Ci penso solo ora, dopo 31 anni, che ho una vita parallela in cui il diabete 1 non esiste. Nei sogni non è mai entrato, nella vita onirica non mi ha toccata.
Entrano subdoli i suoi sintomi: i primi tempi la sete delle iperglicemie si trasformava in acqua irraggiungibile o inconsistente, in ingannevoli distese blu senza sollievo. Le ipoglicemie notturne si manifestano ogni volta in sogni melmosi e angoscianti, in labirinti di disagio senza uscita. Nei sogni la paura per le visite agli occhi si è concretizzata più volte in foglie incollate sulle pupille di mio padre. Ma il diabete, il suo brutto nome dolciastro, le iniezioni, le prove glicemiche, il cibo computato con calcoli fallibili, lo scorrere della quotidianità in iperglicemia o ipoglicemia, tutto ciò non è mai entrato nei miei 31 anni di sogni da diabetica.
Lì, dove i tempi si confondono, i confini dell’ io si sovrappongono, i motivi si travestono, non c’ è posto per lui e io sono solo tutti gli altri aspetti di me.
Le mie notti sono spezzettate dagli allarmi del sensore, da spuntini forzati, da iniezioni correttive. Ma quando riprendo miracolosamente il sonno ti chiudo fuori, balorda d’ una malattia.