Eppur mi son scordata di te!

Era il 17 febbraio del 2004.

Eppure oggi per la prima volta me lo sono scordato.
Che figata.
Me lo sono scordato!

Mi sono dimenticata del nostro anniversario, di quando è arrivato lui e mi ha cambiato la vita.
Mi ha cambiato i momenti, mi ha rubato la leggerezza, mi ha negato la possibilità di dimenticarmi. Dimenticarmi di misurare, rimisurare, iniettare, correggere, puntare tre sveglie in piena notte per misurare di nuovo, e magari correggere ancora.
Mi ha costretta a fargli spazio nella mia vita semplice di tredicenne, che semplice non poteva essere più, e quando ho finto di non conoscerlo mi ha presa a pugni per farsi più spazio ancora.

Mi ha ostacolata, mi ha fatta sentire diversa, di meno, inadatta. Ha rubato lo spazio dei pensieri felici, lo ha occupato con la forza, lo ha riempito di aghi, di buchi sulla pancia, sui polpastrelli, e tutti quei numeri, che davanti alla bellezza di una pizza in compagnia, io ci vedevo una strage, una notte insonne, tre correzioni, dieci misurazioni e due litri d’acqua. E la testa intanto esplode. E la rabbia sale, e mi divora lo stomaco, mi ruba l’innoceza di ragazzina, mi porta via i sorrisi, e il tempo. Mi fa bruciare rapporti, altri ancora si bruciano da sè perché maledetto, è così difficile spiegare, e poi trovare chi è disposto a capire!

Però sai che c’è stronzone?
Che il tempo è mio, e quando l’ho capito sono stata io a decidere come usarlo, e sei stato tu, che hai dovuto seguirmi.
Tu, sei entrato con me in redazione alle quattro del mattino e ti rugava da matti perché era il mio sogno e non il tuo, sempre tu, sei venuto con me su un volo di sola andata per Londra e hai provato a disfarmi (fallito!), e ancora tu, ti sei mangiato tante di quelle pizze che alla fine te le sei fatte piacere, ti sei fatto con me notti leggere, lavori impossibili, altre notti ancora insonni, momenti insostenibili persino per il mio cuore, ma te le sei fatte (tiè!). Ti ho portato con me, dappertutto, in ogni angolo di fegato e di mondo, per mano o per il collo, non saprei, ma è arrivato ad un certo punto il giorno in cui sono riuscita a guardarti con leggerezza, quella che mi hai rubato, la stessa che ti terrorizza. Eccola qua, prenditela, che ti piaccia o no, qua la strada la decido io. E l’ho decisa, e l’ho amata forte, e sono un’altra, e ti rispetto, persino con amore, ma i sogni sono i miei, i giorni mi servono. E poi, tu non ci crederai ma ti ringrazio, guarda un po’, ci metto amore, quello che a te spaventa perché sei un prepotente dispotico e l’amore non sai cosa sia. Che stupido! Me l’hai insegnato tu, senza volerlo!
Mi hai tolto il tempo, e io me lo sono donato.
Mi hai tolto il sorriso, e ti ho mostrato i muscoli (servono quelli per sorridere sai??).
Ti fanno schifo i cambiamenti, e io non ho fatto altro che cercarmi, cercare, e poi, cambiare.
Ma non l’ho fatto per te, l’ho fatto per me, per amore.
Un amore così grande che vedi, mi tocca pure ringraziare, perché poi, senza di te, senza il dolore che mi hai sbattuto in faccia senza pudore, chissà se avrei imparato mai ad amare, ad AMARMI, così forte.
Stamattina mi sono dimenticata del nostro anniversario.
Perché tu sei importante sì, e io ti rispetto, ma rispetto te solo perché rispettarti equivale ad amare me. E amare me, così tanto, significa che non sei in prima fila, e ti scoccia parecchio ma a me non interessa, e tu lo sai, che questo è un lusso che posso concedermi e tu qui non puoi nulla.
E parlo di te, ma solo quando serve, per il resto io ti porto dentro, ti vivo ogni giorno, oggi persino ti ringrazio, ma non fai più male.
Che io so che ci sei, e che non potendo scegliere, ci sarai, ma a volte, per amore, con leggerezza, che non è incoscienza ma piena consapevolezza, lo dimentico.

Auguri.
Hai scelto me.
Stammi dietro ❤

(Quattordici anni, di Diabete di tipo 1, e di un amore che vorrei bastassero le parole a spiegare)

                                                                                                                          Giulia Labriola

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