
Occhio al pesto: in 14 vasetti trovate sorprese amare - deebee.it
Il pesto alla genovese a lunga conservazione delude: pesticidi, micotossine e ricette modificate nei vasetti da supermercato.
Il pesto alla genovese, per tradizione, è una preparazione fresca, composta da sette ingredienti precisi: basilico genovese Dop, Parmigiano Reggiano o Grana Padano, pecorino Dop, aglio, pinoli, olio extravergine d’oliva e sale. Niente di più. Eppure sugli scaffali dei supermercati troviamo una versione ben diversa, spesso in vasetti pastorizzati che resistono anche due anni. Per scoprirne la reale composizione, un’indagine di laboratorio ha messo sotto la lente 14 prodotti a lunga conservazione, testando la presenza di pesticidi, micotossine e valutando la fedeltà alla ricetta tradizionale.
I risultati, pubblicati sul nuovo numero del Salvagente, mostrano un quadro preoccupante. Solo due prodotti, entrambi biologici, risultano privi di residui chimici. Gli altri 12 contengono fino a 10 diverse sostanze attive. In parallelo, le ricette si allontanano drasticamente dalla versione originale: anacardi al posto dei pinoli, olio di girasole al posto dell’extravergine, aromi e zuccheri per mascherare la perdita di sapore dovuta alla pastorizzazione.
Pesto snaturato: ingredienti aggiunti, ricetta tradita
Nel test è stato utilizzato un sistema di valutazione per premiare la fedeltà alla ricetta originale e penalizzare le deviazioni più marcate. A ogni ingrediente coerente venivano assegnati 2 punti, mentre ogni “intruso” sottraeva punti. In questa classifica, il pesto NaturaSì si è avvicinato maggiormente alla tradizione, mentre Todis e Eurospin risultano i più distanti: il primo con ben 11 ingredienti fuori ricetta, il secondo con 8.

Tra gli “intrusi” più ricorrenti: anacardi, olio di girasole, sciroppo di glucosio, fibra di bambù, latte in polvere, correttori di acidità, antiossidanti e persino yogurt. Alcuni marchi – Carrefour, Lidl, Selex – hanno aggiunto anche zuccheri e dolcificanti. Questo fenomeno deriva dalla necessità di compensare la perdita di aroma causata dalla pastorizzazione, una procedura che “cuoce” il pesto per garantirne la conservazione. Il basilico perde profumo e colore, perciò si ricorre ad addensanti e sostanze correttive per mantenere l’aspetto e la consistenza del prodotto. Un compromesso, insomma, che tradisce l’autenticità della preparazione ligure.
Rischi invisibili: pesticidi e tossine nei vasetti
Sul fronte della sicurezza alimentare, i 14 pesti analizzati sono stati testati per la presenza di pesticidi e micotossine, le sostanze tossiche prodotte da muffe e funghi. I dati rivelano che solo i due prodotti biologici erano privi di pesticidi rilevabili. Gli altri 12 contenevano tracce anche di 10 principi attivi diversi, tutti tecnicamente ammessi per il basilico ma presenti in combinazioni che alimentano il cosiddetto effetto cocktail.
Tra i pesticidi trovati: boscalid (tossico per l’uomo), metalaxyl (sospetto mutageno), pyraclostrobin (possibile cancerogeno). Le concentrazioni rientrano nei limiti fissati per il basilico, ma il mix simultaneo di sostanze preoccupa, come evidenziato da uno studio dell’Università del Nebraska, che collega l’esposizione combinata a pesticidi con l’aumento dei tumori infantili.
Per quanto riguarda le micotossine, i principali imputati sono gli anacardi, presenti in quasi tutti i prodotti e noti per essere soggetti a contaminazione. Nessun vasetto ha superato i limiti previsti per il baby food, usati come parametro di riferimento (più restrittivo), ma alcuni si sono avvicinati troppo. In particolare, l’ocratossina A è stata rilevata sopra la soglia in due campioni, e la patulina in uno. Anche le tossine H2 e HT2, sebbene sotto controllo, sono risultate presenti in diversi prodotti.