
Spaghetti ru Marranzanu raccontano la vera anima della Sicilia - deebee.it
Gli spaghetti ru Marranzanu sono un piatto tipico della cucina siciliana: pochi ingredienti, sapore deciso e preparazione veloce. Scopri come cucinarli e da dove nasce il nome.
Gli spaghetti ru Marranzanu fanno parte di quel patrimonio culinario che sopravvive grazie alla memoria familiare e al passaparola tra generazioni. Tipico della Sicilia, questo piatto unisce ingredienti semplici a una preparazione immediata, ma con un risultato capace di colpire anche i palati più esigenti. La forza della ricetta sta nel condimento “a crudo”, mescolato direttamente alla pasta appena scolata, che permette di conservare intatti i profumi e i sapori originali.
La pietanza è conosciuta soprattutto nel versante orientale dell’isola, dove il nome Marranzanu – lo strumento musicale popolare, chiamato anche scacciapensieri – viene accostato al piatto per la sua ripetitività armoniosa, una sorta di “melodia da tavola”. Non ci sono tecniche complesse né cotture elaborate. Solo acciughe, capperi, olive, aglio, pangrattato e pecorino: il necessario per esprimere un’identità gastronomica forte, legata a doppio filo con la terra d’origine.
Origine del nome e radici popolari
Il termine “Marranzanu” richiama lo strumento di ferro battuto, caratterizzato da un suono nasale e vibrato, molto usato nella musica popolare siciliana. Non è casuale l’associazione con un piatto che si distingue per una nota unica e persistente. La cucina povera siciliana ha sempre fatto leva su pochi elementi, ma ben combinati. E proprio come il suono del marranzanu si imprime nell’aria, il gusto di questi spaghetti resta impresso al palato.
Il collegamento tra cibo e strumenti musicali non è raro in Sicilia. Molte ricette tradizionali devono il loro nome a oggetti quotidiani o strumenti del folklore. In questo caso, la denominazione simboleggia la costanza e la semplicità, qualità che si riflettono nella preparazione.
Non è noto quando il piatto abbia iniziato a circolare nelle cucine domestiche dell’isola, ma la sua struttura elementare fa pensare a un’origine contadina o marinara. Acciughe conservate sott’olio, pane raffermo trasformato in pangrattato, formaggio pecorino: tutti elementi facili da trovare anche in contesti poveri. Il piatto si è tramandato senza bisogno di scritte, passato di madre in figlia, spesso preparato quando il tempo era poco ma la fame tanta.
La ricetta non prevede cotture multiple, né richiede attrezzature particolari. Bastano una ciotola ampia per il condimento e una pentola per cuocere la pasta. Il risultato è una pasta cremosa, profumata, salina, perfettamente bilanciata da ogni componente.
Preparazione e ingredienti della ricetta originale
Per realizzare quattro porzioni di spaghetti ru Marranzanu occorrono circa 350 grammi di spaghetti, 5 filetti di acciughe sott’olio, una ventina di olive nere denocciolate, 1 cucchiaio abbondante di capperi, 2 spicchi d’aglio, pecorino grattugiato, pangrattato tostato, olio extravergine d’oliva, prezzemolo tritato e un pizzico di sale.

Il procedimento è rapido. Si porta a ebollizione l’acqua salata e si cuoce la pasta al dente. Mentre gli spaghetti cuociono, in una ciotola si preparano tutti gli altri ingredienti: le acciughe vengono spezzettate e amalgamate con olio, capperi, olive tagliate a metà e aglio finemente tritato. Si aggiunge poi il prezzemolo, mescolando per amalgamare il tutto.
Una volta scolata la pasta, si conserva un mestolo d’acqua di cottura e si versa tutto nella ciotola. Si uniscono pecorino e pangrattato, girando con vigore per distribuire bene i sapori. Se necessario, si aggiunge un filo d’acqua per ottenere una consistenza più fluida. L’effetto è quello di una crema che avvolge gli spaghetti, senza coprire la ruvidità della pasta.
Questo primo può essere preparato anche con largo anticipo, lasciando solo il momento finale del mescolamento alla fine. In alcuni casi, per chi gradisce un tocco di croccante, si può aggiungere pangrattato tostato direttamente nel piatto, poco prima di servire.
Nessun ingrediente è superfluo. Ognuno ha un ruolo preciso nel creare l’equilibrio tra sapido e aromatico. È un primo senza salse, ma non senza gusto. Una prova evidente che la tradizione culinaria siciliana riesce a dire molto anche con pochissimo.
La ricetta, adattabile anche con piccole varianti, resta un esempio concreto di cucina di sopravvivenza trasformata in cucina d’autore popolare. Ed è proprio questa la forza del piatto: racconta una storia, senza bisogno di parole.