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Diabulimia: cos’è e perché è importante conoscerla

Redazione Ottobre 21, 2020
diabulimia cos'è

Diabulimia - deebee.it

Tempo fa su un gruppo facebook ho letto un post che diceva: “ho nostalgia della magrezza prima del diabete! Mangiavo quello che volevo e continuavo a dimagrire!”. Al di là dell’ironia del commento, mi sono sorpresa a pensare anch’io a come ero magra prima della diagnosi e a come certi pensieri relativi a noi stessi siano subdoli. Certo, mangiare senza ingrassare è come trovare il Santo Graal dell’immagine corporea, una formula magica, ma ha come effetto collaterale farti scordare della sofferenza fisica di un corpo, del tuo corpo, che sta morendo di fame. Ma tutt’ora, anni dopo la diagnosi, ci ricordiamo di come ci stavano bene i jeans, il costume da bagno o le magliette. Perché confondere un grido d’aiuto del nostro corpo con uno stato di benessere?

“Immaginate la dieta perfetta. Una in cui più mangi più perdi peso. L’unico problema è che stai morendo.”

Raramente capita di sentir parlare del rapporto tra diabete e disturbi del comportamento alimentare, in particolare di diabulimia, ma il rapporto (in psicologese, la correlazione) tra queste due condizioni si mantiene connesso nel tempo. Alcuni studi attestano la diffusione dei disturbi del comportamento alimentare (DCA) intorno al 30-40% (Jones, J.M et al. 2004, Colton, P. et al. 2000, Toni G., et al. 2017), un risultato ancora più preoccupante se si pensa che il 10% di questa percentuale riguarda adolescenti tra i 12 e i 19 anni.

La diabulimia in particolare è un disturbo del comportamento alimentare che colpisce adolescenti e giovani adulti con diabete di tipo 1, e consiste nell’omettere iniezioni di insulina con il solo scopo di dimagrire e perdere peso. Il fulcro di questo disturbo è l’ossessione per l’immagine corporea, sulla quale si basa interamente l’autostima della persona. La percezione di sé è distorta, infatti chi soffre di questo tipo di disturbo non riesce a percepire quanto sia magro o sofferente, anche se messo di fronte alla realtà, ma anzi, si percepisce sovrappeso. Per questo motivo è necessario un intervento mirato di psicoterapia per uscirne, che coinvolga la famiglia e in questo caso l’equipe medica.

“Non trovo più l’uscita”: come si mantiene il disturbo.

Alla base vi è un circolo vizioso comune a persone diabetiche e non. Si parte da una situazione di scarsa autostima, che, insieme a fattori socio-culturali e biologici, determina una certa fragilità per i disturbi alimentari. Il tentativo di soluzione che la persona mette in atto è quindi quello di controllare il peso; è qui che la persona diabetica smette di somministrarsi insulina, mentre quella non diabetica smette di mangiare o fa uso di condotte di eliminazione. Entrambe le categorie probabilmente inizieranno un’attività fisica disperata, senza equilibrio, mentre una porzione minore farà uso di lassativi o diuretici.

A questo punto la situazione di sdoppia per la persona diabetica: da una parte, “nel mondo esterno”, il peso diminuisce. Ci si sente bene, la propria autostima cresce, e più importante, le persone fanno un sacco di complimenti. Chi non ha mai risposto “grazie” all’affermazione “sei dimagrito”? Questo è un rinforzo positivo, cioè rinforza il comportamento alimentare in questo caso scorretto.

Internamente invece, un disastro: in glucosio si accumula nel sangue e finisce nelle urine (glicosuria), si incorre nella chetoacidosi, fino al progressivo danneggiamento degli organi interni, e infine, nel peggiore dei casi si entra in coma diabetico.

Col progredire del tempo arriveranno le abbuffate, dettate dalla fame o dall’iperglicemia. Queste abbuffate si svolgono in solitudine, la persona mangia ciò che può perdendo il controllo. Le abbuffate lasciano la persona con nausea e disgusto per se stesse e sono seguite dal senso di colpa e dall’abbassamento dell’autostima. Ricomincia tutto da capo.

È un circolo vizioso, le persone che ne soffrono rimangono intrappolate, tengono i sintomi in equilibrio e non accettano facilmente aiuto perché pensano di non averne bisogno.

Know your enemy: conoscere significa agire prima e meglio.

I DCA colpiscono nella maggioranza dei casi la popolazione femminile, con un’età a rischio tra i 12 e i 25 anni. L’inizio può essere una dieta più rigida del solito, o un commento poco felice di un dottore, ma le cause come detto sopra sono multiple. La difficoltà principale nell’aiutare qualcuno che soffre di questo disturbo è che le persone stesse che ne soffrono negano di avere un problema, mancando di consapevolezza, rifiutandosi di accettare la realtà. Alcuni casi sono peggiori di altri, ma tutti hanno in comune una grande sofferenza, che difficilmente riesce a essere nascosta a lungo, così come la perdita di peso. Ma mentre la perdita di peso rimarrà un tabù che la persona non vorrà sentire, la sofferenza sarà lì ben presente sotto la soddisfazione effimera per la presunta forma fisica ritrovata. La glicemia alta costante porterà con sé altri sintomi che conosciamo bene: stanchezza cronica, minzione frequente, irritabilità, fame.

Cosa fare?

Se questi sintomi riguardano te che leggi o qualcuno che conosci è importante muoversi delicatamente, ma velocemente. Informarsi sullo stato del benessere psicologico più che sul benessere fisico, capire i pensieri che stanno dietro a un dimagrimento sospetto o ad atteggiamenti nuovi verso l’immagine corporea. Se si vive a stretto contatto con la persona, notare i sintomi di iperglicemie e le abitudini che stanno dietro la gestione del diabete, evitando di essere troppo invadenti o si rischia di far chiudere chi ci troviamo davanti. Se il sospetto diventa qualcosa di più è necessario agire, per il bene dell’altro: avvertire quindi il diabetologo per mettere in atto una collaborazione multidisciplinare tra lui/lei e uno specialista della salute mentale.

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