Riceviamo e pubblichiamo il quesito posto da A., mamma di una bimba affetta da diabete mellito 1.
Buongiorno Dott.ssa,
sono la mamma di S., 7 anni e con diabete di tipo 1 da due anni.
Ho un problema: la piccola lamenta dei giramenti di testa da una ventina di giorni. Con il diabetologo abbiamo fatto tutte le visite neurologiche (ed è tutto a posto), la visita oculistica è ok; secondo lui è un vezzo della piccola. Ho voluto aspettare l’inizio della scuola per vedere se abbandonava questo vezzo, visto che magari poteva essere distratta da altro, ma niente, anche a scuola dice alle maestre in continuazione che le gira la testa.
Il fatto è che nell’arco di un’ora lo dice almeno sei volte, dice: “MI GIRA LA TESTA MA MI SENTO BENE“… Il “mi sento bene” abbiamo capito che lo dice per farci capire che non lo associa alla glicemia, del tipo: mi gira la testa, ma la glicemia è ok, inoltre dice di avere pensieri brutti, che ha paura di morire (per una bimba di sette anni mi sembra un pensiero troppo forte).
Sono nel pallone più totale, non so come comportarmi, cosa fare e cosa dire. Ho paura che possa essere associato alla malattia. HELP!
Grazie mille A.
LA PSICOLOGA RISPONDE
Buongiorno A,
potrebbe essere utile allargare la nostra lente d’ingrandimento al fine di osservare la situazione da più punti di vista.
È del tutto normale considerare il diabete come centro da cui far partire vari ragionamenti e pensieri. È ugualmente importante però considerarlo al pari di altre variabili, quantomeno per avere un quadro più completo e rispondere al meglio alle esigenze del momento.
Avendo escluso un’origine fisica del sintomo, per prima cosa provate a porvi alcune domande volte a comprendere meglio gli antecedenti del comportamento e da cosa esso viene rinforzato, facendolo così persistere nel tempo. Ad esempio: ci sono stati eventi significativi concomitanti all’esordio del comportamento? Si verifica in presenza di chi prevalentemente? Fuori casa o a casa? In situazioni di stress o anche di relax? Che cosa succede nel momento in cui viene comunicato il malessere? C’è preoccupazione? Viene negato (del tipo: “non è niente”)? C’è nervosismo? Chi si attiva? Cosa succede dopo? Riprende la routine normale o cambia qualcosa?…e così via... questo per fare il punto della situazione ed eventualmente notare delle ricorrenze su cui centrare l’attenzione.
Dall’osservazione passiamo in un secondo tempo all’azione, ovvero alle comunicazioni: quando la bambina riferisce il sintomo potete con tranquillità sedervi assieme un momento e ragionare su ciò che sta accadendo. La conversazione potrebbe essere grosso modo questa: “Adesso mettiamoci qui insieme e raccontami cosa senti…ti credo e penso che questa sensazione non sia molto piacevole. Nonostante non sia tanto bello che ti giri la testa, ho la certezza che non ti succederà nulla, sei al sicuro e tra poco starai nuovamente bene. A volte il nostro cervello ci fa degli scherzetti: ci dice che stiamo male fisicamente, ma, anche se proviamo davvero quel malessere, magari siamo agitati, pensierosi, impauriti, emozionati. Quello che puoi fare è raccontarci quando non stai bene in modo da non essere sola e poter contare su una vera e propria squadra. Adesso sai cosa diciamo al tuo cervello? Smettila di far girare tutto!”.
Gli obiettivi da tener presenti sono: accogliere il disagio e riconoscerlo senza minimizzarlo, rassicurare e dare delle certezze relative alla risoluzione dell’episodio, fornire delle spiegazioni e delle strategie per affrontarlo (anche ironizzando e alleggerendo la situazione).
In bocca al lupo e aggiornaci se lo desideri.
Dott.ssa Manuela Zavattoni
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