Spesso siamo noi tre in casa da soli.
Ci facciamo compagnia. Io mi curo del mio amore biondo. Lui si cura di me, del mio cuore. Quell’altro, il piccolo nero, si cura di tenermi in allerta. Mi mostra il sangue quando io faccio altro. Di notte, in genere, l’amore biondo dorme. Il nero spesso urla e mi obbliga a muovermi, in pigiama, tra zuccheri e insulina. Mi fa piacere che il biondo dopo tanto tempo si sia abituato alle urla del neretto e alle mie levate notturne prive di senso. Rimane accoccolato godendosi il riposo del giusto.
In appartamento rimaniamo tutti e tre vicini. In cucina facciamo le faccende di casa insieme. Al massimo qualche metro di distanza l’uno dall’altra, in un triangolo quasi amoroso. Quando sono in doccia il biondo incolla il culo al pavimento a fissare la tenda bagnata, l’altro mi aspetta sul lavabo. Anche fuori, si viaggia all’interno dello stesso metro quadrato. Solo al lavoro quello peloso non può accompagnarmi, mentre la mattonella si mette in pole position sulla cattedra. Sono le occasioni in cui urla di più.
È un trio che funziona più o meno bene. Placo l’odio che a volte provo per il piccolo giudice nero con l’infinita tenerezza per il morbido amico chiaro.
E se tante volte la scatoletta mi rivela che dentro di me c’è un mondo che non funziona, gli occhi dell’altro mi ricordano che dentro di me c’è un universo che va alla perfezione.
