
Tipologie di tumore alle ossa e loro caratteristiche(www.deebee.it)
Ti senti scarico e affaticato? Potrebbe essere una patologia rara ma complessa, caratterizzata dalla crescita di cellule anomale.
Il tumore osseo può essere suddiviso in due grandi categorie: benigno e maligno. Tra i tumori benigni, quelli più frequenti includono l’osteocondroma, il fibroma non ossificante, l’osteoclastoma o tumore a cellule giganti, l’encondroma, la displasia fibrosa e la cisti ossea aneurismatica. Queste formazioni non cancerose in genere non si diffondono e possono rimanere asintomatiche, anche se in alcuni casi possono causare dolore o deformità ossee.
I tumori maligni primari dell’osso, invece, sono rappresentati principalmente da tre tipi: l’osteosarcoma, il sarcoma di Ewing e il condrosarcoma. L’osteosarcoma è la forma più comune e colpisce prevalentemente bambini, adolescenti e giovani adulti, spesso localizzandosi nella metafisi delle ossa lunghe come il femore, la tibia e l’omero. Il sarcoma di Ewing è un tumore aggressivo che si manifesta soprattutto nei giovani, mentre il condrosarcoma interessa più spesso gli adulti di mezza età e tende a svilupparsi nel tessuto cartilagineo di ossa lunghe, bacino e coste.
Il tumore osseo secondario, o metastatico, è molto più frequente e deriva dalla diffusione di cellule tumorali da altri organi. Le metastasi ossee più comuni provengono da carcinomi mammari, polmonari e prostatici.
Riconoscere i sintomi del tumore alle ossa
Il dolore osseo rappresenta il sintomo più ricorrente e precoce nei tumori maligni delle ossa. Inizialmente può presentarsi in modo intermittente, spesso peggiorando durante la notte o con l’attività fisica. Con il progredire della malattia, il dolore diventa persistente e intenso, accompagnato talvolta da gonfiore e tumefazione nella zona interessata. Nel caso di tumori localizzati vicino a strutture vitali, come quelli nel collo, possono insorgere difficoltà a deglutire o a respirare.
Un altro segnale importante è la fragilità ossea che può causare fratture patologiche, ossia rotture dell’osso indebolito dal tumore, anche in assenza di traumi significativi. La presenza di rigidità articolare o limitazioni nei movimenti può manifestarsi se il tumore coinvolge le articolazioni.
Tra i sintomi sistemici, si possono osservare affaticamento, perdita di peso, febbre e anemia. Quando il tumore interessa la colonna vertebrale, può causare compressione nervosa con sensazioni di formicolio o intorpidimento.
È fondamentale sottolineare che la presenza di questi sintomi non indica necessariamente un tumore osseo, ma richiede una valutazione medica urgente per escludere o confermare la diagnosi.

La diagnosi del tumore alle ossa si basa su un iter diagnostico che include l’anamnesi, l’esame obiettivo e una serie di esami strumentali. La radiografia rappresenta il primo step per identificare eventuali anomalie ossee. Successivamente, la tomografia computerizzata (TC), la risonanza magnetica (RM) e la scintigrafia ossea o la PET (tomografia a emissione di positroni) forniscono dettagli sulla localizzazione, dimensione e diffusione della lesione.
L’esame diagnostico definitivo è la biopsia ossea, che permette di analizzare il tessuto tumorale e di identificare il tipo istologico del tumore. La classificazione del tumore, basata su sistemi come quello di Enneking o della American Joint Commission on Cancer (AJCC), valuta il grado di malignità, l’estensione e la presenza di metastasi, elementi cruciali per la scelta del trattamento.
La terapia del tumore osseo maligno prevede un approccio multidisciplinare. La chirurgia mira alla rimozione completa del tumore, preferibilmente con conservazione dell’arto interessato. Nei casi in cui la neoplasia è localizzata in zone difficili o molto estese, può essere necessario ricorrere all’amputazione o a interventi complessi di ricostruzione con innesti ossei o protesi.
La chemioterapia è fondamentale soprattutto nel trattamento di osteosarcoma e sarcoma di Ewing. Recenti studi di fase 2, come quello condotto dall’Italian Sarcoma Group, hanno evidenziato l’efficacia di una strategia adattata al rischio basata sull’espressione di ABCB1/P-glicoproteina, con l’utilizzo di mifamurtide in combinazione con chemioterapici ad alto dosaggio per migliorare la sopravvivenza libera da eventi nei pazienti con risposta istologica scarsa.
La radioterapia può essere impiegata come trattamento adiuvante o palliativo, soprattutto per controllare il dolore in caso di metastasi ossee.
Farmaci di nuova generazione, come le terapie mirate, sono in fase di studio per colpire specifiche alterazioni genetiche e molecolari delle cellule tumorali, aprendo nuove prospettive terapeutiche.