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Gocce di vita

Non di rado mi imbatto in discussioni riguardanti i sintomi dei vari stati glicemici
Mi ritorna sempre a mente il 1990, seduto su un letto non mio dalle lenzuola bianche, alto alto da terra e quella classica testiera di tubolare cromato che se lo tocchi troppo con le tue manine appiccicose ti lascia impresso quell’odore di ferro grezzo che non va più via.
Una grande finestra di alluminio anodizzato, il tipico vetro ondulato con le maglie in ferro all’interno, fa filtrare la luce del mattino dove si intravede il tetto della città.
Chi l’ha mai vista la città, per me il mondo inizia e finisce dove c’è il trattore sotto il portico, le galline e le anitre, mio cugino che scavalca la staccionata per venire a giocare…
Una signora con i suoi ricci, la frangia super cotonata e quel disegno nella sua mano intrattengono ormai l’attenzione della camerata. Mi sventola sempre quel foglio con un bambino disegnato che si asciuga con un fazzoletto le goccioline di sudore nel viso, ha le formichine nei piedi e nelle gambe, tira il fiatone e attorno ci sono caramelle colorate e altre cose da mangiare. Saranno 20 minuti che parla con la mamma… ipo… ipo… ipo…
Uno dei primi vani tentativi di spiegare ad uno piccolo profano gnomo i sintomi dell’ipoglicemia a cavallo tra gli anni 80 e 90.
Magari oggi si usano i video, ci sono i social… magari c’è pure un simulatore, che ne so…
I sintomi di certo non sto qui ad elencarli, sicuramente uno che è nel “settore” da qualche anno, li conosce tutti a memoria, ma sono solo semplici parole scritte su un foglio bianco che possono indurti a immaginare cosa potresti provare in un determinato momento.
La sensazione è tua, la stai vivendo qui ed ora… non sono solo semplici goccioline o formichine.

Gli anni di esperienza e di confronti mi hanno portato a capire che sono soggettivi; chi avverte più una cosa e chi meno. Ogni corpo è unico, con una propria anima… con un proprio “diabete”.
… con una propria ipo.
Ipo… Ipo… Non tutte le ipo sono uguali poi.. Discesa in maniera dolce, discesa rapida da un buon valore, la picchiata di 300 punti in 20 minuti, discesa e rimbalzo… e altre che sicuramente mi sfuggono.
Oppure c’è lei, la più maledetta, quella che ti coglie di notte e se ne approfitta del tuo stato confusionale. Il mistico, la follia e la demenza si uniscono per dar vita a qualcosa di surreale…
Sicuramente tanti genitori pagherebbero per sapere cosa sta provando il loro figlio o figlia. Alcuni provano a chiedere una descrizione dei sintomi, ma sono un po restii a credere che si tratti solo di goccioline di sudore e formichine.
Spesso mi dicono quanto sono “fortunato” in questo caso ad essere T3 e T1 allo stesso momento. Almeno so cosa prova mio figlio in determinate condizioni. Le considerazioni sono del tutto soggettive.
Parlando per un attimo di quell’ipo che ti coglie di notte mentre dormi… potrei dire a te che leggi che si prova tachicardia, confusione mentale, formicolii, stanchezza…
Permettimi di rubarti qualche minuto, ti voglio per un attimo invitare dentro la mia anima e cercare di farti provare le mie sensazioni dell’ultimo serio episodio se me lo consenti.
Ti ricordo che questo è il mio diabete…

… spesso quando sei in cantiere con papà, ti dà come compito un lavoro importante, devi misurare uno spazio ben preciso; fai molta attenzione, se sbagli poi lo sai che cominciano i suoi sermoni sulla vita e sul lavoro.
E insomma dai, hai pure 20 anni, sei giovane e pensi allo scarico modificato e cerchioni che hai visto sull’Alfa ieri sera; alla notte che hai passato con la tua ragazza… e pensi che sia ora di tirare fuori dalla tasca sinistra dei jeans, quella schifosissima caramella “fondenti Per***na” costantemente calcificata che ti ricorda quella volta che tuo fratello ti ha fatto mangiare un pezzo di stucco per le fughe delle mattonelle.
Per sicurezza ne butti in bocca 2, e ovviamente su una è rimasto attaccato un pezzo di stagnola che sposti da un lato a l’altro con la lingua finché non hai finito di sbriciolare quella “ghiaia” che ti sei buttato tra i denti. Non c’è tempo per rimuovere la stagnola, hai le mani pure occupate.
Ti affretti ad uscire… corri al furgone, ti sei dimenticato di scaricare la livella laser che è nella porta scorrevole, dietro al…

… APRI GLI OCCHI!!!

Ti accorgi per pochissimo che stavi sognando, i bei tempi con papà. Sei nel buio, ti volti, vedi la sveglia segnare le 3:30 e resetti l’allarme del sensore senza neanche far caso a cosa segnava. La senti… quella sensazione di merda… la gola sembra seccarsi in modo sferico, provi un attimo a deglutire per vedere se passa, ma sai benissimo dove porta, ma tu ragioni con la mente di uno che ha dormito fino a 15 secondi fa e così ponderi il tuo logico pensiero: “tanto ho preso 2 caramelle ed un pezzo di stagnola, proviamo a vedere un attimo come va”.
Il tuo attimo si proietta per qualche strana sorte ai tempi bui della tua famiglia. Sei lì, sempre con papà che sta restaurando quella casa che aveva nonna. Lo aiuti nel suo lavoro, ma sai che da lì a poco comincerà il tuo conto alla rovescia… La sensazione che hai non tarda ad arrivare… ecco che cominci a sentire quella palla secca incastrata in gola e comincia a salirti quell’effetto piscina profonda. Metti una mano in tasca, e trovi appena sotto il cellulare quella caramella Gelée che ti era rimasta dalla volta scorsa nei pantaloni da cantiere. Riponi tutte le tue speranze su quell’ultima caramella, come una sorta di preghiera, anche se sai già in cuor tuo che è solo un palliativo che ti farà durare qualche quarto d’ora in più.
Stringi i denti, manca poco per finire il lavoro. Poi tornerai casa a fiondarti nella dispensa. Tieni duro, lo fai per papà; sai benissimo che si immerge nei suoi lavori di precisione, lo distolgono dal suo count down maledetto con la vita.

… APRI GLI OCCHI CRETINO!!!

Ti ritrovi nuovamente nel buio della tua stanza, ti volti e vedi che sono le 3:50.
Il tuo ragionamento notturno ti porta a pensare che hai mangiato le due caramelle più la Gelée… Ma appena ti rendi conto che razza di babbeo sei stato a credere ad un simile ragionamento sono già le 4:10.
Senti lo scricchiolio delle foglie secche dentro al cuscino.
Lo conosci fin troppo bene questo stadio. Il battito del tuo cuore sembra provenire da dentro il cuscino, assumendo il rumore del fogliame secco calpestato e sai che da lì a poco vieni avvolto da quella sensazione di nebbia fredda e umida che si deposita lentamente sopra quel tuo corpo steso ed incredulo.
Sei consapevole di cosa sta per accadere tra poco, ma ogni volta ti fai fregare perché sei affascinato e quasi abituato da quel demone che si presenta solo la notte nel buio della tua stanza quando dormi.
Eccolo, lo senti, comincia a prendersi gioco di te…
Le foglie secche dentro al cuscino se ne sono ormai volate altrove… ora il battito del tuo cuore lo senti dentro il materasso, o meglio, lo senti partire da dentro di te e rimbalzare dentro la molla del materasso. Sempre più forte. I contraccolpi sono talmente forti al punto di sentire l’acciaio armonico della molla snervarsi. Per un attimo, togli la testa dal cuscino e appoggi l’orecchio sul materasso, come a ricercare una verifica certa di quello che sta succedendo.

…ALZATIIIIII!!!!!!

Il sensore suona, ma nemmeno badi a lui. Non sarà certo un aggeggino tecnologico a darti la conferma di quello che sta succedendo. Sei troppo sicuro ormai; anni e anni hanno addestrato e preparato il tuo corpo.
Neanche sai come, ti ritrovi in piedi davanti la porta della tua buia camera. Il respiro del sonno della tua compagna ti penetra dentro la testa e ti fa impazzire.
Ti fai coraggio e sai che da lì in poi si può uscirne solo vincendo la battaglia. Non ti fai illusioni, afferri la maniglia, apri la porta ed esci dalla camera abbandonando su quel letto anni di razionalità e ragione.
Parti per il tuo viaggio. Il vento fortissimo ti investe le orecchie. Un rumore che ti fa imbestialire. Assordante. Per un attimo guardi fuori dalla finestra del corridoio in cerca di una conferma di quanto sta accadendo. Il vento investe solo te. Un rumore che ti ricorda il trasformatore dell’alta tensione per certi punti.
Attraversi il corridoio, scalzo, con la ghiaia sotto i piedi e l’erba alta che ti struscia sulle gambe. Nebbioso è il percorso, ti toccherà cercare gli interruttori a palponi. Quasi distingui a fatica casa tua.
Ne hai ancora di strada da fare. Papà ti accompagna fino a quando vieni investito, nel vento, dalle prime note di quella canzone. Quasi a prendersi gioco di te. The Crisis di Ennio Morricone.
Arrivi in cucina, con il fiatone che ti penetra nei timpani. Il tuo battito sembra andare a ritmo del respiro. Ti sembra quasi di poterlo controllare con i naso. Senti il tuo cuore che pompa tra le narici.
Trovi l’interruttore ed accendi…
… la tua cucina fa da sfondo ad una nebbia bianca di stelle, quasi da rimanere estasiato. Per un attimo ti fermi, vorresti accamparti lì e riposare, ma ne hai fatta di strada. Sarebbe stupido buttar via tutta quella fatica così.

…AVANTIII

Non mollerai mica adesso. Ti ricarichi il tuo pesante zaino in spalla, raccogli il tuo fucile e continui tra il vento, la ghiaia, l’erba, la musica, la nebbia, le stelle ed il battito nel fiatone.
Ti volti con rammarico e tristezza mentre cammini. Fissi quel punto, dove hai lasciato l’ultimo pezzo di umano che c’è in te. Piano piano cominci a sguainarti dal tuo corpo. Prima il piede destro, poi il sinistro. Le mani. Infine la testa. Stai rannicchiato dentro di te, come segno di separazione tra mente e corpo. Il tuo corpo procede in solitaria grazie agli anni di evoluzione ed addestramento. Sono impulsi e stimoli a governare. Le origini dell’uomo sono scritte dentro il tuo DNA.
Niente è più razionale, incapace di formulare qualsiasi pensiero logico, puoi solo assistere come spettatore ad uno degli spettacoli più assurdi.
Camminando tra questa nebbia di stelle e non solo, ti ritrovi davanti al frigorifero dove ti vedi arraffare cose come non ci fosse un domani. Ti trascini tra la porta frigo dimenticata aperta, porte della dispensa aperte a caso, cassetti tirati senza un perché. Porti senza una gran logica culinaria un po’ di cose sopra la tavola e ti abbandoni a peso morto sulla sedia. Non sapendo spiegarti come, spingi con le gambe la sedia che hai davanti a te, con la convinzione di far sedere tuo padre, il quale ti ha accompagnato per il tratto del corridoio alla cucina.
Hai marmellata e ti manca il cucchiaio;
hai Coca Cola e ti manca il bicchiere;
ti ritrovi tra le mani una forchetta ma non sai che uso farne… Tutto quello che serve è lì a meno di due metri da te che sembra sfotterti. Con le ultime forze che ti restano, carichi i 50kg del tuo zaino sulle spalle e ginocchia e cerchi di sollevarti facendo leva su qualsiasi cosa a disposizione. Oramai sei solo in grado di provare fatica e basta. Fai scivolare gambe e piedi quel minimo che basta ed il resto allunghi le braccia come a cercare di risparmiare maggior strada possibile.
Neanche sai come, ti ritrovi a mangiare, guidato da un istinto animale di sopravvivenza. Inzuppi biscotti nella marmellata, merendine nella Coca Cola… Non sei abilitato a fare la conta dei CHO. Non sei in grado di leggere. Nemmeno ti ricordi come si fa. Tra te e quello che ti metti in bocca c’è solo il rumore del vento, il battito assordante del tuo cuore più The Crisis.
Le mani ti tremano, i movimenti sono scoordinati, hai tutte le dita incollate di marmellata e briciole di biscotti.
In cuor tuo sai che sarebbe stato meglio chiedere aiuto alla tua compagna, ma ormai è troppo tardi. Il tuo corpo se la deve cavare da solo.
Mangi a ritmo del battito stordente del tuo cuore.

Appena raggiunta una parziale sazietà rientri a far parte della tua mente. Riprendi possesso del tuo corpo. Il tuo fisico comincia a ribellarsi per averlo fatto soffrire in una simile maniera. Ti si rivolta contro facendoti sudare come mai prima. Da subito le gocce di sudore cadono dalla fronte e dai capelli, subito dopo, gocce che cadono giù per la schiena, per il petto, poi braccia, inguine, piedi. Nulla viene escluso.
I tuoi vestiti completamente da buttare. Tu come minimo sei da doccia.
Poco dopo ti ritorna l’uso della parola e della ragione; capisci di aver mangiato a dismisura. Il vento se ne va via, la ghiaia pure. Il cuore ed il respiro riprendono la loro normale routine… Guardi quella sedia vuota davanti a te, quella canzone non suona più. Capisci che se ne è andata con tuo papà quella stessa notte in cui si è arreso alla lotta per la vita su quel letto freddo. A te rimane solo l’angoscia. Vestiti imbrattati di sudore e l’avvicinarsi dell’imminente iper da correggere fin da subito.
… doccia, qualche ora di sonno da recuperare e Buongiorno mondo! Si riparte per una nuova giornata. E goditela tutta fino alla fine.

Federico Antoniazzi

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Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

Da Padre a padre, dico grazie all'autore per aver fatto sorridere la mia bambina. Ci ha relagato uno sprazzo di magia

Ho pianto nel vedere la mia bimba felice  di leggere di una bimba come lei
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Monitoraggio a distanza: quale impatto psicologico?

Riceviamo e pubblichiamo la domanda di un papà, che si chiede se la visione remota delle glicemie potrebbe influire sulla sfera psicologica del proprio figlio affetto da diabete di tipo 1.

Gentile Dott.ssa,
sono il padre di un bambino di sei anni, da poco affetto da diabete mellito di tipo 1. Ci stiamo informando sui vari sistemi di controllo a distanza della glicemia (Nightscout o LibreLinkUp per intenderci), per poter rendere più serena la gestione durante l’orario scolastico. Con la diabetologa che ci segue abbiamo parlato sull’impatto che può avere in sistema simile sul bambino. Le chiedo se dal punto di vista psicologico, il monitoraggio a distanza potrebbe rendere più sereno e tranquillo mio figlio, sapendo che anche noi “vediamo” le sue glicemie o potrebbe provocare qualche altra possibile reazione? E fino a che età secondo Lei potrebbe risultare utile?


LA PSICOLOGA RISPONDE

Buongiorno,
la questione che pone ha caratteristiche molto variegate. La domanda che penso sia importante porsi è come il bambino interpreta questa nuova condizione di monitoraggio. È molto soggettivo: chi può viverla come una rassicurazione, chi come intrusione, chi come continuo pro-memoria della propria condizione di persona con diabete, chi come garanzia di una maggiore libertà.
Se volessimo tuttavia tracciare delle linee generali l’età è sicuramente una discriminante importante: più si tratta di bimbi piccoli più questo sistema di monitoraggio viene integrato con facilità nella propria realtà; durante la pubertà e l’adolescenza spesso (ma non è detto) può essere vissuto come fonte di stress e percepito come controllo costante da parte degli adulti di riferimento. Anche il tempo trascorso dall’esordio gioca un suo ruolo: l’inserimento di questo dispositivo precocemente ha molte volte un buon riscontro in termini di accettazione.
L’aspetto però che più conta riguarda, a mio giudizio, l’insieme delle comunicazioni che accompagnano l’uso che se ne fa di questa tipologia di monitoraggio. Deve diventare uno strumento finalizzato alla rassicurazione e al buon controllo, non fonte di ansia o strumento “investigativo”. I nostri bimbi vivono molte realtà attraverso le letture che noi genitori/educatori diamo a quelle realtà. In altre parole se la vivete bene voi avete già guadagnato un po’ di vantaggio! In bocca al lupo.

Dott.ssa Manuela Zavattoni

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

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«Il sensore di mio figlio lo riconoscono tutti poiché l’hanno visto in TV. É un bene?»

Riceviamo e pubblichiamo il quesito posto da F., mamma di un bimbo affetto da diabete mellito 1.

Mi chiamo F. e sono la mamma di un bimbo di 12 anni che utilizza il sensore da più di un anno. Mesi fa è stata trasmessa a lungo in tv una pubblicità relativa a questo sistema ed ora molte più persone lo riconoscono e pongono domande. Secondo lei questo è un bene?
La ringrazio in maniera anticipata. F.


LA PSICOLOGA RISPONDE

Buongiorno F.,
penso che la diffusione di informazioni circa i dispositivi per la misurazione in continuo della glicemia non solo permette, a chi non conosce il diabete, di darsi delle spiegazioni ma anche dà un’occasione di conversazione, confronto e condivisione. Nell’ottica di una buona convivenza col diabete, le domande e le curiosità possono essere interpretate non come una minaccia o come un voler sottolineare una “diversità”. Al contrario possono aiutare a spiegare e a far conoscere a chi non sa la propria realtà. Nuoce, a mio vedere, molto di più il silenzio, il pudore che paradossalmente incrementano curiosità e invadenza. La conoscenza è sempre l’arma migliore che fa sentire il cuore leggero perchè senza segreti o argomenti tabù.

Dott.ssa Manuela Zavattoni

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Come comportarsi se il diabete diventa motivo di scherno?

Riceviamo e pubblichiamo il quesito posto dalla mamma di un bimba affetta da diabete mellito 1.

Buongiorno Dott.ssa Zavattoni,
le scrivo perché ieri la mia bimba di quasi 8 anni mi ha confessato che a scuola un suo compagno di classe la prende in giro per la sua malattia. La chiama “diabetica” ridendo oppure “signorina diabete”. Non son certa di come agire al meglio per far smettere questi episodi dolorosi per mia figlia. E’ il caso che parli con la mamma del bimbo (persona un po’ particolare e poco sensibile), che accenni il fatto alle maestre che credo siano all’oscuro e soprattutto come devo affrontare l’argomento con mia figlia? Purtroppo temo che questo sia il primo di altri casi che capiteranno lungo il suo percorso scolastico.
Grazie


LA PSICOLOGA RISPONDE

Buongiorno, ho letto con attenzione il vostro racconto e ritengo che sia necessario un intervento su due piani: sua figlia e le insegnanti. Questa occasione, seppur spiacevole e dolorosa, può essere utilizzata per generare un apprendimento, da conseravare in una sorta di “cassetta degli attrezzi” immaginaria ed eventualmente estratto in un futuro, se necessario. Dunque mi sento di dire che non determinerà necessariamente una fragilità ma, perchè no, una forza… tutto sta nella lettura che vogliamo darle. Il punto di partenza è pertanto il messaggio da trasmettere alla bambina, che potrebbe toccare i seguenti punti: può succedere di incontrare persone poco sensibili che per qualche ragione si prendono gioco degli altri; il commento, anche se detto sicuramente in tono di scherno, è tuttavia una realtà (quindi perchè non rispondere “è vero e allora? Non mi fai un dispetto se mi dici quello che sono. A te dà fastidio se ti dico che hai i capelli biondi?” – per ipotesi-); a casa si possono fare “le prove” di come comportarsi/cosa dire di fronte a quella situazione (è importante che la bambina abbia la convinzione di poter chiedere aiuto ed essere aiutata e al tempo stesso che non si senta impotente, ma che in parte sia lei stessa a trasformare una situazione problematica, non solo i grandi). Sarebbe inoltre opportuno allertare le insegnanti in modo che viglilino, senza troppa invadenza però, queste dinamiche e magari possano a loro volta dare delle comunicazioni funzionali (potrebbero avviare ad esempio un progetto sulle diversità che arricchiscono, in modo che siano connotate positivamente tutte le realtà individuali).
In bocca al lupo.

Dott.ssa Manuela Zavattoni

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Come affrontare un sintomo, non di origine fisica, con il proprio figlio?

Riceviamo e pubblichiamo il quesito posto da A., mamma di una bimba affetta da diabete mellito 1.

Buongiorno Dott.ssa,
sono la mamma di S., 7 anni e con diabete di tipo 1 da due anni.
Ho un problema: la piccola lamenta dei giramenti di testa da una ventina di giorni. Con il diabetologo abbiamo fatto tutte le visite neurologiche (ed è tutto a posto), la visita oculistica è ok; secondo lui è un vezzo della piccola. Ho voluto aspettare l’inizio della scuola per vedere se abbandonava questo vezzo, visto che magari poteva essere distratta da altro, ma niente, anche a scuola dice alle maestre in continuazione che le gira la testa.
Il fatto è che nell’arco di un’ora lo dice almeno sei volte, dice: “MI GIRA LA TESTA MA MI SENTO BENE“… Il “mi sento bene” abbiamo capito che lo dice per farci capire che non lo associa alla glicemia, del tipo: mi gira la testa, ma la glicemia è ok, inoltre dice di avere pensieri brutti, che ha paura di morire (per una bimba di sette anni mi sembra un pensiero troppo forte).
Sono nel pallone più totale, non so come comportarmi, cosa fare e cosa dire. Ho paura che possa essere associato alla malattia. HELP!

Grazie mille A.


LA PSICOLOGA RISPONDE

Buongiorno A,
potrebbe essere utile allargare la nostra lente d’ingrandimento al fine di osservare la situazione da più punti di vista.
È del tutto normale considerare il diabete come centro da cui far partire vari ragionamenti e pensieri. È ugualmente importante però considerarlo al pari di altre variabili, quantomeno per avere un quadro più completo e rispondere al meglio alle esigenze del momento.
Avendo escluso un’origine fisica del sintomo, per prima cosa provate a porvi alcune domande volte a comprendere meglio gli antecedenti del comportamento e da cosa esso viene rinforzato, facendolo così persistere nel tempo. Ad esempio: ci sono stati eventi significativi concomitanti all’esordio del comportamento? Si verifica in presenza di chi prevalentemente? Fuori casa o a casa? In situazioni di stress o anche di relax? Che cosa succede nel momento in cui viene comunicato il malessere? C’è preoccupazione? Viene negato (del tipo: “non è niente”)? C’è nervosismo? Chi si attiva? Cosa succede dopo? Riprende la routine normale o cambia qualcosa?…e così via..questo per fare il punto della situazione ed eventualmente notare delle ricorrenze su cui centrare l’attenzione.
Dall’osservazione passiamo in un secondo tempo all’azione, ovvero alle comunicazioni: quando la bambina riferisce il sintomo potete con tranquillità sedervi assieme un momento e ragionare su ciò che sta accadendo. La conversazione potrebbe essere grosso modo questa: “Adesso mettiamoci qui insieme e raccontami cosa senti…ti credo e penso che questa sensazione non sia molto piacevole. Nonostante non sia tanto bello che ti giri la testa, ho la certezza che non ti succederà nulla, sei al sicuro e tra poco starai nuovamente bene. A volte il nostro cervello ci fa degli scherzetti: ci dice che stiamo male fisicamente, ma, anche se proviamo davvero quel malessere, magari siamo agitati, pensierosi, impauriti, emozionati. Quello che puoi fare è raccontarci quando non stai bene in modo da non essere sola e poter contare su una vera e propria squadra. Adesso sai cosa diciamo al tuo cervello? Smettila di far girare tutto!”.
Gli obiettivi da tener presenti sono: accogliere il disagio e riconoscerlo senza minimizzarlo, rassicurare e dare delle certezze relative alla risoluzione dell’episodio, fornire delle spiegazioni e delle strategie per affrontarlo (anche ironizzando e alleggerendo la situazione).
In bocca al lupo e aggiornaci se lo desideri.

Dott.ssa Manuela Zavattoni

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La psicologa risponde – Dott.ssa Manuela Zavattoni

“Non solo lavoro con il Diabete, l’ho sposato: mio fratello e il mio compagno sono entrambi diabetici di tipo 1!
Quindi eccomi qua… nel tentativo continuo di osservare le infinite risorse di ciascuno di noi nell’affrontare, in modo del tutto originale, nuovi equilibri.”

Queste poche parole basterebbero per presentarvi la dottoressa Manuela Zavattoni, psicologa dell’ambulatorio diabetologico pediatrico dell’ospedale Filippo Del Ponte di Varese (grazie al supporto di Adiuvare Onlus), laureata in Psicologia dello sviluppo presso l’Università degli Studi di Padova.
Alla sua sensibilità e professionalità affidiamo la sezione che DeeBee Italia dedica agli aspetti spesso non detti, intimi, o difficilmente esternati o esternabili e che toccano la sfera psicologica del bimbo diabetico, dei suoi genitori. Ma non solo. La Dott.ssa Zavattoni, che ha a cuore tutto ciò che appartiene al mondo della scuola, ci guiderà per rendere più facile l’inserimento del bambino diabetico, il rendere gli insegnanti più consapevoli e collaborativi, l’accettazione, i compromessi da affrontare.

Se avete domande da porre, scrivetele nei commenti oppure, se preferite l’anonimato, spedite un’email a info@deebee.it.

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Come faccio a spiegare il diabete a mio figlio?

Come faccio a spiegare il diabete a mio figlio? E’ la domanda che attanaglia i genitori dopo l’esordio e che spesso diventa un ulteriore peso da portare. Le molteplici variabili che entrano in gioco rendono il compito ancora più difficile per un genitore già provato. L’età del bambino, il suo carattere, l’ambiente in cui cresce, la scuola.

Abbiamo parlato con la Dott.ssa Manuela Zavattoni, psicologa dell’ambulatorio diabetologico pediatrico dell’ospedale Filippo Del Ponte di Varese. Ci siamo fatti spiegare quali possono essere per un genitore alcune strade da seguire per introdurre il proprio figlio alla conoscenza e successivamente alla consapevolezza della propria malattia cronica.

I SUGGERIMENTI DELLA PSICOLOGA

Esiste un metodo consigliato per affrontare l’argomento con i propri figli, per spiegare cosa comporta la malattia non solo in termini ‘meccanici’? Cosa dire e cosa ‘tralasciare’?

La comunicazione della diagnosi è un momento molto delicato perchè attraverso la definizione e la verbalizzazione di ciò che sta succedendo si concretizza una realtà che non si vuole, tanto meno per il nostro bambino. E allora come comunicare in modo efficace e col minor impatto possibile questa verità al nostro piccolo? Direi di concentrarci su alcune parole chiave: ruolo, verità, età. Partiamo col sottolineare l’importanza del ruolo del team di cura che al momento dell’esordio, ma anche a seguire, ha il compito di comunicare, istruire, supportare, chiarire, ecc ecc. La comunicazione della diagnosi è fondamentale che avvenga, anche per il nostro bambino o ragazzo, dai professionisti che diventeranno da quel momento in poi punto di riferimento. Questo a sottolineare la diversità di ruolo tra medici (cui riferirsi quando si hanno domande e cose da chiarire o per migliorare la propria gestione) e genitori (che accompagnano e sostengono a casa il lavoro dei professionisti del team di cura, ma soprattutto possono aiutare a dar voce alle emozioni e a cercare strategie efficaci). La comunicazione dei genitori al momento dell’esordio deve essere quindi: “io ci sono e insieme proveremo a capire come affrontare questa nuova realtà“.

Per un genitore è difficile accettare che il proprio figlio sia stato colpito da una malattia cronica per la quale non c’è ancora cura e ancor più difficile è il dirlo al figlio. Indorare la pillola può essere dannoso?

Proseguiamo quindi proprio con la parola verità: “indorare” la pillola non è una strada perseguibile per diverse ragioni. Non è utile dal punto di vista pratico dato che quel bambino diventerà un uomo, un uomo che fin da bambino deve avere le idee chiare su tutto per gestire la sua vita basandosi su informazioni che hanno un fondamento. Non è utile dal punto di vista relazionale: le mezze verità o addirittura delle bugie apparentemente innocenti spezzano, incrinano e mettono in discussione il legame di fiducia genitori-figli. Una buona linea da seguire potrebbe essere di spiegare ciò che è richiesto: a domanda si risponde, nè più nè meno.

Sicuramente molto cambia dall’età del bambino, a seconda delle diverse fasce di età un genitore in quale modo può approcciarsi? 

Ultimo (anche se ce ne sarebbero molti altri) elemento da considerare è l’età del nostro bambino o ragazzo. Per i più piccoli potrebbe essere importante visualizzare il Diabete. Cosa non semplice in realtà, ma con la fantasia si può tutto. Ad esempio si può creare insieme un personaggio assecondando l’immaginazione del bambino e trovando spunto per esorcizzare delle paure o chiarire ciò che non è stato compreso. Ogni tanto si potrebbe riprendere in mano quel personaggio strano e capire se a quel punto il nostro bimbo se lo immagina diverso, cambierebbe qualche dettaglio (per esempio l’espressione del volto). Oltre ad essere un ottimo pretesto per parlare di Diabete, senza lasciarlo nell’ombra dell’implicito, si aiuta a evolvere alcuni pensieri associati a questa nuova condizione o a captare situazioni di disagio e sofferenza che necessitino di un intervento specialistico.

Diverso è se parliamo di adolescenti. L’esigenza più grande in questo caso è in genere quella di rendere compatibile la gestione del Diabete con la quotidianità di sempre. Certo “qualcosa” è cambiato e questo va riconosciuto, non negato. La negazione allontana dall’obiettivo finale! Mamma e papà potrebbero invece parlare insieme delle cose che cambieranno e delle cose che rimarranno invariate secondo il ragazzo. È un esercizio a volte doloroso, ma è fondamentale avviare un processo di “elaborazione del lutto”. Nostro figlio deve sapere che siamo consapevoli del suo dispiacere e che ne può parlare, ma anche che è possibile discutere insieme per trovare delle soluzioni adattive.

LIBRI E MULTIMEDIA

Esistono diversi libri illustrati che attraverso disegni e parole semplici spiegano cos’è il diabete. Ne abbiamo raccolti alcuni da scaricare e leggerli insieme al proprio bambino o da portare in ambito scolastico.

Per i bambini  della scuola primaria, Sanofi ha ideato un videogame, Mission T1D, proprio per aiutare a conoscere il diabete di tipo 1 attraverso un supporto tecnologico divertente. Questa applicazione disponibile sia per Android che per iOS, unisce al gioco a più livelli, diversi video informativi creati a misura di bimbo.

mission-t1d

Per gli amanti dei cartoni animati è disponibile una puntata dedicata al diabete, tratto dalla serie Caillou: Extra snacks di Emma.

 

Se sei in possesso di altri libri dedicati, mandali via email all’indirizzo info@deebee.it; sarà nostra cura aggiungerli in questa pagina.

download Storie di Cindy: il diabete
download Il diabete raccontato da Bidì
download Il mio libro del diabete 1
download Il diabete nel bambino a fumetti
download La storia di celluletta e di fata insulina.
download Una notte all'improvviso...
download Ti racconto il diabete. Storia di un principe, un drago, una fatina...
downloadCoco torna a scuola.
downloadLa storia di Teddy

Diabete e bambino. Cosa succede quando mangiamo? La vera storia del cibo dalla bocca agli zuccheri, grazie al lavoro di Fata Insulina.

Da Padre a padre, dico grazie all'autore per aver fatto sorridere la mia bambina. Ci ha relagato uno sprazzo di magia

Ho pianto nel vedere la mia bimba felice  di leggere di una bimba come lei
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