Quando mi risponde che ce l’aveva pure sua nonna, sento come una sorta di malessere all’altezza dello stomaco.
Eppure ci dovrei aver fatto l’abitudine, perché me lo dicevano pure quando avevo 13 anni, che ce l’aveva pure la zia, che pesava più di 90 kg, o il nonno, che però si era sistemato quando aveva smesso di mangiare l’intero barattolo del gelato Sammontana e la trippa prima di andare a letto.
Allora mi sentivo su un altro pianeta, anzi, mi sentivo un altro pianeta.
Ieri un signore allo sgambatoio mi ha detto che ce l’ha pure suo figlio, sui 50, che lui non fa né le iniezioni né prende le pastiglie, ma che una mattina se l’ era trovata a120!
Non è più senso di estraneità, quello che provo ora, è l’avvilente impressione di essere all’anno Zero.
Magari la gente lo dice per farti sentire meno solo
o per farti capire che qualcosa ne sa
o per dire qualcosa, che il silenzio fa paura.
È per questo che lo racconto, da sempre, che ne scrivo, da ancora prima: per fare qualche passo avanti rispetto all’anno Zero.
Per dare un senso a una lettera molto vicina a un numero.
‘T1’.