
Nuovo sutdio sul peso forma (www.deebee.it)
Una recente analisi pubblicata sulla rivista scientifica di rilievo The BMJ, mette in discussione decenni di pratiche consolidate.
La comunità medica internazionale sta rivisitando uno dei concetti più radicati nel trattamento dell’obesità: l’idea tradizionale di perdita di peso come chiave per il benessere. Una recente analisi pubblicata sulla rivista scientifica di rilievo The BMJ, guidata dal dottor Juan Franco, mette in discussione decenni di pratiche consolidate, evidenziando come l’ossessione per la diminuzione del peso corporeo possa risultare addirittura dannosa per la salute a lungo termine.
L’illusione della perdita di peso sostenibile
Le evidenze attuali dimostrano con chiarezza che le strategie convenzionali – basate principalmente sulla restrizione calorica e sull’aumento dell’attività fisica – non garantiscono una perdita di peso significativa e durevole. Nonostante anni di raccomandazioni mediche, la maggioranza delle persone con un indice di massa corporea (IMC) elevato non riesce a mantenere i risultati raggiunti.
Un dato ancora più preoccupante riguarda l’impatto di questi interventi sugli eventi cardiovascolari: infarti, ictus e mortalità generale non subiscono una riduzione significativa grazie alle pratiche tradizionali focalizzate solo sulla bilancia. Questa discrepanza suggerisce che il peso corporeo, preso come unico indicatore, non rappresenta in modo adeguato la salute complessiva di un individuo.

Il dottor Franco e il suo team sottolineano un paradosso fondamentale: uno stile di vita sano apporta benefici indiscutibili, ma il peso di per sé non è un indicatore affidabile dello stato di salute. La persistenza di questa convinzione ha portato a interventi medici che rischiano di danneggiare i pazienti più che aiutarli.
Un altro aspetto fondamentale emerso dalla ricerca è il ruolo deleterio del weight bias, ossia il pregiudizio sociale nei confronti delle persone in sovrappeso o obese. Questo fenomeno non riguarda solo l’opinione pubblica, ma coinvolge spesso anche gli operatori sanitari, che inconsapevolmente perpetuano atteggiamenti discriminatori.
Il peso dello stigma ha conseguenze pesanti: compromette la salute mentale dei pazienti, favorisce l’insorgenza di disturbi alimentari e induce comportamenti dannosi, paradossalmente associati a un ulteriore aumento del peso corporeo. La pressione sociale e medica per dimagrire crea un circolo vizioso che allontana le persone dalle cure appropriate e aggrava sia i rischi psicologici sia quelli fisici.
Negli ultimi anni, le linee guida cliniche hanno cominciato a spostare l’attenzione dal semplice numero sulla bilancia a una valutazione più globale della salute. Approcci innovativi come Health at Every Size (HAES) stanno guadagnando terreno, con risultati promettenti nel migliorare il benessere generale e le abitudini alimentari, senza focalizzarsi esclusivamente sulla perdita di peso.
Sebbene siano necessari ulteriori studi su larga scala per consolidare questi metodi, essi rappresentano un cambiamento di paradigma molto significativo: la salute non si misura solo con i chili persi, ma con la qualità complessiva della vita e il benessere fisico e mentale dell’individuo.