
Allerta nei supermercati, scoperta scioccante in questi prodotti - deebee.it
In Italia si consuma carne di squalo spesso senza saperlo. Scopri quali nomi controllare in etichetta e perché evitarla è cruciale per salvare l’ecosistema marino.
Anche in Italia, la carne di squalo finisce regolarmente sulle tavole, spesso senza che chi la acquista ne sia davvero consapevole. La presenza nei banchi del pesce e nei frigoriferi dei supermercati è più diffusa di quanto si creda. Nonostante l’apparente assenza di squali nella dieta italiana, i dati dicono altro: oltre 43.000 tonnellate importate in soli sette anni, con Spagna e Francia tra i principali esportatori verso il nostro Paese.
Un’indagine pubblicata su Marine Policy ha rivelato che il 64% degli italiani non sa che la carne di squalo si trovi legalmente in vendita nei supermercati. Eppure quasi un terzo degli intervistati ha consumato almeno una volta palombo, verdesca o gattuccio, senza sapere che dietro questi nomi si celano specie di squalo. Una mancanza di consapevolezza che ha conseguenze ambientali gravi: questi predatori marini giocano un ruolo cruciale per l’equilibrio degli oceani.
Le specie più vendute con nomi ambigui e i rischi ambientali che comportano
Al banco del pesce, alcune denominazioni ricorrenti nascondono vere e proprie specie di squalo. La verdesca (Prionace glauca), il palombo (Mustelus mustelus), il gattuccio (Scyliorhinus canicula) e lo spinarolo (Squalus acanthias) vengono venduti regolarmente in Italia sotto forma di tranci o filetti. In etichetta compaiono come pesce generico, senza espliciti riferimenti alla specie.
Molti consumatori li acquistano pensando si tratti di pesci comuni, senza sapere che alcuni sono in via di estinzione o fortemente minacciati. Secondo il WWF, ogni anno vengono uccisi circa 100 milioni di squali in tutto il mondo, non solo per la carne ma anche per le pinne, l’olio di fegato, la cartilagine e persino la pelle. L’impatto ecologico è enorme: la scomparsa di questi animali può causare il collasso di intere catene alimentari marine e influenzare persino gli equilibri climatici globali.

Un recente documentario, #SharkPreyed dei fratelli Spinelli, ha mostrato come la carne di squalo venga proposta ai consumatori italiani in modo ingannevole. Il vero problema sta nella mancanza di trasparenza, ma anche nell’assenza di controlli efficaci sul mercato ittico. In molti casi, il nome commerciale non basta a identificare correttamente la specie, e la tracciabilità è spesso incompleta o del tutto assente.
Come riconoscere (ed evitare) la carne di squalo al supermercato
Evitare il consumo inconsapevole è possibile, ma richiede attenzione. Il WWF invita a leggere sempre le etichette e controllare alcune informazioni fondamentali: la denominazione commerciale, il nome scientifico, la zona FAO di pesca e il tipo di attrezzo utilizzato.
Conoscere i nomi più comuni sotto cui si celano gli squali è il primo passo: verdesca, palombo, smeriglio, spinarolo, mako, gattuccio, vitello di mare, boccanera. Tutti indicano squali, e in molti casi, specie vulnerabili. La carne di questi animali può contenere anche alte concentrazioni di mercurio, un altro motivo per cui è meglio evitarla, soprattutto per bambini e donne in gravidanza.
Quando l’etichetta è incompleta o mancano informazioni sulla zona di pesca, è preferibile non acquistare. Potrebbe trattarsi di prodotto derivante da pesca illegale o non sostenibile. Oltre alla questione ambientale, c’è anche un problema di salute pubblica e sicurezza alimentare.
Dire no alla carne di squalo significa proteggere non solo una specie, ma l’intero equilibrio del Mediterraneo e degli oceani. È un gesto semplice che comincia al supermercato, scegliendo con consapevolezza cosa portare a tavola.