Amadeus ha fatto “barba e capelli”. Ai diabetici di tipo 1.

Prevenire il diabete si può, parlane con il tuo medico!” Questa frase la sentiremo per parecchio nei canali radio e tv della Rai, in Internet e chi sa per quanto tempo girerà come scheggia impazzita a fare danni.

È la frase finale di uno spot per la Campagna del Ministero della Salute per la prevenzione del diabete. Sarebbe stata anche utile questo messaggio in un paese dove circa tre milioni di persone soffrono di diabete Tipo 2. Se solo qualcuno si fosse preoccupato di specificarlo. Una di quelle decine di persone che sicuramente hanno avuto per le mani il progetto. Sarebbe forse bastato un dubbio, una voce contro per non distruggere in meno di mezzo minuto, il lavoro infinito di informazione che si fa da anni sul diabete 1. Per non cancellare in un battibaleno i miliardi di volte che adulti affetti da diabete Tipo 1 o genitori di bambini con la stessa patologia ripetono come un mantra “mio figlio non si è ammalato perché ha mangiato male o tanti dolci”, “è una malattia autoimmune”, “non si guarisce e non si poteva prevenire. Ma come no? Lo dice la Rai, il Ministero della Salute nel suo spot istituzionale, lo dice Amadeus mentre fa due chiacchiere dal barbiere. E chi sa perché, invece di parlare del tempo impazzito o della squadra del cuore, nello spot racconta che deve fare uno spot sul diabete. E svela che può essere prevenibile. Un contorto gioco di specchi che emana una luce brutta (come quelle usate per realizzarlo) e sbagliata, una micidiale lama negli occhi per chi deve fare i conti con il diabete di Tipo 1.

Aggiornamento. Presumibilmente a fronte delle innumerevoli mail e telefonate ricevute, il Ministero della Salute ha rimosso il video oggetto di questo articolo, sostituendolo con un video identico, fatta salva la didascalia, aggiunta in testa e in coda allo stesso, riportante la scritta: “Campagna di comunicazione per la prevenzione del diabete di tipo 2”.
Fermo restando che per un normoglicemico che non conosce il diabete, leggere “tipo 2” non dirà nulla, la didascalia ora inserita – una toppa – ha un peso mediatico irrisorio rispetto alla potenza dello spot. A nostro avviso, il minimo sindacale per raddrizzare il tiro, sarebbe l’inserimento di una didascalia più chiara, che richiami al “diabete che compare in età adulta”. Più in generale, comunque, riteniamo che la clip sia da rifare.
Invitiamo i nostri lettori a scrivere ancora una volta al Ministero,  telefonando al numero 0659941 o scrivendo una mail a  ufficiostampa@sanita.it 

Vecchio video

Nuovo Video

Lo spot rimanda a una sezione del sito del Ministero, dove viene spiegato lo scopo, gli strumenti e… la distinzione tra i due tipi di diabete. Tutto per una parola non detta dal noto conduttore televisivo che recita con finta leggerezza tra una solita spuntatina e un invito a fare lo spot insieme. In effetti, forse il barbiere e la sua assistente l’avrebbero realizzato meglio.

Non sappiamo chi ha ideato e scritto questo spot delle meraviglie del Ministero della Saluta, ma leggiamo :

“In linea con le finalità della Legge 115/87, gli spot e i prodotti realizzati verranno messi a disposizione delle società scientifiche e delle associazioni firmatarie della campagna (Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica SIEDP, Società italiana di diabetologia SID, Associazione italiana diabetici FAND, Federazione nazionale diabete giovanile FDG, Associazione medici diabetologi AMD, Associazioni di aiuto a bambini e giovani con diabete AGD, Associazione italiana per la difesa degli interessi dei diabetici AID, Diabete Forum, Associazione per la ricerca sul diabete ARDI), che potranno veicolarli sui loro siti istituzionali e sul territorio, nell’ambito delle iniziative dalle stesse organizzate.
La creatività sarà messa a disposizione anche delle istituzioni e società scientifiche che vorranno aderire all’iniziativa.

Forse le sigle elencate non conoscevano in dettaglio cosa ne sarebbe venuto fuori, forse la firma comprendeva tante altre cose, ma trovare il nome di associazioni che si occupano prettamente di diabete giovanile in un’operazione del genere lascia molto perplessi. E mentre il noto conduttore ripete ignaro il copione che gli è stato dato, cosa succederà ora? Nei vari convegni ed eventi, nei siti e forum le associazioni veicoleranno davvero il messaggio  della prevenzione del diabete?

Staremo a vedere cosa accadrà con questa campagna che sembra aver usato la metafora del Rasoio di Occam, tanto per stare in tema.  “Frustra fit per plura quod fieri potest per pauciora” o più semplicemente “È inutile fare con più ciò che si può fare con meno”.

Si dice che le parole facciano più male della spada. È vero: anche quelle non dette. Infatti, con due parole in meno è stato fatto un enorme danno. Inutile.

DeeBee Italia

Se anche voi volete dare un segnale concreto di protesta contro questa campagna potete telefonare al numero 0659941 o scrivere una mail a  ufficiostampa@sanita.it

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

Da Padre a padre, dico grazie all'autore per aver fatto sorridere la mia bambina. Ci ha relagato uno sprazzo di magia

Ho pianto nel vedere la mia bimba felice  di leggere di una bimba come lei
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Ancora ingiustizie, ancora Sardegna

Da qui a Lunedì il terzo sensore passato dalla Asl si consumerà e il grafico con il monitoraggio continuo della glicemia si spegnerà per oltre un mese, lasciandoci navigare al buio, dopo aver avuto la luce, e incidendo notevolmente sul controllo e sui valori della glicemia di mio figlio dodicenne. Tutto questo grazie alla follia di un regolamento regionale sardo sull’assegnazione dei presidi che prevede per i bambini sotto i 6 anni 50 sensori annui (sacrosanti), per gli adulti 40 (sacrosanti), per la fascia pediatrica dai 6 ai 18 anni L’ASSURDITÀ DI SOLI 18 (un vero sacrilegio!). Adesso qualcuno è in grado di spiegare come dei genitori di bambini di 6 anni appena compiuti che vivono il primo distacco da casa e iniziano ad andare a scuola possano ACCETTARE senza incazzarsi che la fornitura per i loro piccoli passi da un giorno all’altro da 50 sensori all’anno ad appena 18? Cioè dalla copertura annuale totale ad una copertura nemmeno di 6 mesi? Questo buco nero creato da non sappiamo chi solo per i bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni è un’ingiustizia che urla di essere composta, essendo foriera di una discriminazione intollerabile. Le associazioni hanno il diritto/dovere di rappresentare l’intollerabilità di questa situazione. Noi vogliamo essere al loro fianco per supportarle e per amplificare le ragioni di questa ingiustizia da sanare. Ma devono darsi da fare. Io da Lunedì avrò il faro del monitoraggio continuo spento per un mese. Ma quest’ingiustizia riservata solo ai minori io non potrò reggerla (e non voglio reggerla) per un mese intero. Mi piace il dialogo, il confronto, la composizione e la ricerca di soluzioni. Ma se non troverò interlocutori col desiderio di comporre non disdegnerò di fare casino. Perché non è accettabile che il microinfusore di mio figlio e di migliaia di altri bambini sardi debbano stare spenti per mesi. Nemmeno il comandante più esperto dopo aver avuto la bussola può poi accettare di navigare a vista per i capricci o le ingiustizie di chi, dalle associazioni alle istituzioni, deve rappresentare le esigenze di salute dei nostri figli e non altro.

Nient’altro!

Fabrizio Steri (Sardegna)

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MiaoMiao: Unboxing e prime impressioni

Come vi abbiamo anticipato, DeeBee ha avuto il privilegio di ricevere una tra le prime unità di MiaoMiao per i paesi al di fuori della Cina, a tiratura limitata. Attualmente esistono due versioni del lettore: una cinese, che viene venduta con il software proprietario Tomato (a breve anche in lingua Inglese, ma ad oggi soltanto in cinese), l’altra internazionale e aperta ai software di terze parti – come Glimp, xDrip+ e Spike, di cui programmatori impavidi stanno rapidamente implementando le interfacce opportune per comunicare col nuovo arrivato.

Vuoi essere sempre aggiornato su MiaoMiao? Iscriviti nella community Miao Miao italiana, dedicata a questo lettore. È un gruppo chiuso, nel rispetto della privacy di ogni membro.

Spedizione

Da quando il produttore ci ha spedito il dispositivo per testarlo sono passati solo 7 giorni lavorativi che, se si confrontati con i tempi biblici che spesso impiega ad arrivare la merce dalla Cina, è una tempistica di tutto rispetto.

Miao Miao arriva in una piccola scatola anonima, di cui si può intuire la provenienza soltanto perché nell’indirizzo del destinatario è riportato “Italy” e, a fianco, tre pittogrammi (che, presumibilmente, stanno a significare “Italia” -ma dai?-).

Apertura della scatola

All’interno della scatola dal peso piuma, troviamo l’oggetto dei desideri: MiaoMiao, avviluppato in uno strato di pluriball che previene ogni possibile urto. La prima impressione è di estrema attenzione al dettaglio: ogni scorcio su cui si posa lo sguardo sembra sempre proprio dove dovrebbe essere.

Apertura della confezione

Una cosa rimane più impressa delle altre: l’apertura della confezione. Già, perché agli occhi si cela un lettore che non ci si crede fino a che uno non ce l’ha davanti agli occhi: è incredibilmente piccolo, piccolo e sottile. Sembra quasi un Libre! Il mio primo pensiero è stato: “MiaoMiao, sei imbarazzante!“. Imbarazzante in senso buono, ovviamente: mi piace così tanto da far impallidire ogni lettore provato in precedenza!

Contenuto

Oltre al lettore, troviamo nella scatola il cavo di ricarica di MiaoMiao che, ricordiamo, ha una durata dichiarata di 14+ giorni.

Inoltre, fa capolino il manuale in lingua cinese dell’app dedicata, il quale riporta però soltanto le indicazioni principali sul funzionamento dell’app (ha molte funzioni, che andremo via via a scoprire) e null’altro.

La scatola contiene anche biadesivi opportunamente presagomati per ancorare il lettore al braccio. 

Considerazioni finali

MiaoMiao mi ha stupito, diciamolo. Piccolo e leggero. Così leggero, che ho voluto pesarlo con la precisa bilancia Lidl.

Per darvi un’idea delle dimensioni di MiaoMiao, ho scattato un paio di foto che ritraggono, nell’ordine (partendo da sinistra): il serbatoio del microinfusore Omnipod, il trasmettitore di Eversense, il lettore Miao Miao e il sensore Dexcom G5 con la sua base (o G4 prima edizione, che ha le stesse dimensioni del G5) .

E ora, non resta che metterlo in ricarica.
E aspettarvi per un altro capitolo…

In alto i nostri smartwatch!
Fabrizio Casellato

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

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Riflettori puntati su omega 3 e vitamina D

Parlano per DeeBee i responsabili dell'unico centro italiano che sperimenta lo "Studio Ricordi"

Dopo un recente accordo con il prestigioso Diabetes Research Institute della Università di Medicina di Miami (Florida) diretto dal Prof. Camillo Ricordi, nel servizio di Diabetologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera “Maggiore della Carità” di Novara alcuni pazienti vengono sottoposti a un particolare trattamento a base di vitamina D e omega 3. La sperimentazione ha suscitato grande interesse tra i genitori dei bambini affetti da diabete Tipo 1, ma anche tra adulti con esordio recente. Per dare risposte alle tante domande arrivate in redazione e nel nutrito gruppo chiuso di DeeBee in Facebook ci siamo rivolti direttamente al Dott. Francesco Cadario, Responsabile scientifico in DRI (Diabetes Research Institute) Clinica Pediatrica di Novara – Miami, IRCAD (Interdisciplinary Research Center of Autoimmune Diseases), Novara e alla Dott.sa Silvia Savastio, Clinica Pediatrica Dipartimento di Scienze della Salute Università del Piemonte Orientale, Responsabile del Servizio di Diabetologia Pediatrica AOU Maggiore della Carità, Novara.

In cosa consiste questo protocollo e com’è nato?

Il protocollo è nato da un’idea del Prof. Camillo Ricordi con cui ci siamo stati messi in contatto tramite pazienti e il nostro presidente AGD Novara Braga Fabio. Lo studio è rivolto a bambini ed adolescenti (da 1 a 18 anni) con diabete autoimmune, e propone una attenzione dietetica a cibi ricchi di omega 3 (pesce, semi li lino, etc), e una supplementazione per via orale con vitamina D e omega 3 (EPA e DHA). Lo scopo è sfruttare le proprietà antinfiammatorie degli acidi grassi omega 3 e immunomodulanti della vitamina D per cercare di prolungare la fase di luna di miele quasi sempre presente all’esordio di diabete Tipo 1. Abbiamo incluso gli esordi del 2017, 2016 e 2015, ed a fine 2018 avremo i risultati.

Poiché dopo l’esordio di diabete tipo 1, circa l’80% dei soggetti presenta una remissione transitoria della malattia, per cui si riduce la necessità di apporto insulinico sotto 0,5 U/Kg/die (cosiddetta “luna di miele“), agire in questa fase ci permetterà maggiormente di valutare se somministrare vitamina D e omega 3 preservi una secrezione autonoma di insulina. La vitamina D ha un ruolo di regolatore dell’immunità ed è spesso carente nei soggetti all’esordio; omega 3 hanno una azione antiinfiammatoria, e contrastano i mediatori dell’infiammazione, attivi effettori del danno indotto a livello delle insule pancreatiche. Per ora abbiamo solamente 2 pazienti che hanno terminato lo studio, a 12 mesi di supplemento, ed entrambi hanno un bassissimo fabbisogno insulinico, che permette un ottimo controllo del diabete con una somministrazione di solo 1-3 unità di insulina, somministrate in una sola iniezione serale. Ovviamente occorrono dati su una casistica di pazienti per avere significato, e poter valutare se veramente vitamina D e omega 3 siano di protezione, permettendo la persistenza della fase di remissione o “luna di miele”. Lo studio in corso avrà comunque una lettura preliminare, anche prima della conclusione ad un anno, appena raggiunta una numerosità sufficiente.

I due pazienti che hanno terminato lo studio, a 12 mesi di supplemento, hanno un bassissimo fabbisogno insulinico, che permette un ottimo controllo del diabete con una somministrazione di solo 1-3 unità di insulina

La miglior sede di confronto potrebbe essere il prossimo 20 aprile a Miami, Florida, dove si svolgerà un simposio sull’argomento (1st PreDiRe, Preventing Disease and its Recurrence in Type 1 Diabetes), in cui saremo presenti con i nostri dati preliminari confrontandoci con americani, canadesi, danesi e svedesi.

Oltre al vostro centro, ce ne sono altri in Italia dove questo protocollo viene seguito?

No, almeno come studio strutturato; ma alcuni soggetti, afferenti ad altri centri di diabetologia pediatrica, “replicano” la stessa supplementazione con vitamina D e omega 3.

Ha senso iniziare a sottoporsi al protocollo a distanza di anni dall’esordio?

Non possiamo escludere altri effetti, oltre a quello ipotizzato di un allungamento del periodo di “luna di miele”. Dobbiamo capire se una supplementazione potrebbe determinare anche un aumento/mantenimento del c-peptide, il cui incremento o mantenimento in minima quota è correlato a una riduzione delle complicanze legate al Diabete tipo 1.

L’obiettivo principale del protocollo è la diminuzione dell’infiammazione o quello di preservare più a lungo possibile la funzionalità delle cellule beta?

Entrambi: uno è l’effettore dell’altro. Lo scopo e la speranza è che riducendo l’infiammazione si riesca a preservare la massa beta cellulare e quindi la funzionalità e secrezione insulinica.

È possibile seguire questo protocollo per i bambini anche piccoli? In quale età?

Noi lo proponiamo a tutte le età, ma la percezione è che in soggetti con esordio prima di quattro anni i risultati sono scarsi. Va detto comunque che non tutti rispondono in maniera uguale o netta come i due casi descritti e riportati in Letteratura.

Come si svolge concretamente? Va fatto qualche trattamento in periodi prestabiliti?

Abbiamo iniziato lo studio negli esordi degli ultimi 3 anni, proprio per valutare se l’inizio a una diversa tempistica dall’esordio possa influire. Somministriamo vitamina D in ragione di 1000 U/ die e omega 3, con apporto di EPA + DHA di 50 mg/Kg/die.
Ricerchiamo un rapporto tra omega 6 ed omega 3 ottimale, in specifico Acido Arachidonico (omega 6) : EPA (omega 3) tra 1.5 e 3. Prima di iniziare la supplementazione eseguiamo una visita basale per sapere il fabbisogno insulinico di partenza e un prelievo ematico per valutare livelli di vitamina D, c-peptide, glicata, profilo lipidico, coagulazione e rapporto AA/EPA. Successivamente iniziamo la supplementazione con vitamina D e omega3. Valuteremo, poi, a distanza gli effetti della supplementazione su parametri metabolici e rapporto AA/EPA.

Quanto dura il trattamento?

La durata prevista è di circa un anno, entro il 2018 saremo in grado di dare dati più precisi, per definire se effettivamente si può trarre vantaggio dal nostro studio. Ovviamente la supplementazione dovrebbe persistere anche oltre.

Ci sono controindicazioni nell’assunzione massiccia di vitamina D e omega 3?

Ai dosaggi del nostro studio non ci sono rischi. Poiché esistono soggetti che hanno pur con somministrazione di 1000 UI di vitamina D valori persistentemente bassi, e poiché esiste una stagionalità, occorre una verifica del livello di vitamina D, soprattutto in fine inverno o inizio primavera per verificare che la vitaminemia D sia nel range 30-50 ng/ml. Una intossicazione da vitamina D si può avere per valori di gran lunga maggiori (>100 ng/ml) al nostro target. Omega 3 alle dosi di 50-60 mg/dl non comportano effetti collaterali. Non abbiamo avuto effetti avversi, solo una bambina ha presentato transitoria diarrea, rientrata dopo sospensione.

Che risultati si prospettano nella migliore delle ipotesi?

Non crediamo si possa parlare di guarigione. Non vogliamo dare farse speranze. Al momento abbiamo dalla nostra parte un paio di casi clinici, nostri pazienti che abbiamo di recente pubblicato. In particolare un bambino di 9 anni che da 24 mesi sta facendo solo insulina basale con ottimi risultati. Il nostro augurio è che riducendo l’infiammazione si possa protrarre il più a lungo possibile la fase di luna di miele, con minimi dosaggi di insulina (nella migliore delle ipotesi solo l’insulina basale) e buon controllo metabolico.

Se il genitore di un bambino appena dopo l’esordio, decidesse di sottoporre il proprio bambino al protocollo, cosa dovrebbe fare? A chi si dovrebbe rivolgere?

Dovrebbe parlarne al proprio Curante, ed una chiara presentazione qui nel sito di DeeBee potrebbe essere utile in questo senso. Non si può sopravvalutare i singoli casi di persistente remissione, ne sappiamo quanto questa durerà.

Ha senso sottoporre al protocollo anche fratelli o sorelle?

Direi proprio di no. Invece avrebbe sicuramente importanza migliorare lo stile di vita, alimentare soprattutto, in base alla regione di appartenenza (Nord, Centro, Sud) somministrare vitamina D, in gravidanza (terzo trimestre), e in tutta l’età pediatrica, adolescenza compresa.

Ci sono prodotti specifici per poter far assumere ai bambini o ragazzi affetti da diabete Tipo 1 più Vitamina D e omega 3? Intendo nella dieta quotidiana, oltre all’alimentazione (integratori o altro).

No non ci sono prodotti scientificamente migliori di altri: solo prestare attenzione ad utilizzare omega 3 purificati da tracce di piombo, mercurio, che sono inquinanti dei mari e purtroppo entrati nella catena biologica alimentare della fauna marina.

 

Per chi vuole approfondire

  • Cadario F, Savastio S, Rizzo AM, Carrera D, Bona G, Ricordi C. Can Type 1 diabetes progression be halted? Possible role of high dose vitamin D and omega 3 fatty acids. Eur Rev Med Pharmacol Sci 2017 Apr;21(7):1604-1609
    Abstract → ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28429367
    Lavoro integrale→ europeanreview.org/article/12416
  • Baidal DA, Ricordi C, Garcia-Contreras M, Sonnino A, Fabbri A. Combination high-dose omega-3 fatty acids and high-dose cholecalciferol in new onset type 1 diabetes: a potential role in preservation of beta-cell mass. Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2016 Jul;20(15):3313-8     Abstract→ ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27467009

Lavoro integrale → europeanreview.org/article/11250

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«Mio figlio rischia crisi epilettiche in ipoglicemia, ma la Regione Toscana gli nega il sensore CGM»

Il paradosso tutto italiano: stesso Stato, stessa patologia, diritti diversi.

Ci è arrivata la lettera di M.D., la mamma di un ragazzo affetto da diabete che scrive in merito alla disparità legalizzata contro la quale ci battiamo da tempo. DeeBee Italia, con l’aiuto di decine e migliaia di persone che hanno firmato la petizione, ha portato la questione dei sensori glicemici in Senato. Speriamo che le parole di questa mamma echeggino nelle sedi opportune.

Sono la mamma di un ragazzo con diabete da ormai diciotto anni. L’esordio del diabete sconvolge completamente la vita di una famiglia e da un momento all’altro tutto cambia. Nonostante ciò scatta qualcosa e… la vita continua anzi, si cerca di fare il possibile perché si possa continuare a fare quello che si è sempre fatto, senza limitazioni. Certo i fedeli “compagni” diventano gli aghi, i pungidito, le penne, il Glucagone e tanta, tanta tenacia, organizzazione, pazienza.

Mio figlio ha sempre fatto tutto ciò che ha voluto fare: è andato ai compleanni, alle gite scolastiche, fa tanto sport, va in discoteca, ha la patente. Certamente non è facile e viene spesso da chiedersi: “Perché?”, ma si va avanti…
In questo momento sono molto amareggiata perché mi sembra che non si faccia il massimo per migliorare la qualità della vita dei nostri ragazzi. A luglio scorso, Mattia ha provato il Dexcom G5, uno strumento a monitoraggio continuo, non legato ad un microinfusore: questo strumento si è rivelato molto accurato nei risultati e in grado di dare allarmi per le ipo e per le iper. Questa caratteristica è fondamentale per Mattia perché le sue ipo possono sfociare in epilessia. Purtroppo al momento il Dexcom G5 non è riconosciuto dalla Regione Toscana, mentre viene ampiamente utilizzato in varie regioni italiane. La nostra regione ha prescritto a molti pazienti un altro strumento, il Libre, che però non dà il segnale di ipo e quindi ha delle limitazioni importanti.
Sembrava essere vicini ad una svolta per iniziare il percorso verificato del Dexcom invece al momento è tutto fermo. Mi chiedo: quali sono le difficoltà? Perché non impegnarsi per poter utilizzare uno strumento che potrebbe mettere in sicurezza tante persone?
Di una cosa sono certa: Mattia non avrà il Dexcom G5 perché la Regione Toscana ha fatto scelte diverse, ma io di sicuro non mi fermo perché i nostri ragazzi hanno diritto ad una sempre migliore qualità della vita alla quale deve pensare la famiglia ma anche tutte quelle persone che hanno il “potere” di assumersi responsabilità importanti e decisioni che solo loro possono prendere.

Pian di Scò, 05/03/2018 

 

Nota DeeBee Italia: Tra le nostre missioni vi è anche quella di creare e proporre soluzioni alternative e non ufficiali, come per esempio dotare di allarmi FreeStyle Libre, ma queste soluzioni sono solo un ripiego sperimentale* ai sistemi ufficiali (che restano ovviamente più affidabili poiché certificati). E questo ci porta a pubblicare e accogliere anche lettere come questa, perché il diabete è prima di tutto il paziente e il suo benessere.

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Eppur mi son scordata di te!

Era il 17 febbraio del 2004.

Eppure oggi per la prima volta me lo sono scordato.
Che figata.
Me lo sono scordato!

Mi sono dimenticata del nostro anniversario, di quando è arrivato lui e mi ha cambiato la vita.
Mi ha cambiato i momenti, mi ha rubato la leggerezza, mi ha negato la possibilità di dimenticarmi. Dimenticarmi di misurare, rimisurare, iniettare, correggere, puntare tre sveglie in piena notte per misurare di nuovo, e magari correggere ancora.
Mi ha costretta a fargli spazio nella mia vita semplice di tredicenne, che semplice non poteva essere più, e quando ho finto di non conoscerlo mi ha presa a pugni per farsi più spazio ancora.

Mi ha ostacolata, mi ha fatta sentire diversa, di meno, inadatta. Ha rubato lo spazio dei pensieri felici, lo ha occupato con la forza, lo ha riempito di aghi, di buchi sulla pancia, sui polpastrelli, e tutti quei numeri, che davanti alla bellezza di una pizza in compagnia, io ci vedevo una strage, una notte insonne, tre correzioni, dieci misurazioni e due litri d’acqua. E la testa intanto esplode. E la rabbia sale, e mi divora lo stomaco, mi ruba l’innoceza di ragazzina, mi porta via i sorrisi, e il tempo. Mi fa bruciare rapporti, altri ancora si bruciano da sè perché maledetto, è così difficile spiegare, e poi trovare chi è disposto a capire!

Però sai che c’è stronzone?
Che il tempo è mio, e quando l’ho capito sono stata io a decidere come usarlo, e sei stato tu, che hai dovuto seguirmi.
Tu, sei entrato con me in redazione alle quattro del mattino e ti rugava da matti perché era il mio sogno e non il tuo, sempre tu, sei venuto con me su un volo di sola andata per Londra e hai provato a disfarmi (fallito!), e ancora tu, ti sei mangiato tante di quelle pizze che alla fine te le sei fatte piacere, ti sei fatto con me notti leggere, lavori impossibili, altre notti ancora insonni, momenti insostenibili persino per il mio cuore, ma te le sei fatte (tiè!). Ti ho portato con me, dappertutto, in ogni angolo di fegato e di mondo, per mano o per il collo, non saprei, ma è arrivato ad un certo punto il giorno in cui sono riuscita a guardarti con leggerezza, quella che mi hai rubato, la stessa che ti terrorizza. Eccola qua, prenditela, che ti piaccia o no, qua la strada la decido io. E l’ho decisa, e l’ho amata forte, e sono un’altra, e ti rispetto, persino con amore, ma i sogni sono i miei, i giorni mi servono. E poi, tu non ci crederai ma ti ringrazio, guarda un po’, ci metto amore, quello che a te spaventa perché sei un prepotente dispotico e l’amore non sai cosa sia. Che stupido! Me l’hai insegnato tu, senza volerlo!
Mi hai tolto il tempo, e io me lo sono donato.
Mi hai tolto il sorriso, e ti ho mostrato i muscoli (servono quelli per sorridere sai??).
Ti fanno schifo i cambiamenti, e io non ho fatto altro che cercarmi, cercare, e poi, cambiare.
Ma non l’ho fatto per te, l’ho fatto per me, per amore.
Un amore così grande che vedi, mi tocca pure ringraziare, perché poi, senza di te, senza il dolore che mi hai sbattuto in faccia senza pudore, chissà se avrei imparato mai ad amare, ad AMARMI, così forte.
Stamattina mi sono dimenticata del nostro anniversario.
Perché tu sei importante sì, e io ti rispetto, ma rispetto te solo perché rispettarti equivale ad amare me. E amare me, così tanto, significa che non sei in prima fila, e ti scoccia parecchio ma a me non interessa, e tu lo sai, che questo è un lusso che posso concedermi e tu qui non puoi nulla.
E parlo di te, ma solo quando serve, per il resto io ti porto dentro, ti vivo ogni giorno, oggi persino ti ringrazio, ma non fai più male.
Che io so che ci sei, e che non potendo scegliere, ci sarai, ma a volte, per amore, con leggerezza, che non è incoscienza ma piena consapevolezza, lo dimentico.

Auguri.
Hai scelto me.
Stammi dietro ❤

(Quattordici anni, di Diabete di tipo 1, e di un amore che vorrei bastassero le parole a spiegare)

                                                                                                                          Giulia Labriola

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Lettera aperta del Prof. Lorenzo Piemonti ad Adriano Panzironi (quarta puntata, mio malgrado)

Gentilissimo Sig. Panzironi
Ho controllato nell’anagrafe dei professionisti italiani iscritti agli ordini dei medici trovando dodici colleghi con il cognome Piemonte, però nessuno di nome Lorenzo. Quindi, peccando di un eccesso di zelo e presunzione, interpreto l’incipit di una sua lettera come rivolta a me, presupponendo la presenza di un errore di distrazione causato forse da un basso livello del suo glucosio plasmatico.

Le confesso che il venerdì sera, in genere, dedico il mio tempo ad attività ludiche, stile partita a calcetto con amici, un film di fantascienza o partita a Zombicide con i miei figli. Non mi sarà difficile quindi ritagliare un po’ di tempo nel risponderle.

Devo dire che è riuscito a mettere in discussione una mia convinzione profonda. Ho sempre creduto nella statistica per cui diciamo che davanti a una scelta binaria, stile vero o falso, mi aspetto che se uno sa la risposta giusta ha il 100% di possibilità di azzeccarla, se uno non la sa e tira a caso, ha comunque il 50% di probabilità di azzeccare la risposta giusta. Mi è quindi inspiegabile come sia possibile non azzeccare nove affermazioni su nove, perché almeno per la legge del caso mi sarei aspettato un 4 vs 5 o, al limite, 3 vs 6. Ad ogni modo non è mia intenzione rispondere analiticamente a ogni punto, perché lo trovo noioso e francamente inutile. Però voglio provare con la strategia dello shock, cioè darle delle informazioni, poche ma che possano riattivare in lei l’emisfero cerebrale sinistro, quello deputato al pensiero analitico e logico che evidentemente è in uno stato d’ipoglicemia selettiva.

1) Non ci crederà mai, ma la medicina (ufficiale come la chiama Lei, scientifica come la chiamo io) classifica la prevenzione del diabete di tipo 1 in primaria, secondaria e terziaria. La primaria è diretta a soggetti che non hanno segni di autoimmunità o alterato metabolismo, ma semplicemente una predispozione (che per il tipo 1 è genetica). Siccome in questa popolazione non si ha nessuna certezza di sviluppare il diabete di tipo 1, qualsiasi intervento deve essere in primis privo di rischi, soprattutto perché rivolto a bambini anche molto piccoli. Di conseguenza sono stati fatti studi per valutare la comparsa degli autoanticorpi in questi soggetti, tutti studi di prevenzione primaria basati sulla modificazione della dieta, con l’intenzione di interrompere un presunto evento ambientale scatenante l’autoimmunità. Incredibile ma vero, chi l’avrebbe mai detto che a cavallo della fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ’90, mentre Lei investiva la sua crescita professionale come corrispondente speciale per il TEMPO al torneo di tennis “lo scolapasta d’oro” organizzato dal compianto Ugo Tognazzi (lui sì un raffinato comico), in più di un gruppo di ricerca nel mondo si progettava di capire come modificare la dieta per prevenire la comparsa dell’autoimmunità nel diabete di tipo 1. Lei ci è arrivato qualche decennio dopo ma meglio tardi che mai. Sfortunatamente allora come ora un fattore di rischio specifico inequivocabilmente associato alla comparsa dell’autoimmunità non c’era e di conseguenza si è provato con un certo numero d’ipotesi tra cui l’introduzione del latte vaccino (Studio TRIGR), l’insulina presente nel latte vaccino (studio FINDIA), il glutine (studio BABYDIET), omega 3 (studio NIP), Vitamina D (diversi studi tra cui PREVEFIN e DAISY), per ricordare quelli più rilevanti in termini di numero. Al momento nessuna evidenza consistente di prevenzione è emersa, ma la comunità scientifica mondiale lavora a nuove ipotesi. Sono a dirle che però Life 120 non rientra tra le ipotesi più gettonate, al momento. Ce ne faremo una ragione. Sa, sono studi complicati che coinvolgono centinaia o migliaia di soggetti e durano anni…

2) Non ci crederà mai ma pensi che lo screening e la ricerca degli autoanticorpi nei famigliari dei pazienti con diabete di tipo 1 si fa. Ancora più incredibile chiunque può partecipare e a costo zero per il paziente. Si chiama Trialnet è finanziato da NIH e se è interessato a mandare qualcuno alla nostra attenzione lo può fare semplicemente guardando la procedura in questo sito http://dri.hsr.it/trialnet/
3) Adesso sono un po’ in crisi perché non so se può reggere a questa notizia. Passiamo al diabete di tipo 2. So che ha un’atavica paura dei carboidrati insulinici, come li chiama Lei, che credo come il vaso di pandora rappresentano nel suo immaginario l’origine di tutti i mali. Ma devo dirle un segreto: non solo i carboidrati fanno secernere l’insulina…anche le proteine per esempio attraverso alcuni aminoacidi insulinogenici. Per cui, anche se non si alza la glicemia, ugualmente la carne, il pesce e i formaggi presentano un indice insulinico superiore a quello della pasta, poiché anche l’introduzione di proteine o aminoacidi richiede l’intervento dell’Insulina per gestire tali nutrienti. Non me la sento di andare oltre e spiegarle che la conoscenza dell’immunologia è divenuta molto più complessa e il paradigma Th1/Th2 è un po’ vecchio e ora è integrato da molte altre popolazioni tra cui le Treg e le cellule alfa che possono addirittura trasformarsi in cellule beta etc…

A questo punto però non posso esimermi da darle un dolore. Caro Panzironi, c’è chi osa di più, 120 anni sono troppo pochi, si può fare di più. La concorrenza spinge e grazie alla medicina matabolomica abbiamo un nuovo limite…ebbene sì 150 anni. Mi sa che se non rilancia con un 160 anni mi perde il mercato…ci pensi può farcela magari aumentando un po’ la dose di chiodi di garofano o la curcuma… s’inventi qualcosa insomma…

Siccome è stato così gentile di essere stato breve nella sua risposta (non l’ho presa come una scortesia, anzi…) chiudo anch’io qui permettendomi come sempre un paio di consigli. Non si preoccupi per la mia presunta predilezione per la dieta mediterranea; non ci crederà ma seguo con molta attenzione la letteratura, quella vera intendo, che sta studiando le possibili virtù di altri regimi alimentari. Si deve concentrare piuttosto a spiegare la funzione dei suoi integratori poiché come riportato su tutti i prodotti, seppur in fondo e in piccolo “…LIFE 120 è uno stile di vita e l’integrazione non può essere considerata curativa.”

Secondo, sa… lei può fare molti soldi e avere una certa popolarità, io posso anche giocare una partita in meno a Zombicide il venerdì sera, ma in mezzo ci sono molte persone che le malattie che la medicina secondo Panzironi definisce come curabili o prevenibili, a secondo del caso, le vive in prima persona. Nessuno ha il diritto di giocare sulle loro speranze e sulla loro fragilità.

Lorenzo Piemonti

PS
Mi stavo dimenticando una cosa. Lo stato al mondo con la più alta incidenza di diabete di tipo 1 è la Finlandia, la cui popolazione è famosa per seguire una stretta dieta mediterranea…tutto il resto è noia.

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Lettera aperta del Prof. Lorenzo Piemonti ad Adriano Panzironi (seconda puntata)

Innsbruck, 22 gennaio

Alla gentile attenzione di Adriano Panzironi (seconda puntata)

Mi ritrovo mio malgrado a scriverLe nuovamente nel giro di pochi giorni dalla mia precedente lettera.
Sono rimasto molto colpito dall’annuncio di “Cinque mesi per rinascere”. Riporto testualmente dalla sua trasmissione: “….Cinque mesi per rinascere è un reality che coinvolge 10 persone per 23 settimane che saranno tenute in una struttura protetta e dovranno seguire l’alimentazione life 120 l’integrazione e l’attività fisica per 23 settimane e riusciremo a dimostrare durante questo reality con una serie di SPERIMENTAZIONI SCIENTIFICHE e esami come queste persone potranno risolvere le loro patologie migliorando lo stato metabolico….”
Colpito… ! Non dal reality Le confesso. Si è vero che 23 settimane in un ambiente protetto (NB: protetto da cosa?) seguendo l’alimentazione Life120 e l’integrazione con curcuma, chiodi di garofano, cannella, origano, zenzero e pepe nero può essere difficile, ma ci sono ci sono già esempi di reality estremi più affascinanti.

Mi colpisce un altro punto: sperimentazioni scientifiche. Mi colpisce perché avendone iniziate e essendo coinvolto in più di una, ne conosco molto bene il valore e la difficoltà oltre che la loro regolamentazione. Ma capisco subito che è uno scherzo… e penso tra me e me, ma che burlone questo Panzironi che mi aveva quasi fatto credere che voleva fare una sperimentazione scientifica e invece semplicemente ha trovato un’altra bella trovata pubblicitaria per i suoi prodotti.

Poi però continuo ad ascoltare e capisco che Lei è veramente convinto di star facendo una sperimentazione scientifica o come lo definisce un “esperimento scientifico a cielo aperto”. Ora capisco che essendo stato impegnato a cercare di capire il diabete di tipo 1 abbia trascurato lo studio della sperimentazione scientifica nell’uomo ma dobbiamo cercare di capire i fondamentali. Iniziamo a specificare che la sperimentazione scientifica a cielo aperto non esiste. Così come non esiste la sperimentazione scientifica “cinque mesi per rinascere”, perché per tutti gli studi interventistici esiste un database mondiale che chiunque può consultare in cui gli studi vengono registrati e il Suo non risulta. Ma al di là delle cose sostanziali che includono tra l’altro che esista un protocollo, una approvazione da un comitato etico, un responsabile scientifico, un sistema di tracciabilità dei dati, un obiettivo primario, criteri di inclusione ed esclusione, etc… il problema è che in questo studio “a cielo aperto” non si capisce cosa si compara a cosa. Le faccio un esempio: se voglio dimostrare che capsule contenenti curcuma, chiodi di garofano, cannella, origano, zenzero e pepe nero hanno dei benefici sulla salute o proprietà terapeutiche devo decidere quale parametro mi misura questo beneficio. Quindi devo preparare capsule vuote di controllo dette placebo e capsule con le spezie dentro, poi dividere la popolazione di studio in due gruppi su base casuale e senza dire ne al paziente ne al medico se la capsula è il placebo o quella attiva la somministro. Misuro il parametro di beneficio prima e dopo il trattamento. A quel punto avendo tutti i dati in modo che non siano più manipolabili si apre il codice che dice chi ha preso il principio attivo e chi ha preso il placebo. Si chiama studio randomizzato in doppio cieco controllato verso placebo. Lo stesso principio vale anche per interventi sulla dieta e sulla attività fisica fatti gli adeguati adattamenti. Diciamo per esempio si prendono due gruppi uno trattato con una dieta bilanciata ed una attività fisica secondo gli standard considerati ideali al momento attuale, e l’altro con la dieta e attività fisica Life120/Panzironi. credevo fosse banale ma evidentemente non è così

Allora mi trovo per l’ennesima volta a darle due consigli, così amichevoli, prima che qualcuno la prenda sul serio e finisca per farsi del male.

Il primo è banale. Se non si sanno le cose perché non le si studiano o non le si capiscono, le si possono almeno copiare. A questo proposito le segnalo questo link di una sperimentazione scientifica sulla dieta mediterranea, quella che rappresenta il suo “nemico” simbolico. Non stia a guardare che ha dimostrato di prevenire le malattie cardiovascolari, potrebbe non piacerLe questo, ma almeno si faccia una idea sulla metodologia http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1200303

Il secondo è più paternalistico. Stia attento a definire sperimentazione scientifica quello che fa. Perché come le ho detto la sperimentazione scientifica ha delle regole e delle leggi che la regolano. Il mancato rispetto di queste regole ha rilevanza legale ed deontologica che potrebbe creare qualche problema sia a Lei che ai colleghi medici che con tanta simpatia la seguono nella sua sperimentazione a cielo aperto. Sarei veramente dispiaciuto di leggere nel prossimo futuro sue notizie all’interno delle pagine di cronaca giudiziaria dei giornali.

Cordialmente
Lorenzo Piemonti

Leggi anche “Lettera aperta del Prof. Lorenzo Piemonti ad  Adriano Panzironi (prima puntata)

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Un seme nel futuro

Il sensore che si impianta come Eversense, più preciso del Dexcom G4 (per ora) e grande come un semino di sesamo.

Tre uomini e un… sensore glicemico. Il più piccolo mai realizzato al mondo e che, se tutto va come da previsione, entro il 2020  verrà presentato per l’approvazione in Europa e l’anno successivo alla Food and Drug Administration,  ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione e del controllo dei prodotti alimentari e farmaceutici.

Con il grande successo di Eversense,  ormai il percorso dei sensori glicemici impiantabili sembra davvero la via per un nuovo modo di gestire il diabete. L’idea di questo sensore così miniaturizzato, tanto da essere paragonato a “un seme di sesamo“, a Muhammad Mujeeb-U-Rahman, figlio di una donna diabetica, è nata nel 2010. All’epoca studiava al Caltech (California Institute of Technology di Pasadena), una piccola università dalla quale sono usciti 37 premi Nobel. Successivamente, il talentuoso ingegnere ha creato la startup californiana Integrated Medical Sensors, finanziata principalmente da National Institutes of Health, National Science Foundation e Small Business Innovation Research Fund. Da allora Meisam Honarvar Nazari, Muhammad Mujeeb-U-Rahman e Mehmet Sencan, i tre principali membri del team multidisciplinare, non si sono più fermati. Il prototipo perfettamente funzionante e testato sugli animali, è stato presentato in più occasioni e le sue caratteristiche  hanno già fatto parlare molto, entusiasmando gli addetti ai lavori.

COM’È FATTO?

Il sistema si compone di un sensore che viene impiantato sottopelle, un trasmettitore e un’app. Il punto di forza sono le dimensioni estremamente ridotte del sensore (0,6 mm x 3 mm x 0,1 mm) che viene inserito sottocute a 2-3 mm di profondità, senza bisogno di incisioni, ma attraverso un particolare ago, addirittura più sottile di quelli usati comunemente per i prelievi.

Secondo i dati forniti dai progettisti, il sensore cessa di funzionare dopo 6-9 mesi di vita e necessita di una sola calibrazione a settimana. Per ora il MARD di 12,5% si avvicina all’11,4% del FreeStyle Libre (Mard –Mean Absolute Relative Deviation – è l’indice di errore della lettura glicemica: più è basso, più saranno precise le letture se confrontate con un campione di sangue capillare).  Ora che lo sviluppo della piattaforma hardware si è concluso, dall’IMS fanno sapere che lo sforzo principale sarà  proprio “l’ottimizzazione chimica” per allungare così il più possibile la durata del sensore e migliorare ancora il suo MARD.

Il trasmettitore comunica con l’apposita app attraverso Bluetooth Low Energy. Le sue dimensioni, allo stato attuale dello sviluppo, non sono significative in quanto ancora in fase embrionale di progettazione. La prospettiva è la riduzione di almeno un terzo delle dimensioni del trasmettitore e l’obiettivo finale è quello di integrare le sue funzionalità con la tecnologia indossabile già presente sul mercato.

L’apposita app, che consente la visualizzazione e la condivisione dei dati, fornisce la possibilità di aggiungere opzioni sui diversi aspetti che coinvolgono la gestione del diabete, come cibo ingerito o attività sportiva e permette l’integrazione dei dati con quelli di altri dispositivi.
Se non fosse per le dimensioni estremamente ridotte e il costo, che secondo l’IMS sarà notevolmente più basso, il sensore-semino sembra il gemello diverso di Eversense. Il progetto corre, anche perché la madre di chi l’ha ideato lo aspetta con trepidazione. E con lei centinaia di migliaia di pazienti diabetici sparsi per il mondo.

 

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Lettera aperta del Prof. Lorenzo Piemonti ad Adriano Panzironi (prima puntata)

Milano 21 gennaio 2018

Alla gentile Attenzione di Adriano Panzironi

Devo confessarLe che alla fine non sono riuscito ad evitare di scriverLe questa lettera, pur consapevole che Le darà un ulteriore pretesto per aumentare la sua visibilità mediatica e quindi in qualche modo Le farà anche piacere. Le dichiaro fin dall’inizio il mio conflitto d’interessi sono un medico “scienziato”, quello che lei definirebbe un esponente della medicina “ufficiale”, che io invece definisco della medicina basata sul metodo scientifico, lo stesso metodo che le permette per esempio di poter trasmettere la trasmissione “Il cerca salute”, e che ha aumentato l’aspettativa di vita delle persone in Italia agli attuali 83 aa (6 anni in più anche rispetto agli anni ’90). Ho letto il suo libro “Vivere 120 anni” (ebbene si confesso anche questa debolezza…), catturato da quello slogan “Le verità che nessuno vuole raccontarti”, slogan che per chi fa ricerca è come il miele per le api. Purtroppo Le confesso che non ho trovato niente d’innovativo. Credo che non ci sia niente di più “tradizionale” di dire che la dieta e lo stile di vita siano due fattori essenziali per la salute. Giusto così per suggerimento le consiglio di dare un’occhiata a uno degli ultimi documenti del World Health Organization (http://www.who.int/dietphysicalactivity/en/), ma non rimanga deluso nello scoprire di essere perfettamente in linea con la medicina che Lei definisce “ufficiale” e sono confidente che non abbia un ego così smisurato da ritenere che il WHO abbia preso spunto dal suo libro nello stilare le linee guida. Ma non Le sto scrivendo per entrare nel merito dei suoi consigli dietetici o degli integratori che va proponendo e vendendo, perché anche in questo caso non ne voglia il suo ego, ma non si distingue dalla palude d’imbonitori che nel nostro paese, ma anche nel resto del mondo, propongono le più disparate soluzioni tutte con un’unica caratteristica, cioè quella di non avere nessuna prova scientifica di efficacia. In una situazione dove perfino l’urinoterapia e la colon idroterapia rivendicano un’azione benefica, figuri se mi meraviglio della rivendicazione di curcuma, chiodi di garofano, cannella, origano, zenzero e pepe nero. Il motivo per cui Le sto scrivendo è legato alla Sua recente trasmissione sul diabete di tipo 1. Ho notato con piacere che ha letto un po’ di letteratura scientifica a riguardo riuscendo nel non facile intento di presentare le evidenze della medicina ufficiale come giustificazione per intraprendere percorsi terapeutici alternativi, diciamo una contraddizione in termini. Se Lei ha avuto il piacere di leggere la letteratura scientifica riguarda il diabete di tipo 1 le devo confessare che quella letteratura ho avuto l’onore in parte di scriverla (sa anche il mio ego vuole la sua parte). E mi duole dirlo ma, purtroppo, non l’ha capita. E allora mi permetta di assumere il mio ruolo di professore buono. Sa quando uno studente si presenta a un esame e va proprio male, non perché non ha studiato ma perché non ha capito, mi dispiace mandarlo via in malo modo e di solito quello che faccio fisso un paio di ore di discussione con lui per rivedere le cose che non ha capito. Siccome Lei non è uno studente di medicina, dobbiamo fare una cosa più semplice che le sarà sicuramente di aiuto. Le suggerisco le risposte corrette alle domande.
1) Si può fare prevenzione sul diabete di tipo 1? Risposta corretta: La storia dei tentativi di prevenire il diabete di tipo 1 dura ormai da oltre 30 anni, dai tempi in cui la disponibilità dell’allora nuovo farmaco immunosoppressore ciclosporina ne stimolò l’impiego anche nel diabete di tipo 1. Successivamente gli studi clinici d’intervento sono stati numerosissimi e molto diversi tra loro, con risultati certamente utili per l’avanzamento delle conoscenze sulla storia naturale e la patogenesi del diabete di tipo 1, ma complessivamente deludenti sul piano dei risultati: infatti, a oggi, non vi è un solo trattamento che si sia dimostrato efficace, duraturo e sicuro.
2) Perché non si fanno analisi specifiche su questi anticorpi? Risposta corretta: Perché non c’è un trattamento che si sia dimostrato efficace, e quindi si fa solo all’interno di alcune coorti di pazienti a rischio aumentato come ad esempio i parenti di primo grado di pazienti con il diabete di tipo 1, in genere su richiesta o all’interno di studi internazionali di screening per la conoscenza della storia naturale della malattia come TrialNet. Negli ultimi anni si sta discutendo in relazione all’aumento dei casi se sia possibile immaginare uno screening su tutta la popolazione, potendo permettere di prevenire almeno in parte alcune complicanze acute all’esordio della malattia come la chetoacidosi, ma per ora non c’è una concordanza di vedute che sia utile e sostenibile economicamente.
3) Se scoprissimo la presenza di questi anticorpi nel nostro sangue, potremmo fare qualcosa per la prevenzione o almeno per ridurne il loro livello? Risposta corretta: gli auto anticorpi che si misurano nel sangue non sono la causa del diabete ma un marcatore che ci dice che il sistema immunitario ha iniziato a riconoscere le cellule che producono l’insulina nel pancreas. La causa che produce quest’attivazione è ancora sconosciuta e sicuramente legata a più fattori. Sicuramente c’è una componente genetica (ci sono almeno 40 geni di suscettibilità conosciuti) e una ambientale. Tra le ambientali più di un’ipotesi è sotto studio tra cui un ruolo di alcuni virus, l’alterazione della maturazione del sistema immunitario dovuto alla minore stimolazione perché aumentata l’igiene, la presenza di alterazioni dell’immunità del nostro intestino e della composizione dei suoi batteri. Proprio sulla possibilità che l’intestino giochi un ruolo si sono fatti interventi di tipo alimentare volti a prevenire il diabete di tipo 1 come per esempio l’utilizzo di latte idrolizzato, di acidi omega tre e la sottrazione del glutine dalla dieta. Purtroppo senza successo.
4) Cosa dovremmo fare per bloccare il sistema immunitario e bloccare la patologia? Risposta corretta: al momento non esiste un modo che abbia dimostrato nell’uomo di prevenire la progressione della malattia in modo efficace e duraturo. E’ però possibile partecipare a studi che stanno studiando nuovi approcci e la speranza per tutti è che nel prossimo futuro si abbia qualche arma in più.
5) Le risposte alle domande 5 e 6 richiederebbero molto tempo. L’ipotesi virale è molto complessa e non dimostrata. I rotavirus non sono i virus più sospettati per un eventuale coinvolgimento e ci sono evidenze anche in direzione esattamente inversa cioè che un’infezione virale possa proteggere dallo sviluppo. Cioè siamo nel campo delle teorie….
6) Barriera intestinale che cosa è che la altera? Risposta corretta: se si ha la celiachia sicuramente tutto quello che contiene glutine come pane pasta etc.… se non si ha la celiachia pane e pasta non alterano la barriera intestinale. Siccome si è pensato in passato, partendo dal fatto che esiste un’associazione tra celiachia e diabete di tipo 1, che il glutine giocasse un ruolo anche del diabete di tipo 1 si è sperimentata la dieta priva di glutine nella prevenzione, senza risultati.
7) Quindi potremmo fare prevenzione evitando che si distruggono le cellule del pancreas cambiando alimentazione? Risposta corretta: no al momento no. In relazione ai casi di remissione spontanea, come parte della progressione naturale di questa malattia alcuni pazienti riprendono transitoriamente l’attività delle cellule beta. Questo periodo viene spesso definito come il “periodo della luna di miele”. Durante questo periodo, i pazienti manifestano un miglioramento del controllo glicemico con un uso ridotto o assente di insulina o farmaci antidiabetici. I tassi d’incidenza della remissione e la durata della remissione sono estremamente variabili. La remissione spontanea completa è un fenomeno raro ma possibile, rispetto alla remissione parziale spontanea. La remissione completa è tuttavia più comune nella popolazione sopra i 15 aa rispetto alla popolazione pediatrica. Come tentativo di aumentare i tassi di remissione e la funzione delle cellule beta nei pazienti con DM1 appena diagnosticato, sono in corso numerosi studi d’intervento. Attualmente non esiste un singolo agente promettente che sia universalmente raccomandato per migliorare i tassi di remissione.
8) E’ possibile ripopolare le cellule beta dopo anni….? Risposta corretta: ci sono studi che stanno sperimentando questa possibilità, ma al momento no.
9) Lei vuole contestare l’eccessiva utilizzazione dell’insulina nei malati di diabete di tipo 1? Risposta corretta: no. L’insulina è l’unico farmaco che può mantenere in vita le persone che hanno il diabete di tipo 1. In passato quando ancora non si aveva a disposizione l’insulina si provava a contrastare la malattia togliendo gli zuccheri dall’alimentazione purtroppo senza successo. Questo perché da ignoranti non si era capito che in realtà il paziente diabetico a livello delle cellule non ha un eccesso di zuccheri ma un difetto. Cioè il paziente diabetico ha tanto zucchero nel sangue perché manca chi lo trasporta alle cellule, cioè l’insulina. Per cui le cellule hanno poco zucchero che è fondamentale per fare energia. In assenza devono utilizzare vie alternative per produrre energia come le proteine e i grassi. Questo produce la perdita repentina di peso e di massa muscolare e la produzione di alcuni prodotti di scarto detti corpi chetonici. Questa situazione, denominata chetoacidosi, se non corretta porta alla morte. Per questo motivo il paziente diabetico di tipo 1 deve mangiare i carboidrati come chiunque ma deve imparare a somministrare in modo adeguato e proporzionale l’insulina che non produce il suo pancreas. Questa è la cosa più complicata non deve prenderne poca perché se no il glucosio non esce dal sangue, non deve eccedere altrimenti lo zucchero esce troppo e per compensare mangia troppo accumulando grasso o se succede in modo acuto può morire perché lo zucchero non arriva più al cervello.
Questo punto ho notato essere particolarmente ostico sia per Lei sia per la persona che la intervistava. Le suggerisco a questo riguardo per completare le sue “competenze” la visione di questo filmatohttps://www.youtube.com/watch?v=cwZWm8oNjBc . Dura solo 3 minuti e 35, molto meno di quello che è durato lo “speciale” che ha dedicato al diabete di tipo 1, ma sicuramente più informativo. Il filmato è prodotto da Diabetes UK ed è dedicato alla spiegazione della malattia ai bambini. Quindi dovrebbe essere abbastanza utile e comprensibile per colmare le sue conoscenze nel campo del diabete di tipo 1, almeno i basilari.
Mi fermo qui per almeno due motivi. Il primo è che questa lettera è troppo lunga e siccome mi sto annoiando io a scriverla sicuramente si starà annoiando Lei a leggerla, oltretutto visto che dovrà ristudiare da capo il diabete di tipo 1 forse è meglio che non perda troppo tempo. Secondo perché poi nello speciale sono coinvolte delle testimonianze di pazienti che per rispetto non commento.
Quindi credo che sia giunto il momento di salutarLa. Mi riservo di darle qualche consiglio. In considerazione del suo interesse nel campo della medicina le consiglio di iscriversi a una delle tante università italiane, ce ne sono delle ottime, o se preferisce anche all’estero. Non deve necessariamente acquisire una laurea in medicina, a meno che non voglia avere l’ambizione di curare delle persone. Le basterebbe il primo triennio quello in cui non si affronta ancora la clinica ma le basi biologiche delle malattie. Le permetterebbe di acquisire alcune basi di biochimica e fisiopatologia di cui evidentemente manca. Nel frattempo, se vuole accettare un mio consiglio, eviti di dare indicazioni terapeutiche di qualsivoglia natura. Sa, c’è sempre qualcuno che potrebbe prenderla sul serio mettendo a serio rischio la propria salute. S’immagini…. C’è gente che sta costruendo una nuova arca di Noè perché pensa che arriverà un secondo diluvio universale, c’è gente che sta costruendo un razzo per andare nello spazio e dimostrate che la terra è piatta, potrebbe anche esserci gente che crede che il giornalista Adriano Panzironi abbia scoperto la terapia del diabete di tipo 1.
Augurandomi di incontrarla in occasione del suo centoventesimo compleanno

Lorenzo Piemonti

 

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