In casa DeeBee cerchiamo sempre di riportare le notizie relative ai nuovi progetti senza campanilismi, nel rispetto dei ruoli e offrendo spunti da varie prospettive. In quest’ottica, a seguito della bocciatura sonora dei sistemi open source da parte della prof.ssa Ivana Rabbone, vicepresidente SIEDP, nel secondo atto ospitiamo le opinioni di Elena Romito, un’utente italiana che, lo scopriremo insieme in questo articolo, utilizza un Pancreas Artificiale fai-da-te – quindi open source – con grande soddisfazione.
Elena Romito, classe 1991, T1 dal 1997. Laureata in scienze economiche. Al momento svolge attività di ricerca, come dottoranda, presso la scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Il suo attuale lavoro consiste, principalmente, nell’identificazione del rapporto che intercorre tra innovazione medica e proprietà intellettuale. Conduce la sua indagine per mezzo di analisi empiriche, basate su diverse tecniche econometriche. È un’entusiasta utilizzatrice di AAPS.
Lei si ricorda come ha accolto e cosa ha pensato inizialmente di Nightscout? L’ha consigliato o sconsigliato ai genitori del suo centro? All’inizio, come Lei ben saprà, queste soluzioni, anche le migliori, hanno avuto vita dura e molte difficoltà di diffusione…
Non essendo un medico, faccio un po’ di fatica a rispondere a questa domanda. In generale, penso che Nightscout rappresenti una vera e propria rivoluzione nell’ambito del trattamento del diabete. Personalmente ho scoperto dell’esistenza di Nightscout non più di anno fa, alla veneranda età di 26 anni, e ricordo di aver pensato a mia mamma, agli stick nella stanzetta di servizio della mia scuola elementare e alle tantissime notti passate con lei nel “lettone” matrimoniale. E poi ho sorriso.
Parliamo di somministrazione dell’insulina a distanza, il cosiddetto “bolo remoto”. L’app AndroidAPS permette di comandare il microinfusore da lontano: somministrazione del bolo e modifica della basale si possono comandare via SMS e vanno a sostituire di fatto “la telefonata e la mano” dell’insegnante a scuola o dei nonni. Come ritiene questa pratica?
Ecco, l’app AndroidAPS (da ora in poi AAPS) la conosco bene invece. Ho studiato come è nata e come funziona, ho ascoltato i pareri di chi la utilizza da un po’, ho letto vari studi che sono stati condotti in merito e, visti gli esiti inequivocabilmente positivi, ho deciso di iniziare ad usarla.
In questa domanda mi si chiede di esprimere un parere su una specifica funzione incorporata in AAPS, cioè il controllo da remoto del microinfusore. Ok, la mia risposta conclusiva è che questa funzionalità è davvero in grado di migliorare la vita di tanti, tantissimi, T1 e T3. Però arriviamoci per gradi e proviamo a rispondere a qualche perplessità che potrebbe sorgere nei pensieri di chi, ancora una volta, questa app non l’ha studiata e non la conosce.
Innanzitutto: “Come funziona il controllo remoto?” Beh, più o meno le cose stanno così: il bambino deve avere con sé uno smartphone, che comunica sia con il sensore che con il microinfusore. A questo punto, il genitore, dopo aver osservato i valori glicemici può decidere di intervenire da casa, dal supermercato o dal posto lavorativo inviando un SMS che, per esempio, può interrompere la basale se si vede che i valori sono in discesa. Ora, le domande che uno che non conosce la funzione pump control di AAPS potrebbe fare sono sostanzialmente due:
- Cosa succederebbe se una persona qualunque decidesse di fare uno scherzo a mio figlio\a e, mandando un messaggio, per esempio, “sparasse” un bolo?
- Cosa succederebbe se il genitore o il nonno, magari anche per distrazione, sbagliasse a mandare il comando?
Ok, rispondiamo:
- A parte che se una persona, per scherzo, decidesse di iniettare insulina ad un bambino, non sarebbe una persona qualunque, ma un criminale malato di mente; a parte questo, dicevo, la prudenza non è mai troppa e, infatti, non sarebbe in alcun modo possibile che una persona non autorizzata controlli da remoto il microinfusore in questione. Infatti, il cellulare del bambino può essere accoppiato solo ad una serie molto limitata di contatti autorizzati a procedere con l’operazione.
- Per il genitore o per il nonno sarebbe estremamente difficile sbagliare e, se pure accadesse, sarebbe possibile correre immediatamente ai ripari dell’errore commesso: vi spiego perché. Affinché il sistema funzioni, il numero autorizzato deve mandare un messaggio codificato (e.g. per inviare il un bolo si scrive “Bolus 1”) e se lo si scrive anche solo leggermente diverso, il sistema non funziona (quindi se per esempio si scrive “bolus” utilizzando la minuscola, niente di fatto). E va bene, ammettiamo pure che il nonno, per sbaglio scriva il messaggio perfettamente codificato e faccia partire il comando. A questo punto il sistema chiede una conferma ulteriore per essere proprio sicuro sicuro sicuro che quello che farà è quello che il nonno vuole fare veramente e, quindi, invia automaticamente un SMS di risposta che ti dice che, se davvero vuoi fare un bolo, devi rispondere a quel messaggio con il codice (diverso di volta in volta) scritto nell’SMS. Ora, i codici sono del tipo “gtr” “tjk” “nzt” e devi scriverli esattamente come il sistema ti dice di scriverli. Non so a voi, ma a me sembra estremamente più probabile che il povero nonno commetta un errore nel dosare l’insulina quando utilizza una penna o quando imposta un bolo direttamente sul microinfusore, rispetto al caso in cui questo benedetto bolo è fatto da remoto.
Quindi, funzione control pump di AAPS per me è approvata a pieni voti!
Visto l’argomento, è inevitabile non passare a un gradino più alto: ai sistemi definiti “Closed Loop” open source (o, per gli amici, “Pancreas Artificiali”) che promettono di gestire autonomamente la glicemia del paziente diabetico. Loop e AndroidAPS, nello specifico, modulano il rilascio di insulina sulla base di andamento glicemico, IOB, attività fisica e carboidrati ingeriti. Tutto non ufficiale, quindi a rischio e pericolo del paziente. Ma è una realtà, sempre più allargata e numerosa, e la controparte “ufficiale” (diabetologi, case farmaceutiche, ecc. ecc.) non possono far finta che non ci sia.
Perché in Italia non si parla del Pancreas Artificiale fai-da-te, certamente con tutte le precauzioni e le attenzioni del caso?
Oh, finalmente siamo arrivati al punto più bello della storia! Io qui spenderei più di qualche riga per spiegare come funziona un sistema “closed loop” (tipo AAPS), ma rischierei davvero di diventare troppo prolissa e, forse, di andare fuori tema. Quindi, sorvolo sulle questioni tecniche (che però potete trovare qui) e passo a raccontarvi un po’ come la vedo io.
Partiamo dall’inizio: questi sistemi nascono da progetti Open Source che spesso vengono definiti come fai-da-te (Do It Yourself, in inglese). Bene, io credo che definirli sistemi fai-da-te sia necessario, ma parecchio riduttivo. Necessario perché essendo sistemi non ufficiali (i.e. non approvati dalla FDA) si deve far passare il concetto che se li utilizzi, è perché li hai creati tu, autonomamente, e dunque sei tu l’unico responsabile in caso di malfunzionamento. Riduttivo perché, non so a voi, ma a me il “fai-da-te” fa pensare per lo più a cose tipo il bricolage o, se applicato in ambito “medico”, a cose tipo la tisana della nonna per curare il raffreddore o il dentifricio per far sparire i brufoli (che tra l’altro funziona benissimo). Ecco, quando si parla di sistemi “closed loop” open source, la storia è totalmente diversa per una serie interminabile di motivi. Innanzitutto, l’algoritmo -che, per dirla in due parole, controlla l’erogazione della basale adattandola continuamente alle esigenze del paziente e facendo sì che i valori glicemici restino sempre intorno ad un target prestabilito- è stato sviluppato collettivamente da programmatori, ingegneri ed informatici molto informati sul diabete in quanto direttamente coinvolti. Ora, io voglio un sacco di bene a mia nonna, ma sono abbastanza certa che la sua tisana non sia il frutto di anni di lunga e faticosa ricerca. Poi, queste persone, questi esperti, hanno deciso di rendere il progetto open source e di continuare a migliorarlo negli anni, mese dopo mese, giorno dopo giorno dopo giorno. Sì, perché la regola aurea di questo processo innovativo (perché è di un processo innovativo che si tratta) è che ogni miglioramento completo viene condiviso e ogni miglioramento potenziale viene proposto, valutato, testato ed eventualmente condiviso. E così facendo, giusto per fare un esempio, si è arrivati al punto in cui, ad oggi, con la funzione SMB (Super micro Bolus) prevista da AAPS è possibile fare una stima solo approssimativa, non precisa, dei carboidrati che si assumono, comunicarla al sistema e lasciare che l’algoritmo, tramite una serie di micro boli, appunto, gestisca il tutto.
E sufficiente comunicare all’applicazione AndroidAPS una stima approssimativa dei carboidrati che si assumono e lasciare che l’algoritmo, tramite una serie di micro boli, gestisca il tutto.
È chiaro, a questo punto, che un sistema così fluido e dinamico, difficilmente può rientrare in uno schema rigido e strutturato come quello previsto dalle autorità di regolamentazione, la FDA, prima tra tutte. Quindi, va bene, il sistema non è ufficiale. A tal proposito, però, io mi sentirei di fare una precisazione: per ottenere l’autorizzazione si devono presentare i risultati di una serie di test statistici, detti randomizzati e controllati, alla FDA che poi deciderà se approvare o meno il nuovo prodotto, o la nuova tecnologia.
Ma cos’è, di fatto, un test randomizzato e controllato? Un test si dice controllato quando è condotto su un gruppo di soggetti molto simili tra di loro, in termini di caratteristiche osservabili e non. Poi, un test si dice randomizzato se all’interno di questo gruppo di persone si scelgono a caso (randomicamente, appunto) i soggetti a cui somministrare la nuova tecnologia. Quindi, coloro che sperimentano la tecnologia vengono detti trattati, gli altri costituiscono il gruppo di controllo. Alla fine del periodo del test si confrontano i risultati ottenuti dai due gruppi e si stabilisce l’eventuale efficacia dell’innovazione. La FDA, dunque, acconsentirà o rifiuterà l’approvazione sulla base di una evidenza “meramente” statistica. Questo è importante per proseguire con il discorso, perché, è bene chiarirlo subito, AAPS, non ha l’approvazione della FDA (perché, ripeto, la sua natura fluida non collima con la struttura rigida dell’autorità di regolamentazione), ma è inattaccabile dal punto di vista strettamente statistico, che poi è lo stesso criterio che usa la FDA per approvare. Infatti, se da un lato è vero che non sono stati fatti test randomizzati e controllati per valutare l’efficacia di AAPS, dall’altro esiste un’evidenza empirica robusta, supportata da dati ad alta frequenza e osservabili nel tempo, che ci fornisce una inequivocabile prova statistica dell’efficacia della tecnologia stessa. Ed esistono tanti studi scientifici che fanno esattamente questo: provare statisticamente che il sistema produce risultati significativi e positivi. Le tecniche utilizzate non sono quelle dei randomized control trial, ma, parola di econometrica, almeno altrettanto valide. Quindi, per concludere, ufficiale implica (o dovrebbe implicare, ma vabbè, lasciamo perdere che qui il discorso si farebbe troppo lungo) “statisticamente valido”, ma non ufficiale non implica “statisticamente non valido”. E per fortuna, nel caso di AAPS (a differenza del mio adorato dentifricio), abbiamo abbastanza evidenza scientifica per affermare il contrario!
Ok, mi sono persa in chiacchiere e nonostante le mie dichiarate buone intenzioni, mi sa che sono uscita un po’ fuori tema. Ora, rileggendo la domanda, mi accorgo che dopo cotanta prolissità non ho neanche risposto. Mi chiedevate, in sostanza, perché in Italia non si parla ancora di queste cose. Eh, bella domanda, ma io una risposta chiara in mente non ce l’ho e, credetemi, io me lo chiedo spesso quale sia il motivo per cui io sia costretta ad usare AAPS quasi clandestinamente, sperando che i rappresentati commerciali del mio microinfusore non se ne accorgano, mentre all’estero (non ovunque, eh) lo stesso microinfusore è espressamente dichiarato essere sottoposto a garanzia anche se utilizzato in loop. Io non lo so il perché questo accade, diciamo così.
Secondo lei è prematuro in generale, o soltanto pericoloso a livello medico (basti pensare all’allarme hacker lanciato tempo fa)?
E dai però, così non vale! Io ho cercato di evitare in tutti modi – perfino arrivando a parlare di noiosissimi modelli statistici – di lasciare intendere che, secondo me, uno dei motivi per cui in Italia non se ne parla è di natura economica. Ho fatto questo sforzo immane per non correre neanche il minimo rischio di essere additata come una complottista che vede nelle multinazionali Biotech il male assoluto (non è assolutamente questo quello che penso!!) e voi che fate? Mi chiedete di commentare l’atteggiamento di chi sconsiglia sistemi tipo AAPS perché potenzialmente soggetti a rischi di hackeraggio? Ok, la mia risposta è che la trovo un’argomentazione abbastanza fantasiosa e (questa sì) al limite del complottismo. E per capirlo basterebbe vedere come effettivamente avviene la condivisione del codice che permette di creare l’app. Allora, il codice è online ed è accessibile a tutti. In particolare, è su un repository di GitHub dove gli sviluppatori rilasciano le varie versioni (testate e controllate). Queste versioni non sono in alcun modo modificabili online se non dagli sviluppatori stessi. Diventano potenzialmente modificabili solo dopo essere state clonate su un computer e quindi eventuali modifiche sarebbero solo a titolo personale, senza interferire minimamente con la versione disponibile online. Ora, la cosa che, tecnicamente, potrebbe succedere è che qualcuno molto molto male intenzionato, decida di hackerare il telefono dove io ho salvato la mia personale versione di AAPS oppure il mio microinfusore (cosa che, tra l’altro non avrebbe nulla a che vedere con AAPS), ma il rischio di un attacco terroristico sui diabetici, onestamente, continuo a percepirlo come un rischio di gran lunga inferiore a quello molto più alto di ipoglicemia grave, che sarebbe esponenzialmente più elevato in assenza del sistema open source.
Abbiamo cercato testimonianze di chi usa felicemente e con grandi soddisfazioni il Closed Loop open, che riportiamo qui, e abbiamo visto curve glicemiche da fare invidia. Lei cosa ne pensa, dopo aver letto le parole di genitori e pazienti?
Beh, che posso dire: io è da circa due mesi che utilizzo AAPS in closed loop e non posso fare altro che aggiungermi al coro di chi grida a gran voce che è una cosa pazzesca. Ho letto le testimonianze che avete riportato e, vi giuro, se le avessi lette qualche mese fa, avrei pensato che fossero cariche di un’enfasi farlocca. Che sì, magari un sistema tipo AAPS poteva migliorare un po’ le cose, ma che ti permettesse di dormire tutta la notte? Che costituisse un cambiamento radicale nella gestione del diabete? No, a quello non ci avrei creduto. Poi l’ho provato e mi sono dovuta ricredere. Allora facciamo che ci provo anche io a dare una testimonianza, breve e concisa, che in poche parole possa far capire di che entità è stato per me il cambiamento legato all’introduzione di AAPS.
In che modo AAPS mi ha cambiato la vita
Ho il diabete da 22 dei miei 27 anni e, da sempre, correggo le ipoglicemie con la Coca-Cola. Ne ho sempre una bottiglia sul comodino, senza non riesco proprio a dormire. Beh, l’altro giorno il mio ragazzo prende la bottiglia (che era già aperta), si assicura che c’è abbastanza coca-cola dentro da poterne bere un sorso senza che io rimanga “scoperta”, fa un sorso e… e niente, corre a sputarla. Quando torna in camera mi chiede se avessi intenzione di ucciderlo e io, un po’ divertita e un po’ emozionata, gli dico che no, non stavo tramando nessun piano malefico, è solo che quella Coca-Cola mi sa che era andata a male. Era lì, aperta sul mio comodino da più di trenta giorni, non mi era mai servita e lei, giustamente, era scaduta. Non mi era mai successo di far scadere una Coca-Cola prima d’ora. Dopo l’incidente casalingo, ho comprato una nuova bottiglia ed ora è lì, sul comodino, ancora chiusa.
Secondo lei perché questi sistemi fai-da-te fioriscono soprattutto all’estero?
La risposta più intuitiva è che Dana Lewis (prima ideatrice di openAPS) e molti altri sviluppatori risiedono all’estero, però non è solo quello. Partiamo proprio da Dana Lewis, lei dichiara che tutto il suo progetto è nato dal bisogno di rendere il volume degli allarmi del Dexcom più alto perché, a quanto pare, dorme sonni molto profondi. Racconta di aver chiamato svariate volte il servizio clienti per provare a risolvere il problema, ma senza mai ottenere un esito positivo. A questo punto, ha semplicemente deciso di provare, lei stessa, ad apportare delle modifiche che le permettessero di alzare il volume. Nel giro di poco, poi, ha modificato anche il suo microinfusore (un vecchio Medtronic) fino ad arrivare al punto in cui è tornata a non sentire più gli allarmi di notte, solo che ora il problema non è più il volume, è che quegli allarmi non hanno più motivo di suonare! Ora, secondo me questa storia è abbastanza esplicativa e se, in parte, è sicuramente riconducibile alle innegabili capacità di Dana, d’altro canto, credo che anche il sistema sanitario di riferimento giochi un ruolo fondamentale. Noi, nonostante le storture del nostro SSN, siamo fortunati; basti pensare che in America c’è chi muore perché non può permettersi di comprare l’insulina e chi non ha mai messo piede in un reparto di diabetologia perché non ha abbastanza risorse da poter pagare una visita. Nel caso italiano, per fortuna, questo non succede. Il rovescio della medaglia è che diventiamo inevitabilmente meno flessibili. Sia ben chiaro: io non penso che, in termini assoluti, questo sia un male. Resto fermamente convinta che il parere, e in certi casi anche l’imposizione, di un medico competente sia fondamentale nella gestione del diabete così come di tante altre patologie. Quello che sto cercando di dire è che se si vive in un paese dove il sistema sanitario funziona così bene da rendere semplicemente inconcepibile che una persona possa spendere 5000 euro per autofinanziarsi un microinfusore, è inevitabile che la sola idea di modificare quel prodotto a rischio di romperlo diventa inaccettabile. Se, invece, vivi in un paese che ti costringe a comprare tutto, quel tutto lo percepisci come una cosa che puoi trattare come vuoi perché l’unica ricaduta in caso di malfunzionamento sarebbe sul tuo portafoglio. Quindi, in quest’ottica, il fatto che spesso questo genere di tecnologie nascano oltreconfine, non è per forza da ritenersi un male. Credo anche, però, che l’avere un sistema sanitario più dignitoso di quello che si ha in molte altre parti del mondo, non possa costituire un alibi per restare immobili. E questo, purtroppo, è quello che mi sembra stia avvenendo. In altre parole, noi oggi abbiamo un problema di accettazione e diffusione di un qualcosa che si è sviluppato secondo delle logiche che si rifiutano a priori, senza provare a comprenderle veramente.
In relazione ai sistemi Closed Loop fai-da-te che, ricordiamolo, comandano il microinfusore e infondono insulina automaticamente, secondo lei, questi possono essere usati:
A) Da chiunque
B) Con cautela, solo da pazienti adulti e illuminati
C) Con cautela, anche su minorenni, da genitori illuminati
D) Non dovrebbero essere mai usati, da nessuno
E) Altro (specificare)
La risposta istintiva che, a prima vista, pensavo di dare a questa domanda è “Con cautela, anche su minorenni, da genitori illuminati”. Poi, però, mi sono presa un attimo per rifletterci su e ho cambiato idea: ora la mia risposta è “Altro”. Allo status quo, ciò che rende queste tecnologie veramente criptiche è la parte della “procedura informatica” necessaria per creare l’apk dell’app che poi dovrà gestire il loop. In quest’ottica, dunque, sarebbe senza dubbio opportuno che il genitore o il paziente fossero almeno un po’ “tecnologicamente illuminati”. Una volta superato questo limite tecnico (e questo può avvenire, ad esempio, tramite l’aiuto di un amico un po’ più esperto) e, dunque, una volta creato l’apk dell’app, io credo che quest’ultima possa essere utilizzate da chiunque abbia la voglia e la pazienza di imparare a gestirla. So che potrebbe sembrare un’affermazione esagerata, ma pensate ad esempio al Medtronic 670G: è quello un prodotto che può essere utilizzato da tutti o no? Beh, in teoria la FDA lo approva per il trattamento del diabete, senza scendere nel dettaglio di quelle che dovrebbero essere le caratteristiche del singolo utilizzatore. Questo, però, non vuol dire che imparare a gestire un 670G è una cosa banale: bisogna dotarsi di una buona dose di pazienza per individuare i propri parametri (sensibilità insulinica, tempo di assorbimento dei carboidrati, ecc.), per stabilire un profilo basale giornaliero il più accurato possibile, per capire quali sono le circostanze che mandano in tilt il sistema e così via. Insomma, Medtronic 670G è un prodotto che deve essere studiato accuratamente affinché funzioni bene e, secondo me, lo stesso vale per i sistemi closed loop open source.
Da zero (bocciate, assolutamente contrario) a dieci (promosse a pieni voti, assolutamente pro), quanto considera papabili tutte queste soluzioni open source applicate al diabete?
Il mio voto è 10, ma senza lode. Sì, senza lode perché sono certa che nell’arco di poco tempo questi sistemi saranno ancora più efficaci e funzionali e, se io ora dessi anche la lode, poi come farei a rispondere alla stessa domanda tra qualche mese? Va beh, diciamo pure che le probabilità che mi farete la stessa domanda tra qualche mese sono molto basse, quasi nulle. E allora do anche la lode, e pure l’encomio. E poi vorrà dire che semmai doveste chiedermelo di nuovo, darò 11.
Nota di DeeBee. Abbiamo riportato le impressioni (non mediche) di chi utilizza un Pancreas Artificiale fai-da-te tutti i giorni 24 ore su 24. Sappiamo che la comunità scientifica ha pareri sovente di altro avviso e siamo aperti a ogni parere: aspettiamo in redazione la voce di altri medici o utilizzatori illuminati, presso il nostro indirizzo email info@deebee.it
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