece lacunose. Basti pensare alla visione a distanza della glicemia: nata nel 2014 con il sistema Nightscout, è stata lanciata ufficialmente da Dexcom, con il sensore G5, ben 3 anni dopo. Diventando parte integrante, spesso irrinunciabile della gestione anche da parte dei medici.

Pur tuttavia, è di pochi giorni fa il comunicato FDA (l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti farmaceutici) che mette in guardia i pazienti dall’utilizzo di soluzioni non ufficiali di qualsiasi genere.

Dott.ssa Ivana Rabbone,
Vicepresidente S.I.E.D.P. e Referente del Centro di Diabetologia Pediatrica Ospedale Infantile Regina Margherita – Città della Salute e della Scienza di Torino

Lei si ricorda come ha accolto e cosa ha pensato inizialmente di Nightscout? L’ha consigliato o sconsigliato ai genitori del suo centro? All’inizio, come Lei ben saprà, queste soluzioni, anche le migliori, hanno avuto vita dura e molte difficoltà di diffusione…

Appresi per la prima volta di Nightscout grazie proprio ad una azienda (MOVI) che come ricorderete portò in Italia, o meglio cercò di fornire una sorta di assistenza per mettere in atto il sistema Nightscout per il monitoraggio a distanza delle glicemie da sensore. Trattandosi di un sistema di monitoraggio a distanza mi parve subito una novità che avrebbe cambiato l’approccio generale nella gestione del diabete soprattutto da parte dei caregivers [indica “coloro che si prendono cura” e si riferisce a tutti i familiari che assistono un loro congiunto, ndr] ma parve subito chiaro che sarebbe stato necessario fornire assistenza per tutti quei pazienti e genitori di pazienti che tanto abili con la tecnologia non sono.

Dopo la visione a distanza delle glicemie, la community non si è fermata. Forse perché ha libertà di movimento e persone molto motivate (una mamma T3 esperta di informatica o elettronica, ovviamente ha una spinta maggiore di un qualsiasi ingegnere di una qualsiasi casa farmaceutica). Tra i sistemi non ufficiali, ve ne sono alcuni ancora oggi definibili pionieristici. Ci sono quelli che permettono la sostituzione del telecomando con lo smartphone, quelli che somministrano l’insulina a distanza, per arrivare al “Closed Loop” open source (o “Pancreas Artificiale”).

Andiamo per gradi e facciamo un primo esempio: l’app SightRemote per Roche Insight (benché non più manutenuta) consente di usare lo smartphone per pilotare il microinfusore in modo più fluido e veloce, sostituendo di fatto il telecomando bluetooth in dotazione. Che ne pensa?

La ritengo una comodità, che tuttavia presenta numerose criticità, prima fra tutte la sicurezza. Esistono test randomizzati e controllati, con giorni e giorni di utilizzo, che certificano l’app come sicura e funzionale? Esiste un supporto continuativo h24 in caso di problemi e malfunzionamenti, che dia una risposta rapida ed efficace, anche qualora il progetto open source venga abbandonato? Esistono aggiornamenti per correggere o migliorare le funzioni dell’app? In caso di problemi, chi se ne assumerebbe la responsabilità? Chi si occupa dell’istruzione dei nuovi pazienti che si avviano al suo utilizzo? Chi esegue la formazione al personale sanitario?

Secondo lei è prematuro in generale, o soltanto pericoloso a livello medico (basti pensare all’allarme hacker lanciato tempo fa)?

Oltre ai dubbi e alle perplessità precedente esposte, qui si configura un rischio ancora maggiore. Mettiamo che un malintenzionato voglia erogare un bolo da remoto tramite sms per una qualsiasi ragione (dalle più futili, come un errore o uno scherzo, fino alle più serie e preoccupanti, come una vendetta personale o un attacco terroristico). Il codice del sistema è on-line, open-source, ovvero a portata di chiunque. Qualsiasi persona potrebbe pertanto inserirsi nel codice di chi utilizza il sistema ed eseguire l’operazione. Dopo questa riflessione, le faccio io una domanda: lei quanto si sente al sicuro per sua figlia rispetto a questo rischio?

Visto l’argomento, è inevitabile non passare a un gradino più alto: ai sistemi definiti “Closed Loop” open source (o, per gli amici, “Pancreas Artificiali”) che promettono di gestire autonomamente la glicemia del paziente diabetico. Loop e AndroidAPS, nello specifico, modulano il rilascio di insulina sulla base di andamento glicemico, IOB, attività fisica e carboidrati ingeriti. Tutto non ufficiale, quindi a rischio e pericolo del paziente. Ma è una realtà, sempre più allargata e numerosa, e la controparte “ufficiale” (diabetologi, case farmaceutiche, ecc. ecc.) non possono far finta che non ci sia.

Perché in Italia non si parla del Pancreas Artificiale fai-da-te, certamente con tutte le precauzioni e le attenzioni del caso?

Al momento attuale per questi sistemi la sicurezza, primo parametro da tenere in considerazione, non è rispettata in quanto in letteratura scientifica non si trovano dati solidi, validati e verificati. Per tale motivo, oltre ad una grave carenza legislativa, si configura un problema etico per il medico, in quanto va contro alla base della nostra deontologia: “primum non nocere”. Pertanto, il medico che prescrive tali sistemi non solo va contro la legge, ma anche contro le proprie norme e regole etiche e deontologiche.

Abbiamo cercato testimonianze di chi usa felicemente e con grandi soddisfazioni il Closed Loop open, che riportiamo qui, e abbiamo visto curve glicemiche da fare invidia. Lei cosa ne pensa, dopo aver letto le parole di genitori e pazienti?

Rispetto ai sistemi Closed Loop Fai-Da-Te penso che, dal punto di vista di efficacia, tali sistemi sembrano migliorare i principali parametri considerati indicativi di compenso glicemico, come il time in range. Tuttavia, ricordiamoci che le testimonianze di chi utilizza tali sistemi non sono assolutamente rappresentative, ma riflettono le esperienze dei pochi che sono riusciti a configurare ed utilizzare correttamente il sistema senza troppi problemi. L’utente medio, che noi conosciamo bene, ha spesso grosse difficoltà nel gestire anche le cose più semplici. Se genitori come lei sono capaci di creare app per analizzare i dati e spedirli a terzi, le posso assicurare che ce ne sono altrettanti che hanno difficoltà ad eseguire banali calcoli aritmetici.

Secondo lei perché questi sistemi fai-da-te fioriscono soprattutto all’estero?

All’estero, soprattutto negli Stati Uniti, siccome i pazienti pagano di tasca propria o tramite assicurazione per i dispositivi che utilizzano, esiste minore controllo rispetto ai sistemi fai-da-te. Esiste, in alcuni casi, anche una vera necessità legata ad un minore costo delle strumentazioni fai-da-te (vedi riavvio dei trasmettitori, estensione durata dei sensori, uso di vecchie pompe per sistemi pancreas artificiale) che va presa in considerazione. In Italia, in cui i dispositivi sono prescritti dal medico ed acquistati dall’ASL, esiste un maggior controllo rispetto ai device, oltre che programmi di educazione volti a massimizzare l’efficacia degli strumenti nelle mani dei pazienti. Ritengo questo un vanto tutto nostro, in quanto offriamo lo stesso livello di cura a tutte le persone, con più o meno fatica a seconda delle capacità dell’individuo e della sua famiglia.
I rischi sopra citati hanno portato alla scelta di non diffondere tali pratiche ed esempi, che nelle mani sbagliate possono creare non pochi danni. Con l’espandersi del fenomeno fai-da-te in diabetologia, sono sempre più numerosi i casi di persone che provano a configurare i sistemi nonostante evidenti lacune, senza leggere i documenti e le disclaimer di utilizzo, con importanti rischi per la salute.

In relazione ai sistemi Closed Loop fai-da-te che, ricordiamolo, comandano il microinfusore e infondono insulina automaticamente, secondo lei, questi possono essere usati:
A) Da chiunque
B) Con cautela, solo da pazienti adulti e illuminati
C) Con cautela, anche su minorenni, da genitori illuminati
D) Non dovrebbero essere mai usati, da nessuno
E) Altro (specificare)

Se tali sistemi presentano benefici per chi possiede competenze mediche, informatiche e tecnologiche, questo non è estendibile all’intera popolazione di pazienti. Anzi, al contrario, secondo la nostra opinione tali sistemi possono essere efficaci solo in “mani” selezionate. Se un adulto può prendersi la libertà di rifiutare la terapia proposta dal medico, assumendosi la responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni, diverso è per un minore, che non è capace di decidere e di autodeterminarsi. Pertanto qualsiasi decisione presa dal genitore contro il parere dei sanitari è passibile di denuncia, fino alla sospensione della potestà genitoriale in caso di rischio per la salute del minore. Proprio come un genitore che liberamente decide di non vaccinare il figlio, o che decide in autonomia di non somministrare un farmaco prescritto dal medico.

Da zero (bocciate, assolutamente contrario) a dieci (promosse a pieni voti, assolutamente pro), quanto considera papabili tutte queste soluzioni open source applicate al diabete?

Direi 0+: “zero” in quanto contraria, “più” perché sarei favorevole dopo la regolamentazione e l’approvazione scientifica.

 

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

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Ho pianto nel vedere la mia bimba felice  di leggere di una bimba come lei
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Intervista a Massimo Balestri, l’AD di Roche Italia che ha provato Eversense

"L'ho fatto per capire quali siano le sensazioni dei pazienti diabetici".

Grazie intanto per averci concesso quest’intervista. Roche Diabetes Care Italy è un’azienda abbastanza giovane e da subito ha messo al centro la terapia sul singolo paziente. Siete riusciti ad oggi a mantenere questa promessa?

Ci piace definirci una start up con oltre 40 anni di esperienza nella gestione del diabete. Operiamo infatti solo da due anni come società indipendente interamente dedicata alla gestione e cura del diabete, dopo aver operato per lungo tempo come Business Unit di Roche Diagnostics, sempre nell’ambito del Gruppo Roche.
Nella mia ormai ventennale esperienza in materia, posso dire che una delle cose più importanti per tutte le persone che lavorano in Roche Diabetes Care Italy è l’impegno a svolgere il proprio lavoro con sempre chiaro in mente per chi lo fanno. Non importa se fa training dei nostri dispositivi, se promuove l’informazione scientifica o si occupa di evasione ordini, chiunque svolge la propria attività pensando a come ridurre la complessità per le persone con diabete, nella gestione già difficile della patologia. Come alleviare il peso della cronicità? Come sostenerle concretamente ogni giorno? E per farlo a mio avviso esiste solo un modo, ed è quello di mettere la persone al centro della nostra attenzione. Questo ha anche significato battersi per dare la possibilità a chi vive in Italia di essere tra i primi al mondo ad utilizzare la tecnologia dei sensori impiantabili. E così è stato.

Nel campo dei sensori glicemici ora Eversense, sembra essere il prodotto di punta per la vostra azienda. E’ così o avete in serbo altri progetti?

Eversense è l’unico sensore impiantabile esistente sul mercato e rappresenta davvero un’importante innovazione tecnologica. Si tratta del primo sensore che ha una durata fino a 180 giorni, dispone di allarmi predittivi, e inoltre rispetto ai sensori tradizionali ha delle caratteristiche distintive come ad esempio la vibrazione del trasmettitore sul braccio. Inoltre il trasmettitore è removibile in qualsiasi momento.
Per quanto riguarda i progetti che abbiamo in piano, posso dire che Roche è sempre alla ricerca di soluzioni innovative per i pazienti, anche in partnership con altre Società, come appunto con Senseonics, oppure in collaborazione con le Società Scientifiche come JDRF. In questo momento storico, infatti, è importante creare valore attraverso la collaborazione e l’interazione tra diversi attori.

Dai riscontri che abbiamo avuto, sia nel gruppo italiano di utenti Eversense, sia tra diabetologi che abbiamo interpellato, la definizione che torna più spesso è: con Eversense, cambia il modo di gestire il diabete. E’ così? Lo aspettavate una tale affermazione così rapida di questo prodotto?

Eversense ci ha colpito subito per le sue caratteristiche innovative ed abbiamo fortemente creduto nelle sue potenzialità. Devo ammettere però che il riscontro dalle parole di pazienti e medici è stata una soddisfazione enorme. Sapere che Eversense ha cambiato e migliorato significativamente la vita di queste persone è per tutti noi di Roche Diabetes Care la motivazione più grande. E un fortissimo stimolo a continuare in questa direzione.

I dati dell’andamento glicemico dei pazienti (se ne avete), confermano miglioramenti nella gestione con Eversense?

I medici ci riferiscono che le persone che utilizzano Eversense ne hanno tratto un beneficio clinico importante, ci raccontano di persone che trascorrono maggior tempo a target e hanno ridotto l’emoglobina glicata. E non meno importante, una miglior qualità di vita sembra essere un fattore comune molto diffuso.

Massimo Balestri, Amministratore Delegato di Roche Italia

So che magari non le piace molto, ma proviamo a parlare un po’ di lei. Come ci è finito nel mondo dei dispositivi per la gestione del diabete?

Ho una formazione economica ed ho iniziato a lavorare nel marketing del settore del baby food. Più di vent’anni fa mi sono poi avvicinato al mondo della salute, occupandomi prima di farmaci da banco e poi di sistemi per la gestione del diabete. Devo dire che mi sono subito innamorato di questo settore, per la possibilità di avere un impatto sulla qualità della vita delle persone, per il valore sociale, per il ruolo della tecnologia, per la complessità nascosta dietro alla gestione di una patologia solo apparentemente banale. Dopo tanti anni sono ancora qui, con la passione del primo giorno e tante nuove sfide da affrontare.

È vero che si è fatto impiantare un sensore Eversense?

È vero, nel gennaio di quest’anno ho impiantato Eversense.

Ci racconta qualcosa di questa sua esperienza, molto singolare direi. Non è un dispositivo qualunque; prevede un piccolo intervento invasivo. Come mai ha sentito l’esigenza di volerlo provare in prima persona?

Quando abbiamo iniziato a promuovere l’utilizzo di Eversense la prima barriera da superare è stata proprio la gestione dell’impianto. In tanti hanno reagito inizialmente dicendo che mai si sarebbero fatti inserire un sensore sotto la pelle. Sembrava particolarmente invasivo sia fisicamente che psicologicamente. Noi sostenevamo che la procedura fosse molto semplice e indolore, ma come potevo dirlo se non lo avevo provato? Per questo ho voluto sperimentare in prima persona che cosa significa inserirsi un piccolo sensore sotto pelle ed avere la conferma di quello che pensavo.

Per quanto tempo l’ha portato?

Una volta inserito, l’ho portato ogni giorno per tutti i tre mesi di funzionamento. Ho fatto tutte le calibrazioni richieste ed ho tenuto sotto controllo l’evoluzione della mia glicemia. Ho così constatato direttamente che anche chi non ha il diabete può avere escursioni significative, che ci sono giorni positivi e giorni negativi per tutti, che l’impatto dell’attività fisica a volte è strano, che certe pizze sono particolarmente deleterie… che ognuno di noi può beneficiare da un regime di controllo. In particolare, ho capito che se voglio prevenire l’insorgenza del diabete Tipo 2 devo prestare maggiore attenzione al mio stile di vita.

È stata la prima volta da sensorizzato o ha già provato altri dispositivi?

Non ho provato altri dispositivi. Eversense è l’unico sistema che ho sentito il desiderio di utilizzare, fino a questo momento.

Come definirebbe quest’esperienza, a parte molto singolare?

Mi è capitato spesso di parlare con persone con il diabete che nell’affrontare in profondità alcuni aspetti della patologia ad un certo punto si adombrano e ti dicono: “che cosa ne sapete voi del diabete, della sua presenza costante nella mia vita, ogni giorno, ogni ora”. Questa esperienza per me è solo un piccolissimo tentativo di avvicinarmi alle problematiche quotidiane di chi deve convivere con la patologia, per poter essergli ancora di più di aiuto.

Si prevede nel futuro prossimo un Eversense che duri ancora più a lungo?

Recentemente all’ADA sono state presentate diverse esperienze tra cui una sull’utilizzo fino a 250 giorni, all’interno di uno studio della durata di 365 giorni. La tecnologia è in rapida e continua evoluzione per cui ci aspettiamo ulteriori sviluppi nel prossimo futuro e non solo in termini di durata del sensore.

Avete qualche previsione per quanto riguarda l’uso pediatrico di Eversense?

Posso solo dire che ci sono degli studi in corso e ci auguriamo di aver presto degli aggiornamenti in merito da potervi raccontare.

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

Da Padre a padre, dico grazie all'autore per aver fatto sorridere la mia bambina. Ci ha relagato uno sprazzo di magia

Ho pianto nel vedere la mia bimba felice  di leggere di una bimba come lei
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Omnipod e Dexcom G6: intervista al nuovo distributore esclusivo per l’Italia

È recente il cambio di guardia nella distribuzione in Italia di Omnipod, il microinfusore senza catetere, unico per ora nel suo genere. Abbiamo intervistato Cristiano Ferrari, presidente di Theras Group, l’azienda di Salsomaggiore Terme che tra poco porterà nella penisola anche l’ultimo uscito di casa Dexcom: il G6, il sensore che non necessita di calibrazioni.

Grazie per l’intervista che sicuramente sarà d’aiuto ai nostri lettori. Ci racconta qualcosa della Theras, della sua storia e dei campi di cui si occupa oltre al diabete

Theras è una azienda italiana nata nel 2011, fin da subito abbiamo avuto come punto centrale delle nostre attività il paziente, infatti, abbiamo cercato di fornire soluzioni che portassero un reale miglioramento nella qualità della vita e nello stato di salute dei pazienti. Allo stesso tempo abbiamo cercato di portare ai professionisti della salute soluzioni terapeutiche all’avanguardia.
Anche il nome della compagnia racchiude molto bene il significato del nostro impegno, ossia Terapia ed Assistenza, poiché riteniamo che nell’attuale panorama sanitario italiano una azienda debba fornire ai professionisti della salute e di conseguenza ai pazienti assieme a terapie innovative, anche un elevato livello di assistenza e supporto successivo alla vendita.
Per spiegare meglio, la nostra volontà è da sempre stata quella di mettere a disposizione il nostro know-how sui prodotti alla classe medica per elevare lo standard terapeutico offerto ai pazienti.
Oltre al diabete il nostro focus è il dolore cronico anche in questo ambito come nel diabete abbiamo cercato di avere soluzioni terapeutiche non farmacologiche che offrissero al medico una ampia gamma di possibilità.

Dal primo luglio voi distribuite Omnipod, il microinfusore senza fili, unico di questo genere per il momento. Mi sa dire quanti sono in Italia i portatori di questo tipo di dispositivo?

Anche la nostra partnership con Insulet per la distribuzione esclusiva di Omnipod in Italia rientra nella visione aziendale di mettere a disposizione della classe medica e quindi dei pazienti un prodotto assolutamente innovativo e che al momento non ha eguali sul mercato italiano. Non abbiamo dati precisi relativi ai pazienti in trattamento possiamo solo stimare che siano attorno a qualche migliaio.

Spesso leggiamo di diabetologi, principalmente pediatrici, che stentano a prescrivere Omnipod. Secondo lei perché?

La decisione della terapia per ogni paziente è una decisione puramente medica che tiene conto di molti fattori, per cui non possiamo entrare nel merito delle scelte dei clinici. Il nostro impegno è però quello di fornire loro tutte le informazioni possibili per permettere loro la possibilità di prendere quanto più possibili decisioni consapevoli.

Come state gestendo il passaggio degli utenti da Ypsomed?

Abbiamo una rete di professionisti su tutto il territorio nazionale, all’incirca una persona per ogni regione, che lavora fianco a fianco dei medici ed è disponibile a fornire tutto il supporto necessario direttamente nei centri diabete, ma abbiamo anche un numero verde per fornire il più ampio supporto possibile ai pazienti che utilizzano le nostre tecnologie.  Al numero verde 800587270 siamo pronti a fornire assistenza tecnica sull’utilizzo di Omnipod 24 su 24 sette giorni su sette. 

Siete raggiungibili anche dall’estero?

Si

Ci sono state grosse emergenze in questo primissimo periodo?

No, non abbiamo avuto delle vere e proprie emergenze specifiche, sicuramente la transizione da Ypsomed a Theras ha comportato un aumento del volume delle attività del nostro personale sia alla assistenza tecnica che del personale di campo.
Abbiamo concordato con il nostro partner Insulet una serie di procedure per gestire al meglio ogni problema tecnico del sistema Omnipod e come potete immaginare abbiamo cercato di arrivare preparati al meglio per gestire questa fase, ma ovviamente possiamo
migliorare e ci scusiamo con i pazienti che dovessero aver lamentato qualche disservizio.

Il Tandem, micro di prossimo arrivo in Italia, ha la possibilità di aggiornare il proprio sistema operativo e grazie a ciò, implementa nuove funzioni con il passare del tempo, come stop della basale in previsione di ipo, interfacciamento con il Dexcom G6 e in futuro prossimo probabilmente Pancreas Artificiale. Il nuovo Omnipod potrà vantare le stesse caratteristiche ed essere in più senza filo?Che lei sappia ci sono in arrivo altri microinfusori patch?

Questa che mi fa è una serie di domande molto interessanti. Vorrei darle una risposta univoca. Il mondo del diabete è un mondo in  continua evoluzione e le differenti aziende stanno proponendo nuove soluzioni e questo non può essere che un bene per i pazienti che potranno beneficiare di nuove tecnologie che li aiuteranno a gestire meglio la loro patologia.
Posso dirvi che Dexcom e Insulet sono aziende all’avanguardia tanto è che la rivista Forbes le ha classificate rispettivamente 2° e 4° tra le compagnie più innovative del mondo, per cui i prodotti che verranno messi a disposizione della classe medica e dei pazienti porteranno un ulteriore vantaggio in termini di innovazione.

A breve arriverà in Italia il tanto atteso Dexcom G6. Che tempi si prevedono? Che prezzo avrà in rapporto al G5?

Come lei sa noi siamo i distributori di Dexcom per l’Italia e stiamo lavorando con l’azienda per portare quanto prima questa innovazione ai pazienti italiani, i tempi non sono ancora certi in quanto non dipendono solo dalla nostra volontà e da quella di Dexcom, ma sono vincolati anche alle tempistiche burocratiche e amministrative che occorre espletare per rendere disponibile un prodotto sul mercato italiano. Per quanto riguarda i prezzi al momento non sono stati definiti con precisione, ma sicuramente non si discosteranno dai prezzi del G5.

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

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Riflettori puntati su omega 3 e vitamina D

Parlano per DeeBee i responsabili dell'unico centro italiano che sperimenta lo "Studio Ricordi"

Dopo un recente accordo con il prestigioso Diabetes Research Institute della Università di Medicina di Miami (Florida) diretto dal Prof. Camillo Ricordi, nel servizio di Diabetologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera “Maggiore della Carità” di Novara alcuni pazienti vengono sottoposti a un particolare trattamento a base di vitamina D e omega 3. La sperimentazione ha suscitato grande interesse tra i genitori dei bambini affetti da diabete Tipo 1, ma anche tra adulti con esordio recente. Per dare risposte alle tante domande arrivate in redazione e nel nutrito gruppo chiuso di DeeBee in Facebook ci siamo rivolti direttamente al Dott. Francesco Cadario, Responsabile scientifico in DRI (Diabetes Research Institute) Clinica Pediatrica di Novara – Miami, IRCAD (Interdisciplinary Research Center of Autoimmune Diseases), Novara e alla Dott.sa Silvia Savastio, Clinica Pediatrica Dipartimento di Scienze della Salute Università del Piemonte Orientale, Responsabile del Servizio di Diabetologia Pediatrica AOU Maggiore della Carità, Novara.

In cosa consiste questo protocollo e com’è nato?

Il protocollo è nato da un’idea del Prof. Camillo Ricordi con cui ci siamo stati messi in contatto tramite pazienti e il nostro presidente AGD Novara Braga Fabio. Lo studio è rivolto a bambini ed adolescenti (da 1 a 18 anni) con diabete autoimmune, e propone una attenzione dietetica a cibi ricchi di omega 3 (pesce, semi li lino, etc), e una supplementazione per via orale con vitamina D e omega 3 (EPA e DHA). Lo scopo è sfruttare le proprietà antinfiammatorie degli acidi grassi omega 3 e immunomodulanti della vitamina D per cercare di prolungare la fase di luna di miele quasi sempre presente all’esordio di diabete Tipo 1. Abbiamo incluso gli esordi del 2017, 2016 e 2015, ed a fine 2018 avremo i risultati.

Poiché dopo l’esordio di diabete tipo 1, circa l’80% dei soggetti presenta una remissione transitoria della malattia, per cui si riduce la necessità di apporto insulinico sotto 0,5 U/Kg/die (cosiddetta “luna di miele“), agire in questa fase ci permetterà maggiormente di valutare se somministrare vitamina D e omega 3 preservi una secrezione autonoma di insulina. La vitamina D ha un ruolo di regolatore dell’immunità ed è spesso carente nei soggetti all’esordio; omega 3 hanno una azione antiinfiammatoria, e contrastano i mediatori dell’infiammazione, attivi effettori del danno indotto a livello delle insule pancreatiche. Per ora abbiamo solamente 2 pazienti che hanno terminato lo studio, a 12 mesi di supplemento, ed entrambi hanno un bassissimo fabbisogno insulinico, che permette un ottimo controllo del diabete con una somministrazione di solo 1-3 unità di insulina, somministrate in una sola iniezione serale. Ovviamente occorrono dati su una casistica di pazienti per avere significato, e poter valutare se veramente vitamina D e omega 3 siano di protezione, permettendo la persistenza della fase di remissione o “luna di miele”. Lo studio in corso avrà comunque una lettura preliminare, anche prima della conclusione ad un anno, appena raggiunta una numerosità sufficiente.

I due pazienti che hanno terminato lo studio, a 12 mesi di supplemento, hanno un bassissimo fabbisogno insulinico, che permette un ottimo controllo del diabete con una somministrazione di solo 1-3 unità di insulina

La miglior sede di confronto potrebbe essere il prossimo 20 aprile a Miami, Florida, dove si svolgerà un simposio sull’argomento (1st PreDiRe, Preventing Disease and its Recurrence in Type 1 Diabetes), in cui saremo presenti con i nostri dati preliminari confrontandoci con americani, canadesi, danesi e svedesi.

Oltre al vostro centro, ce ne sono altri in Italia dove questo protocollo viene seguito?

No, almeno come studio strutturato; ma alcuni soggetti, afferenti ad altri centri di diabetologia pediatrica, “replicano” la stessa supplementazione con vitamina D e omega 3.

Ha senso iniziare a sottoporsi al protocollo a distanza di anni dall’esordio?

Non possiamo escludere altri effetti, oltre a quello ipotizzato di un allungamento del periodo di “luna di miele”. Dobbiamo capire se una supplementazione potrebbe determinare anche un aumento/mantenimento del c-peptide, il cui incremento o mantenimento in minima quota è correlato a una riduzione delle complicanze legate al Diabete tipo 1.

L’obiettivo principale del protocollo è la diminuzione dell’infiammazione o quello di preservare più a lungo possibile la funzionalità delle cellule beta?

Entrambi: uno è l’effettore dell’altro. Lo scopo e la speranza è che riducendo l’infiammazione si riesca a preservare la massa beta cellulare e quindi la funzionalità e secrezione insulinica.

È possibile seguire questo protocollo per i bambini anche piccoli? In quale età?

Noi lo proponiamo a tutte le età, ma la percezione è che in soggetti con esordio prima di quattro anni i risultati sono scarsi. Va detto comunque che non tutti rispondono in maniera uguale o netta come i due casi descritti e riportati in Letteratura.

Come si svolge concretamente? Va fatto qualche trattamento in periodi prestabiliti?

Abbiamo iniziato lo studio negli esordi degli ultimi 3 anni, proprio per valutare se l’inizio a una diversa tempistica dall’esordio possa influire. Somministriamo vitamina D in ragione di 1000 U/ die e omega 3, con apporto di EPA + DHA di 50 mg/Kg/die.
Ricerchiamo un rapporto tra omega 6 ed omega 3 ottimale, in specifico Acido Arachidonico (omega 6) : EPA (omega 3) tra 1.5 e 3. Prima di iniziare la supplementazione eseguiamo una visita basale per sapere il fabbisogno insulinico di partenza e un prelievo ematico per valutare livelli di vitamina D, c-peptide, glicata, profilo lipidico, coagulazione e rapporto AA/EPA. Successivamente iniziamo la supplementazione con vitamina D e omega3. Valuteremo, poi, a distanza gli effetti della supplementazione su parametri metabolici e rapporto AA/EPA.

Quanto dura il trattamento?

La durata prevista è di circa un anno, entro il 2018 saremo in grado di dare dati più precisi, per definire se effettivamente si può trarre vantaggio dal nostro studio. Ovviamente la supplementazione dovrebbe persistere anche oltre.

Ci sono controindicazioni nell’assunzione massiccia di vitamina D e omega 3?

Ai dosaggi del nostro studio non ci sono rischi. Poiché esistono soggetti che hanno pur con somministrazione di 1000 UI di vitamina D valori persistentemente bassi, e poiché esiste una stagionalità, occorre una verifica del livello di vitamina D, soprattutto in fine inverno o inizio primavera per verificare che la vitaminemia D sia nel range 30-50 ng/ml. Una intossicazione da vitamina D si può avere per valori di gran lunga maggiori (>100 ng/ml) al nostro target. Omega 3 alle dosi di 50-60 mg/dl non comportano effetti collaterali. Non abbiamo avuto effetti avversi, solo una bambina ha presentato transitoria diarrea, rientrata dopo sospensione.

Che risultati si prospettano nella migliore delle ipotesi?

Non crediamo si possa parlare di guarigione. Non vogliamo dare farse speranze. Al momento abbiamo dalla nostra parte un paio di casi clinici, nostri pazienti che abbiamo di recente pubblicato. In particolare un bambino di 9 anni che da 24 mesi sta facendo solo insulina basale con ottimi risultati. Il nostro augurio è che riducendo l’infiammazione si possa protrarre il più a lungo possibile la fase di luna di miele, con minimi dosaggi di insulina (nella migliore delle ipotesi solo l’insulina basale) e buon controllo metabolico.

Se il genitore di un bambino appena dopo l’esordio, decidesse di sottoporre il proprio bambino al protocollo, cosa dovrebbe fare? A chi si dovrebbe rivolgere?

Dovrebbe parlarne al proprio Curante, ed una chiara presentazione qui nel sito di DeeBee potrebbe essere utile in questo senso. Non si può sopravvalutare i singoli casi di persistente remissione, ne sappiamo quanto questa durerà.

Ha senso sottoporre al protocollo anche fratelli o sorelle?

Direi proprio di no. Invece avrebbe sicuramente importanza migliorare lo stile di vita, alimentare soprattutto, in base alla regione di appartenenza (Nord, Centro, Sud) somministrare vitamina D, in gravidanza (terzo trimestre), e in tutta l’età pediatrica, adolescenza compresa.

Ci sono prodotti specifici per poter far assumere ai bambini o ragazzi affetti da diabete Tipo 1 più Vitamina D e omega 3? Intendo nella dieta quotidiana, oltre all’alimentazione (integratori o altro).

No non ci sono prodotti scientificamente migliori di altri: solo prestare attenzione ad utilizzare omega 3 purificati da tracce di piombo, mercurio, che sono inquinanti dei mari e purtroppo entrati nella catena biologica alimentare della fauna marina.

 

Per chi vuole approfondire

  • Cadario F, Savastio S, Rizzo AM, Carrera D, Bona G, Ricordi C. Can Type 1 diabetes progression be halted? Possible role of high dose vitamin D and omega 3 fatty acids. Eur Rev Med Pharmacol Sci 2017 Apr;21(7):1604-1609
    Abstract → ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28429367
    Lavoro integrale→ europeanreview.org/article/12416
  • Baidal DA, Ricordi C, Garcia-Contreras M, Sonnino A, Fabbri A. Combination high-dose omega-3 fatty acids and high-dose cholecalciferol in new onset type 1 diabetes: a potential role in preservation of beta-cell mass. Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2016 Jul;20(15):3313-8     Abstract→ ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27467009

Lavoro integrale → europeanreview.org/article/11250

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

Da Padre a padre, dico grazie all'autore per aver fatto sorridere la mia bambina. Ci ha relagato uno sprazzo di magia

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App Spike: neonata e già regina

Da pochissimo nel panorama delle app per la gestione del diabete è entrato un vento nuovo che questa volta arriva dal Portogallo. Si chiama Spike e, permettete il gioco di parole, spacca davvero. Per il momento si interfaccia con vari dispositivi tra i più moderni: Dexcom G4 e G5, BluCon, BlueReader, LimiTTer, Transmiter PL e anche con Miao Miao. L’artefice è Miguel Kennedy che abbiamo conosciuto proprio per presentarvelo.

Intanto grazie per averci concesso quest’intervista. Siamo curiosi di sapere qualcosa di lei, credo anche i nostri lettori.

Il piacere è mio e grazie a voi.

Mi sono sempre piaciute le scienze da quando ero piccolo: matematica, fisica, chimica, ecc. Ho avuto il mio primo computer a 16 anni e da allora mi sono innamorato della programmazione. A 18 anni ho studiato Ingegneria Informatica presso l’Istituto Superiore Tecnico di Lisbona, poi ho lavorato come programmatore per alcuni anni e ho anche insegnato. Nel corso della vita ho cambiato poi carriera e sono entrato nel campo della nutrizione e dello sport. Ho deciso di creare Spike per non lasciare perdute le mie conoscenze nel campo della programmazione. Mi riempie di gioia e mi rende felice poter dare il mio contributo alla comunità diabetica e di influenzare positivamente la vita delle persone.

C’è un motivo particolare che l’ha indirizzata verso la tecnologia applicata alla gestione del diabete?

Mi è venuto molto naturale. Ho sempre usato la tecnologia per tutto quello che faccio nella vita. Adottare un approccio più tecnologico alla gestione del diabete è stato per me un passaggio logico. Ho avuto l’esordio del diabete solo due anni fa e quindi avevo già un ampio background tecnologico da applicare alla mia gestione della patologia.

Com’è nata l’idea di Spike, l’app che sta spopolando e piace a molti?

L’accoglienza è stata travolgente e inaspettata. Spike è ancora un progetto “bambino”, rilasciato solo 3 settimane fa. Eppure più di 2.000 persone in 72 paesi ne fanno già uso.

Spike è nata grazie a Johan Degraeve. Un anno e mezzo fa Johan aveva creato un progetto chiamato iOSxDripReader facendo un lavoro incredibile e portando alcune funzioni xDrip core su iOS. Circa 6 mesi fa sono entrato in contatto con lui e ho iniziato a contribuire allo sviluppo di iOSxDripReader. In quel periodo ho anche iniziato a sviluppare una nuova interfaccia utente per l’applicazione. Lavorando proprio all’interfaccia utente, ho iniziato a cambiare parecchio codice in iOSxDripReader e ad aggiungere nuove funzionalità. Con il passare del tempo ho deciso di pubblicarla come un’altra app a parte, con un nome e un insieme di caratteristiche diverse e più mirate al grande pubblico.

Dopo il rilascio di Spike, ho invitato Johan a unirsi a me per svilupparla ulteriormente. E sono davvero molto grato ad averlo come mio partner. Il suo talento e la sua generosità verso la comunità diabetica sono una parte essenziale del successo di Spike.

In effetti si sperava che potesse accadere un giorno una fusione del genere, anche se sembrava quasi “fantascienza”. Invece è avvenuta, anzi già c’era prima del rilascio, in pieno spirito di cooperazione e solidarietà.

xDrip è una grande parte di Spike. L’algoritmo utilizzato da Spike per calibrare le letture della glicemia e connettersi ai trasmettitori di diverse marche è stato inizialmente sviluppato dal team xDrip e successivamente trasferito a iOS da Johan. Siamo tutti amici e ci parliamo regolarmente. Questo ci permette di condividere informazioni e discutere strategie su come portare funzionalità sempre più avanzate al pubblico. C’è un grande spirito di cooperazione tra sviluppatori nella comunità diabetica. Tutti sono sempre disponibili ad aiutare quando è necessario. La nostra collaborazione si concentra sulla ricerca di soluzioni per problemi di sviluppo comuni, ma ogni team è responsabile dello sviluppo delle caratteristiche per la propria app.

In cosa si differenzia Spike dalle altre app dello stesso genere?

Spike è un’applicazione sviluppata con la mentalità #WeAreNotWaiting. È fatta da diabetici per diabetici. Altamente integrata con la comunità diabetica open source, applicazioni e servizi. Il fatto che Spike non sia un’app medica ci dà più libertà per sviluppare caratteristiche che non sono ancora disponibili al grande pubblico. Ci sono troppe caratteristiche in Spike da elencare quindi invito tutti a visitare spike-app.com per saperne di più sull’app e chiedere un invito per provarla.

Quanto tempo avete lavorato per questo progetto: ho l’impressione che ora lei sia operativo quasi 24 ore al giorno.  Mi sbaglio?

Spike è stata sviluppata in circa 5-6 mesi di intenso lavoro. Potrebbe non sembrare molto, ma in realtà il tempo così breve è stato possibilie solo perchè si partiva da iOSxDripReader. Quindi direi che il tempo totale di sviluppo per rendere Spike una realtà sarebbe stato di circa 2 anni.

Ho un lavoro da mandare avanti, ma anche la fortuna di poter gestire in autonomia la mia attività. Quindi ho potuto “rubare” un po’ di tempo al lavoro per concentrarmi su Spike nel suo primo mese di rilascio in modo da poterla rendere il più stabile possibile e dare supporto ai nuovi utenti. Ora che Spike è usato da molte persone e la maggior parte degli utenti sono in grado di sostenersi a vicenda, io e Johan abbiamo più tempo per concentrarsi sullo sviluppo.

Quante persone lavorano con lei?

In questo momento Spike è sviluppata da Johan Degraeve e  me.

Sarà possibile sincronizzare i dati (database, impostazioni, letture) con un servizio Cloud personale, sicché in caso di perdita del cellulare, loggandosi con uno nuovo ed inserendo le credenziali, di possa continuare ad usarlo senza bisogno delle due ore di calibrazione e senza aver perso la cronologia?

Sì! Attualmente stiamo lavorando su questa funzionalità (e molte altre!). Sviluppare una funzionalità di questo tipo rappresenta una grande sfida, soprattutto perché vogliamo che le persone possano sincronizzare impostazioni e dati tra Spike e xDrip, ma lo sviluppo è già iniziato e siamo certi che presto saremo in grado di portarla ai nostri utenti.

Pensa di creare una versione Android che non sia una concorrente di xDrip, ma una continuazione del suo progetto sicché si possa alternare un cellulare android/iPhone senza cambiare o uscire dal mondo Spike. Una sorta di fidelizzazione sulle due piattaforme?

No, non è prevista. La comunità Android ha già una grande app, xDrip. Spike sarà disponibile solo sulla piattaforma iOS, ma poiché stiamo cercando di ottenere la sincronizzazione dei dati tra Spike e xDrip, gli utenti possono passare facilmente da iOS a Android e viceversa. Questo sembra essere un approccio migliore, almeno secondo la nostra visione. Permetterà agli utenti di avere tutti i benefici e ogni team di sviluppo potrà concentrarsi sulla propria piattaforma.

DeeBee ha realizzato un portale che da FreeStyle Libre (in CGM o non) esporta i valori dappertutto (smartphone Android e iOS, PC, tablet ecc). Tutto con estrema semplicità, perché nella nostra esperienza abbiamo visto che spesso le persone si fanno intimidire da tanta tecnologia. Avete in mente un progetto simile?

No, con le stesse caratteristiche, no… Attualmente Spike permette agli utenti di seguire altri utenti se il master carica i dati su un sito Nightscout e il follower ottiene i dati da quello stesso sito Nightscout. Spike può anche connettersi direttamente ad un altro Spike, senza Nightscout o connessione Internet, purché entrambi i Spike si trovino sulla stessa rete Wi-Fi. Stiamo progettando una nuova modalità che permetterà ai followeri Spike di seguire direttamente i master Spike (Spike to Spike), senza un sito Nightscout, anche se entrambi gli utenti non sono connessi alla stessa rete Wi-Fi. Stiamo attualmente ricercando e sperimentando soluzioni per realizzare questo obiettivo.

Lei ha dichiarato che Spike sarà per sempre gratuita e questo le fa un grande onore. Che riscontro ha avuto dalla comunità delle persone affette da diabete o da genitori di bambini affetti da diabete?

Il riscontro è stato incredibile. Ricevo tantissime mail e messaggi ogni giorno da parte degli utenti che mi dicono che Spike è stato di grande aiuto nella gestione del loro diabete e un molti feedback da parte dei genitori che utilizzano Spike sul telefono del loro bambino  per monitorare l’andamento glicemico. È molto gratificante sapere che Spike sta influenzando la vita delle persone in modo così positivo. Ne vale la pena. Spike è libero e sarà sempre libero e open source. È nato con lo scopo di contribuire alla comunità diabetica e raggiungere il maggior numero possibile di persone.

Impegni permettendo, verrà in Italia a parlarci quando organizzeremo un evento di DeeBee? Ci contiamo!

Certamente che si può fare. A un solo patto: dovete consentirmi di parlare in inglese, spagnolo o portoghese. Il mio italiano è orribile! :)
Vi ringrazio ancora. È un onore essere su DeeBee.it.

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

Da Padre a padre, dico grazie all'autore per aver fatto sorridere la mia bambina. Ci ha relagato uno sprazzo di magia

Ho pianto nel vedere la mia bimba felice  di leggere di una bimba come lei
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