Caro Babbo Natale, 34 anni che ti esprimo lo stesso desiderio, 34 anni che non mi c…, che non mi calcoli. Quest’anno non mi va di insistere, di elemosinare, non mi va di essere fregata.
Ti chiederò qualcosa di nuovo. Di fare un po’ di bene al mondo. Di distribuire un po’ di diabete di tipo 1.
Ti chiedo di distribuirlo a piccole dosi, come fosse un vaccino: due o tre ore di diabete di tipo 1 di qua, due o tre giorni di diabete di tipo 1 di là. In una vita, si intende.
Qualche ora alle mamme di bimbi sani che ritengono la loro amica, quella col bambino diabetico, la solita apprensiva. Perché il bambino, IN FONDO, sta bene e certe fisime sono inutili.
Qualche oretta di diabete di tipo 1 a certi familiari che il diabete non lo vedono proprio più, ma giudicano certe stranezze col bastone dei sapienti.
Un giorno o due di diabete anche a molti diabetologi. Per fargli soppesare le parole. Per fargliele dosare bene, alternate a momenti di prezioso silenzio.
Una settimanina di diabete ai cervelli delle case farmaceutiche. Per far sentir loro il peso di certi giochetti, per fargli distogliere lo sguardo dai portafogli.
Qualche buona ora di diabete di tipo 1 a quelli che fanno merenda con la doppia carbonara e la porchetta al caramello. Per aiutarli a non andare in panico alla vista di un 120 di glicemia.
Caro Babbo, hai capito. Quest’anno non ti chiedo di dare a noi, che c’abbiamo già. Ma di dare poco poco anche agli altri.
Perché vero, i diabetici a volte sono insistenti, ma qualche volta sanno essere generosi.
